Gli ordini industriali del Paese sono tornati a crescere, con un +8,9% su base mensile. Il dato è stato interpretato come un segnale della possibile fine della crisi della principale manifattura europea.
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Un sospiro di sollievo per la Germania. Infatti, a dicembre, gli ordini industriali del Paese sono tornati a crescere, con un +8,9% su base mensile. Il dato è stato interpretato come un segnale della possibile fine della crisi della principale manifattura europea. Sarà davvero così?
"La Germania, motore dell'Europa, sta vacillando. La produzione industriale è in calo dall'inizio della pandemia e le condizioni monetarie rigide, l'aumento dei costi dell'energia e il rallentamento della Cina, il principale partner commerciale dell'Europa, non aiutano", spiega Alberto Conca, gestore di fondi Zest Asset Management Sicav e responsabile investimenti Lfg+Zest Sa. Secondo l'esperto, il calo della produzione tedesca è stato parzialmente compensato dai buoni risultati dei Paesi orientati ai servizi come Italia, Spagna e Portogallo, che hanno beneficiato di un'ondata di spesa dopo le chiusure dovute alla pandemia. Ma la strada è ancora in salita.
L'impatto della guerra in Ucraina
Kaspar Hense, BlueBay Senior Portfolio manager, Investment Grade di RBC BlueBay mette in luce un aspetto importante: la combinazione della pandemia e dell'attacco russo all'Ucraina che ha interrotto le catene di approvvigionamento globali e creato una guerra economica contro l'Europa, tagliando le esportazioni di gas. Questa combo ha fatto sì che le aspettative del mercato suggerissero la fine del motore di crescita tedesco.
"Da allora, soprattutto nel 2023, abbiamo visto la Germania perdere terreno rispetto ai suoi concorrenti globali. Gli Stati Uniti hanno superato la Germania di quasi l'1% nell'ultimo decennio, il che è significativo. Tuttavia, se si considera la produttività pro capite, è vero il contrario. I tedeschi hanno più vacanze degli americani e quindi lavorano un po' meno; e hanno un tasso di natalità più basso, che non è cambiato molto con i flussi migratori rispetto agli Stati Uniti", spiega.
Non solo, secondo l'analisi di Hense, negli ultimi due anni, la Germania ha integrato più di due milioni di persone provenienti dall'Ucraina e, prima ancora, ha visto un'enorme ondata di immigrati siriani nel suo mercato del lavoro. "Tutto ciò è stato spinto da forze geopolitiche antidemocratiche - principalmente la Russia - sull'Europa e, in particolare, sulla Germania. Il Paese ha assorbito tutto questo senza alcun sostegno fiscale. Nonostante tutto, il debito pubblico tedesco è sceso dal 70% al 65% rispetto ai livelli del 2006/7, in contrasto con la maggior parte degli altri Paesi", dice.
Non solo settore industriale
In Germania, anche il settore immobiliare è in grave difficoltà. "Nell'ultimo decennio, il Paese ha assistito alla formazione graduale di una bolla immobiliare residenziale. Dalla fine del 2013, a fronte di una carenza strutturale di alloggi, accentuata dall'afflusso di immigrati a partire dal 2015, il prezzo medio dell’immobiliare è cresciuto raggiungendo, a metà del 2022, un picco di oltre il 100% rispetto al 20-25% della Francia, ad esempio", ha analizzato Enguerrand Artaz, Fund Manager di La Financière de L’Echiquier. Da allora, prosegue l'esperto "di fronte all’incremento sostenuto dei tassi di interesse, alla diminuzione dei redditi reali e al rallentamento economico, i prezzi sono scesi di oltre il 15%". A detta di Artaz, questa spirale negativa ha pesantemente impattato l’edilizia, settore che sta subendo una delle flessioni delle sue attività più pronunciate di sempre, peggiore di quella del 2008, portando ai primi fallimenti di alcuni immobiliaristi.
Eppure, oltre il recente dato di cui si parlava prima, sugli ordini industriali ci sono altri spiragli di positività, nonostante sia difficile indicare un settore in crescita che possa sostituire il motore delle esportazioni. "Con la transizione energetica in corso (e, si spera, con l'aiuto di un'agenda europea per la sicurezza energetica, o di ciò che è stato concordato finora sull'aiuto bilaterale di Italia, Grecia, Spagna e altri), con un minore drenaggio fiscale da parte di un ministro delle finanze liberale che guarda solo alle elezioni, e con un quadro di crescita esterna più positivo o con un rafforzamento del mercato europeo di 450 milioni di persone rispetto ai concorrenti globali, la Germania e l'Europa nel suo complesso sono in una posizione molto più forte di quanto il consenso di mercato dia loro credito", conclude Hense.