La fund manager della casa di gestione svizzera, insieme al collega Ernst Glanzmann, spiegano perché il Giappone risulta un’area di investimento appetibile anche nel 2018.
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“Il primo semestre del 2017 ha mostrato dei segnali di incoraggiamento, in particolar modo con la stabilizzazione dello yen ad un livello più basso rispetto alle caute previsioni di utili societari. Tuttavia, gli indici azionari nipponici hanno decisamente superato i tradizionali range di trading e hanno continuato a registrare performance anche in autunno. Dal nostro punto di vista, si tratta di un esito a lunga gittata degli obiettivi socioeconomici cui abbiamo assistito da quando è salito al potere Abe nel 2012”. Ad affermarlo sono Reiko Mito ed Ernst Glanzmann, responsabili strategie azionarie di GAM SGR per il Giappone, nonché entrambi gestori dei due fondi con rating Consistente Funds People GAM Star Japan Equity e GAM Multistock Japan Equity.
“Sotto la leadership pragmatica di Kuroda, la BoJ ha collaborato con il governo per sostenere la ripresa economica. Abbiamo anche registrato un raddoppio nei numeri legati all’industria del turismo negli ultimi tre anni e ad un ammorbidimento dei requisiti per i residenti stranieri. A livello societario, abbiamo visto un cambiamento nella ratio della gestione delle società, con il pricing power che è tornato al livello di prodotto e una nuova volontà di accettare l’incremento salariale (+2% l’anno negli ultimi tre anni fiscali). Ciò rispecchia parzialmente un sostanziale incremento nel sentiment di business, che ha toccato il livello più alto degli ultimi 11 anni”, sostengono i manager.
Secondo gli esperti, nel frattempo, il Codice di Corporate Governance introdotto dall’amministrazione Abe nel 2015 ha portato ad una maggiore diversificazione al livello dirigenziale, “con il 99,6% delle imprese che stanno facendo ora ricorso a direttori esterni”. Allo stesso modo, a detta di Mito e Glanzmann, il focus sulla vicinanza agli azionisti insieme al ROE sta continuando a guadagnare spunto. “Nel contempo, una riduzione nell’aliquota della corportate tax (adesso al 29,7%) dall’inizio del prossimo anno fiscale dovrebbe anche aiutare un incremento del capex (+11,2% nel 2017, al sesto aumento annuale consecutivo)”, spiegano.
“Continuiamo ad essere abbastanza ‘bullish’ guardando al 2018. Gli indicatori chiave sono in una fase di crescita, le valutazioni attraenti, il numero di fallimenti è ai livelli più bassi dal 1990 e i tassi di interesse sono bassi. Riteniamo che la crescita degli utili debba essere salvaguardata mentre si fanno strada la leva operativa (attraverso l’incremento delle vendite) e il miglioramento nell’efficienza dei costi (spronata dalla carenza di lavoro e che porta a rivedere sia le linee di produzione che la supply chain)”, affermano i gestori. Inoltre, per i fund manager i picchi di prezzo dovrebbero più che bilanciare l’incremento dei costi di personale, con un miglioramento nell’attività di acquisizione e fusione, che potrebbe potenzialmente limitare l’impatto della carenza di lavoro. “Per quanto riguarda ciò, stiamo anche osservando con attenzione un possibile incremento nell’uso dei ‘co-bots’ (robot in grado di lavorare in condizioni di sicurezza accanto all’uomo) nel settore dei servizi. Infine, in termini di prodotti da tenere sotto osservazione nel 2018 e anche oltre, nutriamo una buona dose di fiducia sul potenziale delle batterie allo stato solido per sostituire quelle a ioni di litio e sull’ulteriore sviluppo degli speaker AI (che utilizzano la voce per sostituire le password)”, spiegano.
“Abbiamo spesso messo in dubbio la possibile correlazione inversa tra il tasso di cambio dello yen e i prezzi dell’azionario giapponese, dato che si tratta di un fenomeno recente e l’economia non è abbastanza orientata all’esportazione per giustificare un’interrelazione. Tuttavia, non ci sono dubbi sul fatto che le policy mirate al rilancio dell’economia siano state frenate dallo status di porto sicuro che ha caratterizzato la valuta, soprattutto negli anni successivi alla crisi. Per questo, gli investitori solitamente pensano che il Giappone sia un Paese dove l’unica cosa in rialzo sia lo yen”.
Con il tasso di cambio rispetto al dollaro abbastanza stabile – intorno o leggermente superiore ai 110 yen – e con un mercato azionario che sta trattando ai livelli più alti degli ultimi 20 anni, Mito e Glanzmann si attendono che gli investitori istituzionali vadano a neutralizzare il loro posizionamento strutturalmente scarico sul listino nipponico. “Il Paese trae vantaggio da un contesto societario molto interessante ed ospita alcuni leader globali del 21esimo secolo nel settore della tecnologia, della componentistica elettronica e della robotica. Con tanti altri indici a livello globale che trattano su livelli record, vale anche la pena notare che le azioni giapponesi continuano ad essere meno care, soprattutto in termini di rapporto prezzo/valore contabile. Inoltre c’è ampia possibilità per una performance robusta nei prossimi anni prima di avvicinarsi ai record dei prezzi azionari registrati nel 1989”, concludono i gestori.