GACS, è questo il nome della bad bank all’italiana

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foto: autor 401(K) 2012, Flickr, creative commons

Gacs è un acronimo che sta per ‘Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze’. Lo ha coniato il Tesoro per individuare il modo di aiutare le banche italiane a liberarsi dei crediti in sofferenza. A questi è attribuita una bassa probabilità di recupero, tanto che in media le banche hanno già accantonato circa il 60% del loro valore a perdite su crediti. Più tempo passa, però, più diventa difficile per le banche riuscire a recuperare anche quel 40%. Devono tenersi così un cuscinetto di capitale di riserva. Nel frattempo, per rispettare la normativa di vigilanza internazionale di Basilea che le obbliga a tenere quel cuscinetto, non possono impegnare le loro risorse in altri impieghi produttivi.

Il punto, però, è il seguente: liberarsi delle sofferenze per la buona salute delle banche italiane è fondamentale ma occorre trovare qualcuno che si compri quei crediti, magari perché ritiene di essere più bravo di loro a recuperarli. In realtà, trovare chi sia più bravo delle banche a recuperare i crediti in sofferenza non è difficile. I servicer capaci, per esempio, che si servono di fondi specializzati negli investimenti in crediti in sofferenza, che quindi pagano una frazione del valore lordo del portafoglio in vendita e riescono poi a incassare in media più volte il capitale investito, portando a casa rendimenti del 12-15% annui. Ma il problema è che le banche non si vogliono portare a casa una perdita su crediti troppo grande e quindi spesso si arriva allo stallo. Dal punto di vista legislativo il governo ha fatto un decreto che tende a ridurre i tempi delle aste giudiziarie e a fine dicembre è stato presentato al ministero della Giustizia lo schema di legge delega per creare un Testo unico di diritto fallimentare che tenda a facilitare il recupero dell’operatività delle aziende in crisi. Da quello finanziario, invece, c’è la GACS. Ma per capire cosa garantisce bisogna chiarirsi sul significato di cartolarizzazione o securitization.

Cos’è una cartolarizzazione?

Il processo di cartolarizzazione consiste in una specie di alchimia finanziaria che tramuta un’attività finanziaria indivisa (per esempio un credito) in un’attività divisa e vendibile, cioè in titoli (carta). Per esempio, supponiamo che la banca abbia fra le sue attività un certo numero di prestiti immobiliari; la banca può decidere di cartolarizzarli, cioè di emettere dei titoli che hanno come garanzia quei mutui. Questi titoli sono poi venduti a investitori privati o istituzionali, e così la banca rientra dei soldi prestati ai mutuatari: i fondi che la banca ottiene possono essere usati per espandere la propria attività. I titoli cartolarizzati hanno, come le obbligazioni normali, una scadenza e un tasso di interesse, e il servizio del debito è legato ai rimborsi e ai pagamenti di interessi da parte degli originali mutuatari. La banca, oltre al vantaggio di mobilizzare quelle attività poco liquide, si viene a spogliare anche del rischio legato a quei mutui: il rischio è passato agli investitori. In altre parole, la banca che ha erogato i crediti li vende a una società veicolo costituita ad hoc, la quale per finanziarsi li impacchetta i bond che colloca a suo nome sul mercato.

E già c’è la prima difficoltà perché non tutti i pacchetti di bond contengono al loro interno un gruppo di crediti appartenenti al portafoglio iniziale. Quello che distingue le tranche è la tempistica di rimborso del capitale. Ogni euro recuperato dei crediti del portafoglio va prima a rimborsare il capitale delle tranche senior e poi quello di quelle mezzanine e poi delle tranche junior. Inoltre, ogni euro non recuperato andrà a discapito innanzitutto delle ultime. Una volta eroso tutto il valore delle tranche junior si passerà alle mezzanine e infine alle senior. Ma il fatto che il governo possa concedere questa garanzia, dipenderà dal fatto che almeno un’agenzia di rating abbia assegnato alla tranche senior di titoli un rating investment grade. E le agenzie di rating hanno messo le mani avanti. Fitch in un suo report diffuso nei giorni scorsi ha sottolineato il fatto che molti crediti in sofferenza sui libri delle banche italiane siano dotati di garanzia reale non conforta, perchè da un lato i tempi di recupero delle procedure giudiziarie in Italia sono lunghi e dall'altro in molti casi gli immobili dati a garanzia dei crediti da parte delle aziende sono strumentali. Mentre Standard&Poor's ha sottolineato in un report che lo schema proposto dal governo italiano non risolve “il problema della differenza tra prezzo di mercato e valore a bilancio dei portafogli cartolarizzati”.