Gli istituzionali si preparano al nuovo ciclo economico

Itinerari Previdenziali

La necessità di far incontrare le proposte delle case prodotto con gli obiettivi degli investitori istituzionali fa i conti, da un lato, con una situazione epidemiologica in divenire, dall’altro con le risorse messe a disposizione dall’Unione europea nel Next Generation EU. Le sei “missioni” (dalla digitalizzazione, alla transizione sostenibile, alla salute) in cui si articola la declinazione nazionale del piano europeo, il noto Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), si configurano come una robusta opportunità per fondazioni di origine bancaria, casse e fondi pensione, e inducono gli osservatori a un “cauto ottimismo” sull’andamento dell’economia nei prossimi mesi. Tuttavia questi attori devono essere coadiuvati nell’attività di investimento. E in questo perimetro si colloca, appunto, l’analisi di fine anno di Itinerari Previdenziali, discussa nel convegno “Recovery Plan, gli investitori istituzionali protagonisti della ripresa”, che si è tenuto ieri interamente online e che ha visto, tra gli ospiti, anche il direttore della Clinica malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti. “Stiamo vivendo la fine di un ciclo economico e sociale iniziato nel secondo dopoguerra”, commenta Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, “ci avviamo verso un nuovo ciclo caratterizzato da un transizione demografica (l’invecchiamento della popolazione ci indurrà a cambiare l’organizzazione sociale in fatto di lavoro e di sanità, ad esempio) e da una transizione ecologica”. E il cambiamento è palpabile anche nell’azione delle fabbriche prodotto e degli investitori che si spostano dagli investimenti tradizionali a investimenti focalizzati sulla transizione.

I fondi europei indirizzati a sciogliere anche “i nodi strutturali” italiani

Appunto la transizione e il ruolo delle istituzioni europee e nazionali in questo passaggio sono al centro dell’intervento di Riccardo Barbieri Hermitte, capo economista del Dipartimento del Tesoro (MEF) il quale, nel tratteggiare lo scenario in cui si delinea l’azione odierna delle istituzioni italiane, dall’alto “indice di fiducia” che detiene oggi il nostro Paese, alle incertezze sollevate dall’inflazione, fa il punto anche sul Recovery Plan. Nel caso italiano, dice Barbieri, l’ambizione del Piano è anche “affrontare alcuni nodi strutturali che si portano avanti da decenni”. Non solo, dunque, preparare l’economia a una maggiore risposta a fronte di eventuali, nuovi, problemi di ordine sanitario “ma anche preparare la transizione verde e digitale, attuarla e andare ad affrontare i grandi squilibri territoriali, di genere e generazionali del nostro Paese. Un programma ambizioso – sottolinea l’esperto del MEF – che, se realizzato, ci metterà su un sentiero di netto miglioramento”.

Gli attori istituzionali

Un sentiero tracciato, dunque, in cui si inseriscono le strategie degli investitori istituzionali. L’investimento in economia reale, promosso dal piano europeo, è in realtà “la nostra principale forma di intervento e diversificazione”, commenta Roberto Giordana, direttore generale della Fondazione CR Cuneo. “Credo che il contributo degli istituzionali per il paese sarà importantissimo e dovremo essere attenti a confronti e verifiche tra di noi, per cogliere eventuali opportunità che potranno essere offerte”. Anche Stella Giovannoli, dirigente Area Finanza, Gestione Patrimonio Mobiliare di Cassa Nazionale Notariato, entra nel merito delle risorse del NGEU e sottolinea come “i settori su cui probabilmente sarà importante investire, come istituzionali, nell’ambito delle sei missioni previste dal PNRR, a mio avviso saranno le infrastrutture, la transizione ecologica quella digitale e il settore della salute”. Un’azione che ha coinvolto, poi, diversi fondi aderenti ad Assofondipensione e che si è esplicitata negli ultimi mesi, è il progetto Economia Reale, promosso dall’associazione di categoria insieme a Cassa Depositi e Prestiti e Fondo Italiano di Investimento, e che ha visto coinvolti, tra gli altri, il Fondo Arco. In particolare, rivendica il direttore generale del Fondo, Massimo Malavasi “già in una lettera inviata ad Assofondipensione nel 2017 (insieme ad altri due fondi, Concreto e Prevedi), abbiamo evidenziato che la modalità più efficiente per investire in economia reale era un percorso comune tra più fondi negoziali che consentisse di condividere impegni e organizzazione”. Malavasi spinge sull’idea di investire in “ottica di sistema”, ossia la necessità di un lavoro congiunto “sia nel momento della scelta dello strumento sia nel passaggio successivo, quello di monitoraggio dell’investimento scelto”. Per Enpaia l’approccio agli investimenti alternativi risale al 2019. Già prima del PNRR “avevamo intercettato l’esigenza di migliorare i rendimenti finanziari” da qui la scelta di investire in economia reale “questa asset class consentiva, infatti, di dare un apporto in termini di rendimento sul patrimonio in generale”, afferma il CIO Cornelio Mereghetti. Con l’avvento del Piano, poi, la declinazione dell’investimento nelle sei missioni delineate. Infine l’esperienza della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e periti commerciali (CNPR), con il vicepresidente Giuseppe Scolaro che, nel descrivere l’azione della Cassa in ottica di investimenti in economia reale (e in linea con gli articoli 8, 9 e 6 di SFDR), auspica anche un maggiore coordinamento con le istituzioni in modo che il piano di riforme “porti a un miglioramento delle fasi decisionali per consentire l'ammodernamento e l'efficientamento del paese e soprattutto la contrazione di quello che è il fattore di emissione e di carbonizzazione dell’ambiente di cui l'Italia, in gran parte, ha molto bisogno”.