Aumentano gli emittenti e le opportunità di esposizione a un’asset class che raccoglie sempre più interesse per il suo combinare caratteristiche dell’investimento azionario e obbligazionario. Una specificità rintracciabile nella descrizione della platea di investitori dell’universo delle obbligazioni convertibili fatta da Arnaud Brillois, portfolio manager del fondo con rating Consistente Funds People Lazard Convertible Global. “Dati i bassi livello di rendimento presenti in generale nell’obbligazionario”, afferma Brillois, “l’investitore fixed income guarda alle convertibili in ottica di ritorni aggiuntivi”. “Per quanto riguarda gli investitori azionari”, prosegue, “abbiamo invece due tipologie”. “La prima”, specifica, “è costituita da coloro che vogliono rimanere investiti in equity ma con una quota di protezione in caso di ribasso, mentre la seconda riguarda quegli investitori che hanno raggiunto il limite di allocazione azionaria nel proprio portafoglio e ricercano una quota aggiuntiva attraverso le convertibili”.
Sono poi ovviamente esposti gli investitori ad alta convinzione sull’asset class, attratti, spiega il portfolio manager del Lazard Convertible Global, dall’apporto in termini di diversificazione e dal rapporto rischio/rendimento. “Nel lungo periodo”, spiega infatti, “la caratteristica delle convertibili è quella di fornire un rendimento simile al comparto azionario, ma con una volatilità molto più contenuta”.
Il processo di investimento
Il portafoglio del Lazard Convertible Global è la risultante di un approccio bottom-up applicato all’universo delle convertibili che pesa per un 80-85% nel processo di investimento, “questo perché”, rivela Brillois, “operiamo su un asset in cui l’esposizione azionaria aumenta quando i mercati salgono e diminuisce quando scendono”. “Con un approccio troppo sbilanciato sulla componente top-down”, fa notare, “si rischia di annullare la convessità tipica dell’asset class”. Una delle specificità della filosofia di investimento dello strumento con rating Consistente Funds People è quella di partire dal mercato globale per restringere l’universo investibile composto da circa 900 convertibili attraverso un primo filtro quantitativo che esclude quei titoli non sufficientemente liquidi, in sofferenza, short maturity e in generale le società che non soddisfano i criteri di trasparenza prefissati dal team di gestione. Un secondo passo è l’individuazione di quelle obbligazioni convertibili per cui l’esposizione azionaria è compresa tra il 20% e il 65%, in modo tale da non includere in portafoglio titoli che siano equiparabili ad un puro azionario o ad un puro obbligazionario. “A quel punto siamo pronti per entrare nel dettaglio dell’analisi”, afferma il gestore di Lazard, “di cui una parte fondamentale è rappresentata dallo studio di tutte le clausole legali di conversione”. Una buy list di 100-150 titoli su cui operare scelte valutative è dunque pronta una volta applicato un ultimo filtro ESG.
Mappa delle convertibili
L’esposizione maggiore è quella al mercato americano, il più grande in assoluto con il 64% di emissioni convertibili sul totale. Da notare, inoltre, secondo Brillois, la presenza nel mercato statunitense delle società del settore information technology e in generale di realtà dal profilo growth, particolarmente ricercate nell’universo di investimento. “Da un punto di vista di valutazioni”, sostiene il portfolio manager, “il contesto europeo è attraente, ma ha il problema di essere molto concentrato da un punto di vista settoriale, con una prevalenza di real estate e poca possibilità di acquisto in ambito growth”. “Ci sono però in Europa”, sottolinea, “settori che non è possibile trovare in altre aree geografiche come ad esempio l’aeronautica e specifiche realtà del mondo small cap molto interessanti”. Per quanto riguarda la Cina, infine, tutto dipenderà dall’evoluzione del mercato primario. “Dato l’alto numero di richieste di autorizzazione all’emissione di convertible bonds”, conclude Brillois, “riteniamo più che probabile una crescita nel medio periodo delle possibilità di acquisto che, se dovesse concretizzarsi, ci vedrebbe aumentare la nostra esposizione fino ad un massimo pari al 10% del portafoglio”. Ad oggi l’esposizione al mercato del gigante asiatico è ottenuta prevalentemente attraverso aziende cinesi quotate negli Stati Uniti.