Equity USA: basse correlazioni e dispersione in aumento

Peter Miller, Flickr, Creative Commons
Peter Miller, Flickr, Creative Commons

Negli ultimi 5 anni, le correlazioni tra i diversi titoli azionari statunitensi è stata pronunciata, a fronte di una bassa dispersione. Di conseguenza, chi ha selezionato i titoli giusti è stato premiato in misura relativamente modesta, in quanto le azioni con le performance migliori in media non sono andate così tanto meglio delle altre. Le azioni tendono a performare in modo simile quando sono i fattori macro a dettare l’andamento dei mercati. La dispersione è scesa sensibilmente negli anni successivi alla crisi finanziaria, restando su livelli bassi fino a metà 2016. 

Negli ultimi mesi, l’equity statunitense ha mostrato un comportamento differente: le correlazioni sono diminuite a fronte di una ripresa della dispersione. Questo è attribuibile alle politiche di Donald Trump che hanno aumentato l’incertezza sul piano macroeconomico. Un andamento simile emergerà nel Regno Unito nel periodo post-Brexit. Il risultato del referendum ha creato incertezza sul piano macro, ma le azioni non si muoveranno tutte insieme per via del ruolo della sterlina, che impone una distinzione fra le società con e senza utili generati all’estero.

Entrando più nel dettaglio, il mercato azionario americano scambia attualmente a circa 18x gli utili prospettici, livello massimo da 13 anni. Secondo gli esperti di TCW, questo dato può essere giustificato dando uno sguardo ad alcuni dati macro, come le vendite al dettaglio, l’occupazione e la fiducia delle imprese. Anche la crescita degli utili societari è apparsa in miglioramento nell’ultimo trimestre del 2016: con un aumento del fatturato delle imprese di circa il 4% e dei profitti di circa il 6%, dopo numerosi trimestri consecutivi di crescita negativa. Il mercato ha iniziato a incorporare molte notizie positive e molte aspettative circa il fatto che il passaggio del testimone dalla politica monetaria alla politica fiscale avverrà con successo. Gli esperti affermano che ¨suggeriamo un po’ di cautela, poichè abbiamo visto un forte rialzo nell’azionario, vicino alla doppia cifra percentuale, dopo le elezioni presidenziali USA. Ogni volta che c’è un forte rialzo, di conseguenza c’è vulnerabilità a possibili correzioni¨.

A tal proposito, bisognerà osservare attentamente gli sviluppi nel Congresso USA riguardo all’agenda di Donald Trump, in particolare con riferimento alla riforma della tassazione, all’intervento sull’ObamaCare, ai programmi di spesa in infrastrutturale e alla deregolamentazione. Per i mercati azionari, il fattore più importante è probabilmente quello della tassazione alle imprese. Attualmente, le tasse societarie si attestano al 35%: Trump punta a ridurre la tassazione al 15%, mentre il Congresso è più orientato a un 20%. Al momento, il tasso effettivo di imposizione fiscale per le imprese che fanno parte dello S&P 500 è pari al 27%. Un taglio anche solo di 5 punti percentuali si tradurrebbe in una spinta dell’8-9% per gli utili.

Ultimamente, gli investitori osservano con attenzione il dibattito gestione attiva vs. passiva. Negli ultimi otto anni la liquidità straordinaria garantita dalla Fed ha spinto al rialzo tutti gli asset e di conseguenza gli investitori hanno guardato al di là del merito dei singoli titoli. Ora la situazione è differente: la Fed ritirerà liquidità dal mercato e ci avvicineremo al momento in cui i singoli titoli dovranno reggersi sui propri meriti e ci sarà una maggiore divergenza nelle performance. Già nella prima parte del 2017, abbiamo visto una grande divergenza di ritorni tra i vari settori dello S&P 500. Questo ha portato al crollo delle correlazioni dei mercati azionari che probabilmente resteranno basse. Guardando alla media rolling a 65 giorni dello S&P, in termini di correlazione è scesa al livello del 13%, rispetto al dato attorno al 60% che segnava un anno fa.