Cercare “nicchie” di investimento, con prodotti particolari o specifici che consentano di raggiungere gli obiettivi del cliente. È il campo d’azione di chi opera con High Net Worth Individual (HNWI) e in questo preciso ambito, che rappresenta una fetta numericamente ridotta di investitori (seppure ampia in termini di masse), il benchmark di riferimento “non è necessariamente un benchmark di mercato, quanto piuttosto il benchmark che ha stabilito il cliente di volta in volta, anno per anno, come suo target”. Massimo Maria Gionso, consigliere delegato di CFO SIM, fornisce un punto di vista originale all’approfondimento intorno alla selezione dei fondi, e lo fa a partire “dall’anima” della società, un’anima di “puro family office” con clientela HNWI a cui si affiancano anche gestioni patrimoniali “più standardizzate”. “Il nostro approccio sui fondi parte dal considerarli un elemento per raggiungere l’obiettivo stabilito dal cliente”, afferma Gionso indicando come la selezione risponda a esigenze individuate in precedenza e vada oltre la costruzione di portafogli adatti a una clientela più ampia. “Il nostro operato non si traduce nella logica del prodotto ma, esclusivamente, nella logica del servizio. È questa la nostra filosofia”. In tal senso assume una particolare importanza la gestione dell’orizzonte temporale, in quanto, “quando si parla di una famiglia o di un’impresa, è necessario che il capitale investito sia sempre a disposizione. Questo significa che noi dobbiamo essere in linea generale tendenzialmente liquidi o svincolabili, per poter gestire le esigenze della famiglia, dell’impresa e dell’imprenditore in tempo reale”.
Gionso (CFO SIM): “Nella nostra selezione il benchmark è l’obiettivo del cliente stesso”

Una volta definito il perimetro entro cui si muove la società, la selezione dei fondi passa per l’azione del comitato investimenti “che valuta di volta in volta le asset class su cui investire e, una volta individuate, va a cercare di capire quali strumenti utilizzare”. Le analisi, afferma Gionso, sono un mix di quantitativo e qualitativo “non siamo strutturati con un team dedicato esclusivamente alla selezione, tutti i professionisti che partecipano al comitato strategico, a partire dal direttore investimenti, Stefano Simonetti, lavorano per individuare quello che è per noi lo strumento più efficiente”. La selezione si focalizza, in primis sulla scelta dei gestori. “Di base – specifica l’esperto – cerchiamo di andare su gestori che incontriamo ‘di persona’. Non investiamo in fondi se prima non facciamo almeno un paio di ‘one to one’ con il gestore”. L’importanza del contatto con il gestore e con la casa torna, costante, nel mondo della fund selection, confermata anche da chi, come CFO SIM, lavora in un ambito che non sia mass market.
“Se procediamo alla selezione di un fondo, operiamo prima un’analisi del gestore per capire la sua filosofia di investimento, la sua conoscenza di quella singola asset class, come approccia i mercati, e soprattutto come si comporta nelle fasi di criticità”, afferma il consigliere sottolineando come sia facile “seguire i benchmark quando i mercati vanno bene, ma nei momenti critici, come il 2022 si è dimostrato, lì si vede la vera abilità del gestore”. Un’altra caratteristica all’attenzione è “la capacità di smobilizzare velocemente o hedgiare il portafoglio nei momenti critici”. Elemento tanto più importante quando più si guarda alla ‘size’ del fondo. “Soprattutto per un fondo di dimensioni ‘non enormi’ le possibili redemption sono un elemento fondamentale che può incidere non soltanto sulla performance del momento ma anche su una potenziale ripresa del fondo stesso”.
1/4Argomentando lo scenario attuale e le potenzialità (in molti casi ancora inespresse) di questo nuovo ciclo, Gionso richiama un’abitudine in CFO SIM, quella di identificare l’anno finanziario con una lettera dell’alfabeto: “Lo scorso anno è stata la ‘I’ di inflazione, sul 2023 ci stiamo giocando la ‘R’, che potrebbe facilmente indicare ‘recessione’; ma l’anno finisce il 31 dicembre. E se fosse ‘ripresa’ o più semplicemente ‘recovery’?”. Il significato sotteso è importante: “Torniamo al tema dell’orizzonte temporale: in fase di recessione si investe in una certa maniera, in fase di recovery o di ripresa, in un’altra. Per questo motivo dobbiamo avere anche grossa flessibilità sia nell’approcciare le nostre asset class, sia nella selezione di fondi. Il 2023 – afferma – potrebbe essere proprio un anno che inizia con una fase di recessione ma potrebbe finire anche con una fase di recovery”. La grande sfida, dunque, parte da questo concetto: “Nel 2022 è stata l’inflazione a guidare i mercati, il 2023 invece, potrebbe essere guidato da due o più tendenze”.
2/4E in questo scenario un elemento che Gionso rileva è l’apertura, dopo circa un decennio, “di un timing ideale per investire in bond con rendimenti sani, seri e concreti”. La velocità con cui il mercato obbligazionario ha allargato i suoi spread, d’altronde, è stata forte. “Ci sono molte opportunità; soprattutto in una fase di probabile recessione, dove l’inflazione dovrebbe aver raggiunto il picco e la crescita dei tassi di interesse potrebbe essere vicina al suo culmine, vediamo l’investimento in bonds come asset class decisamente interessante”. In questa classe di attivi la preferenza va su duration “tendenzialmente corte ove tra l’altro si trovano i rendimenti migliori essendo la curva dei tassi invertita. E che si tratti di titoli governativi, di corporate bond, High Yield, o di bond Paesi emergenti, noi guardiamo tutto con grande attenzione”. E questo orientamento di base è determinato anche dalla tipologia di clienti: “Avere mark to market negativi sul mercato dei bond per noi è deleterio, e dobbiamo essere sempre pronti anche al disinvestimento senza incorrere in perdite”. Uno sguardo al recente passato mostra, infatti, “che spesso si verificano inefficienze dei fondi attivi sul mercato dei bond, soprattutto sui fondi obbligazionari short term”. In termini di preferenze, “a noi piace più seguire single names perché abbiamo il know how per seguire e valutare singole società che ci piacciono e che possiamo portare tranquillamente a scadenza, mentre su altri segmenti diventa inevitabile lavorare in fondi e cercare gestori terzi”.
3/4Un ultimo richiamo va anche al tema della sostenibilità che Gionso, pur definendo “un’attività imprescindibile per quelle che possono essere le politiche economiche e monetarie di qualsiasi Paese”, individua come un segmento di investimento ancora vulnerabile. “Non soltanto è un concetto ancora difficile da definire, ma se si va a tradurre questo concetto in investimenti finanziari, ancora mancano regole precise, un rating che sia uguale per tutti, la comprensione di come si approcciano al tema le economie emergenti”. La visione dunque è, se non critica, ancora diffidente. “Il problema – conclude Gionso – non sono gli ESG, quanto l’introduzione di questi principi in un mercato che è diventato affollato, prima ancora di essere pienamente operativo e regolamentato”.
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