Un potere speciale nelle mani dello Stato, che può intervenire su ambiti di attività “di rilevanza strategica”. La disciplina nota come golden power (che in italiano può essere traslato, appunto, in “poteri speciali”), ha sancito un punto fermo sull’attività di imprese operanti in settori strategici, e di recente il mondo della finanza ha assistito più volte al richiamo di questi poteri. Per questo motivo FundsPeople ha scelto di dedicare una voce del suo glossario ad approfondire la disciplina del golden power e il suo impatto sul mondo dell’economia e della finanza.
Cosa è il golden power
“La normativa che ha introdotto il golden power in Italia risale al 2012 e, nello specifico, è rappresentata dal decreto legge 15 marzo 2012, n. 21”, spiega Michele Massironi, partner di La Scala Società tra Avvocati interrogato sul punto da FundsPeople. “Il golden power è un potere speciale attribuito allo Stato che può essere esercitato per bloccare operazioni (o per subordinarne la realizzabilità a determinate condizioni) riguardanti asset considerati strategici qualora sussistano minacce di grave pregiudizio per gli interessi essenziali nazionali”. Massironi spiega che la normativa italiana qualifica come essenziali, ad esempio, “gli interessi relativi alla difesa o alla sicurezza nazionale (essendo specificamente inclusi i servizi di comunicazione elettronica basati sulla tecnologia 5G) all’energia, ai trasporti, alle comunicazioni, ai settori ad alta intensità tecnologica, ai settori assicurativi e finanziari nonché a quelli relativi ai servizi pubblici”.
In concreto, i poteri speciali in cui si concretizza il golden power sono vari ma, tra gli altri, “si può senz’altro considerare la facoltà di dettare specifiche condizioni all'acquisito di partecipazioni in imprese italiane, di porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e, infine, di opporsi all'acquisto delle stesse”.
I precedenti normativi
La prerogativa dello Stato di intervenire all’interno della vita societaria (fermo restando l’interesse strategico della società stessa) ha, tuttavia, dei precedenti rispetto al Dl 21/2012. “Una prima forma di un analogo potere di intervento da parte dello Stato è rinvenibile già nel 1994, nel pieno dell’epoca delle privatizzazioni, configurandosi come ‘golden share’”, continua l’esperto. In quel caso lo Stato, manteneva nelle società privatizzate “partecipazioni di minima entità dotate di penetranti poteri di influenza quali, ad esempio, il diritto di gradimento, il diritto di veto su determinate delibere societarie e altresì il diritto di nominare membri dei consigli di amministrazione o dei collegi sindacali”. A sancire però il passaggio dalla golden share al golden power furono due procedure di infrazione (nel 1999 e nel 2007) “che sfociarono in altrettante condanne da parte della Corte di Giustizia Europea la quale tacciò la normativa italiana di porre restrizioni ingiustificate alla libertà di circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento”.
Implicazioni per il mondo finanziario
Come detto le cronache finanziarie recenti hanno riportato più volte il richiamo al golden power: una su tutte: l’OPS lanciata a fine novembre da Unicredit su Banco BPM, a sua volta, impegnata in un’altra operazione. Nel primo caso, lo stesso ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti aveva evocato il golden power, e all’inizio di febbraio Unicredit ha inviato all'esecutivo il documento relativo all'OPS ai sensi della normariva sui poteri speciali. Adesso il governo ha 45 giorni di tempo per rispondere, con la possibilità di 15 giorni addizionali: questo significa che occorrerà attendere fine marzo per conosce gli sviluppi dell’operazione lanciata dalla banca guidata da Andrea Orcel.
Diverso il discorso relativo all’altra operazione che vede coinvolto Banco BPM, ossia l’OPA totalitaria lanciata (sempre a novembre, ma precedentemente alla mossa Unicredit) su Anima Holding finalizzata al delisting di quest’ultima. Qui la pratica è stata già “archiviata” a gennaio di quest’anno, quando Piazza Meda ha comunicato di aver ricevuto la delibera del Consiglio dei ministri (datata 10 gennaio) con cui è stato accolto la proposta del MEF di non esercitare i poteri speciali.
Cosa cambia con il Decreto Energia
Alla luce delle recenti vicende del cosiddetto “risiko bancario” è opportuno però ricordare che la normativa del 2012 fa esplicito riferimento a imprese “di interesse strategico nazionale” e le operazioni bancarie (per di più tra istituti italiani) non erano comprese nel computo. Ebbene, in questo caso interviene un’altra evoluzione della disciplina, risalente al 2022. “Il Decreto Energia (il quale, si ricorderà, venne adottato nel quadro delle misure finalizzate al contrasto degli effetti economici della crisi Ucraina-Russia) ha introdotto alcune importanti novità”, spiega ancora Massironi indicando come una delle novità sia, senz’altro, “quella relativa alla predisposizione di un meccanismo di accesso prioritario a strumenti di finanziamento pubblico da parte delle imprese notificanti. La misura, infatti, è volta a prevenire il rischio che l’esercizio dei relativi poteri speciali possa pregiudicare le condizioni economiche dell’impresa notificante”.
Un’altra novità è rappresentata dall’inclusione “nelle maglie della disciplina del golden power, anche delle imprese attive nel settore degli idrocarburi e ciò al fine di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti nonché il mantenimento, la sicurezza e l’operatività delle reti e dei relativi impianti”. Il caso UniCredit-BPM, dunque, “è assolutamente emblematico della rilevanza delle più recenti modifiche della disciplina del golden power. Il Decreto Energia, infatti, ha reso strutturale l’obbligo di notifica in determinati settori (tra cui proprio quello finanziario, sia esso di natura creditizia o assicurativa) anche da parte di acquirenti residenti in qualsiasi Paese dell’Unione Europea (inclusa ovviamente l’Italia). Gli altri settori interessati da questa novità sono quelli delle comunicazioni, dell’energia, dei trasporti, della salute e dell’agroalimentare”. Le implicazioni sono dunque evidenti, conclude Massironi: “Il golden power non è più e non è solo un presidio a tutela degli interessi essenziali nazionali nei confronti dei soggetti esterni all’Unione Europea e dei capitali esteri extra europei”.