Equity, disciplina e consistenza… Parola di J.P. Morgan AM

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La pubblicazione periodica delle view di mercato, consuetudine tra le società di gestione, supporta gli investitori nel rimanere al passo con gli andamenti dei mercati, nonché dare dei possibili spunti su potenziali nuovi investimenti. Uno degli approfondimenti più noti al settore è quello proveniente trimestralmente da J.P. Morgan AM, ovvero il “Market Insights”, un progetto portato avanti dall’asset manager americano che si differenzia dagli altri outlook. Il documento infatti non è una view di mercato, bensì una “guida agnostica” offerta ai clienti della società, che quest’ultimi utilizzano a loro volta con i loro clienti. Si scompone in una prima parte macroeconomica, per poi entrare più nel dettaglio delle analisi delle valutazioni, dei trend passati, presenti e futuri, per spostarsi infine sui principi di investimento e sui concetti di finanza comportamentale.

Ma cosa ci dicono le analisi pubblicate in vista del secondo trimestre del 2018 svolte dal team Global Strategy della società? A spiegarlo è Maria Paola Toschi, executive director e market strategist di J.P. Morgan AM, che fa un primo punto sulla volatilità, alimentata secondo la manager da una crescita globale sincronizzata che ha guidato dei trend di mercato nel 2017 particolarmente importanti. Per Toschi, bisogna però distinguere tra fattori di disturbo fattori fondamentali di mercato. “Al momento, alcuni fattori di disturbo per i mercati sono rappresentati dai rischi geopolitici, che sono episodi di breve periodo sui mercati, e dal protezionismo. Entrambi generano quindi un contesto di incertezza globale. Le implicazioni economiche di questi elementi sono sempre molto difficili da valutare, motivo per cui si è generato l’attuale livello di volatilità, che comunque, a mio parere, non ha il potenziale per cambiare il contesto macro”, spiega l’esperta. 

Per Toschi, un altro tema d’importante rilevanza è la situazione italiana. Una fase, quella del Belpaese, di stallo, e che mette in evidenza come i mercati siano ormai immuni a questo rischio. L’Italia risulta registrare infatti una crescita sempre più lenta rispetto a quella degli altri Paesi, in particolar modo dal lancio dell’euro. Il nostro è inoltre uno dei Paesi meno propensi al progetto europeo, anche se i dati dei sondaggi dicono che col miglioramento del contesto economico vi è un maggior supporto europeista. La manager riflette poi su come quello italiano sia un mercato sottovalutato agli occhi degli investitori, e accantonato per qualche tempo. Tuttavia, non è mancata una nota sulla BCE, poiché, a detta di Toschi, svolge un ruolo di garanzia che impedisce forti attacchi speculativi sul Paese.

L’Europa è risultata, secondo l’esperta, la più forte sorpresa economica del 2017, supportata da una fase di crescita dei salari e da una fiducia dei consumatori più alta rispetto al passato. “Una piccola correzione è fisiologica, ma siamo in una fase matura del ciclo economico”, afferma. Dagli studi si evince infatti che i mercati risultano più volatili nelle fasi mature del ciclo economico, perché gli investitori sono più sensibili e nervosi in vista di potenziali segnali di inversione.

Stelle e strisce

Per quanto concerne gli Stati Uniti, Toschi sottolinea come anche quì vi siano segnali strutturali di un cambiamento dell’economia, con qualche vincolo in termini di crescita. L’America risulta ad ogni modo una regione dalle grandi potenzialità, ma con un vincolo di espansione strutturale piuttosto che ciclico.

Le aspettative sull’inflazione sono un tema rilevante nel contesto di espansione. “Non vediamo segnali significativi di un rischio recessione. Le azioni del 2018 vivranno un contesto moderato. Ciò che vediamo oggi è un indice azionario globale tornato al punto partenza, ai livelli di inizio 2018. Ci sarà quindi una maggiore diversificazione e un ritorno agli investimenti in varie aree”, sostiene la manager. Toschi è convinta che si stia ricostruendo un sentiero più moderato, con condizioni positive per l’anno in corso. “Uno dei temi importanti da monitorare è senz’altro l’inflazione. In molti non hanno ancora raggiunto il target di inflazione del 2% imposto dalle Banche centrali. Vi è quindi un tema valutario: in Europa, un euro forte è un fattore che impedisce il ritorno dell’inflazione. Al contrario, il Regno Unito ha vissuto invece una fase opposta, dovuta al calo della sterlina coseguentemente a Brexit. In generale, è un’inflazione che si muove gradualmente”, afferma.

Un’altra interessante analisi proposta da Toschi riguarda la curva dei rendimenti americani, uno strumento, a detta dell’esperta, che contribuisce ad individuare l’inizio di periodi di recessione. “Quando la curva si trova a livelli vicini allo 0, e tende ad invertirsi verso l’alto, questa prevede un inizio di recessione. Ad oggi siamo ancora lontani dallo 0 e da un’eventuale fase di inversione della curva. I mercati tendono ad agire in pendenza e a riconoscere con lag temporale dei segnali d’inversione e rallentamento. È quindi importante accompagnare i mercati e non uscirne al primo segnale negativo, altrimenti si rischia di perdere delle fasi importanti di mercato”, spiega.

Cina ancora emergente

Infine, l’esperta si sofferma sui mercati emergenti, e in particolar modo sul dragone: “La Cina presenta dei fattori di grande disattenzione nei mercati emergenti. Negli ultimi anni, la sua crescita è diminuita, ma ad oggi si è stabilita e negli ultimi mesi è addirittura tornata a crescere. Crescita che è prevista anche nel corso dell’anno. Rispetto al passato, focalizzato sugli investimenti, quello cinese è un modello di sviluppo basato molto sui consumi. Siamo intorno al 70% consumi e al 30% investimenti. La composizione si è quindi nettamente invertita. La classe sociale media, che in passato non c’era, basa ora l’economia sui consumi, portando il Paese ad una crescita sana, solida, con investimenti sul settore del credito e immobiliare. Nonostante ciò, la Cina rimane un Paese emergente”.

Quella dei mercati emergenti rimane una delle asset class preferite nel 2018 dal team di market strategist di J.P. Morgan AM, insieme agli Stati Uniti ed Europa. L’analisi mostra inoltre come le valute emergenti siano ad oggi meno correlate al dollaro rispetto a quanto non lo fossero negli anni ’90. “Ad oggi, il dollaro pesa meno perché molti Paesi hanno migliorato profilo fondamentale sia a livello di valuta sia per bilancio commerciale. Siamo costruttivi sui mercati emergenti sia lato equity sia fixed income”, dichiara.

“A livello globale, lanostra vision risulta favorevole all’azionario. È importante quindi avere un approccio disciplinato costante, e mantenerlo per realizzare degli obiettivi a lungo termine. Crediamo che rimarranno comunque dei livelli di volatilità sul mercato, e ci aspettiamo una crescita moderata per il 2018, con un’inflazione relativamente sotto controllo. La propensione al rischio c’è, e ci sarà una maggiore diversificazione sia geografica che settoriale”, conclude la manager.