Cos’è e come si interpreta la curva dei rendimenti

Mitchell Luo (Unsplash)

L’irruzione della guerra tra Russia e Ucraina nella roadmap delle banche centrali non rientrava certo nei piani di Jerome Powell e Christine Lagarde. Se fino a poco tempo si riteneva che l’aumento dell’inflazione fosse solo un fenomeno transitorio, oggi si inizia a parlare di rincari che, a causa del conflitto ma anche di altri fattori, sembrano destinati a durare più a lungo del previsto. L’accelerazione dei prezzi è il motivo principale per cui la Fed ha usato toni più aggressivi riguardo all’inasprimento della politica monetaria e il mercato teme che la lotta senza quartiere all’inflazione possa mettere a repentaglio la ripresa economica.

La reazione dei Treasury americani a questa prospettiva ha riacceso i riflettori sulla curva dei rendimenti, che corre il rischio di invertirsi. Ma perché la curva dei rendimenti rappresenta un indicatore anticipatore così importante? Cos’è la curva dei rendimenti, come si interpreta e cosa significa la sua inclinazione? Lo spieghiamo in questa voce del Glossario FundsPeople.

Cos’è la curva dei rendimenti?

Abbiamo già analizzato questo concetto in altre occasioni. Come spiegano da Ethenea Independent Investors, quando parliamo di curva dei rendimenti ci riferiamo al debito pubblico. “La curva mostra i tassi di interesse pagati da un governo sui titoli di Stato (cioè gli strumenti privi di rischio ) con scadenze differenti e funge quindi da base per la valutazione e il pricing degli asset” sostengono gli esperti.

In genere si ritiene che la curva dei rendimenti fornisca indicazioni sull’evoluzione attesa dei tassi a breve termine (politica monetaria) e su un fattore meno chiaro, il cosiddetto premio di liquidità. L’inclinazione della curva, che sostanzialmente dipende dallo spread tra i rendimenti a breve e lunga scadenza, assume particolare importanza nel contesto della teoria delle aspettative. In base al dot plot pubblicato a marzo, la Fed prevede di effettuare un totale di sette rialzi dei tassi nel corso di quest’anno; è quindi probabile che i rendimenti a breve comincino a salire rispetto ai livelli attuali.

Come si interpreta la curva dei rendimenti

In una curva che presenta un’inclinazione positiva, i tassi a lunga sono più alti dei tassi a breve e rispecchiano quindi la buona salute dell’economia in termini di crescita e inflazione. Nella fase di ripresa dell’economia da una recessione e di graduale miglioramento delle prospettive di crescita, le obbligazioni a lunga scadenza tendono a offrire rendimenti progressivamente più alti e prezzi più bassi.

Ma può anche succedere il contrario: se le prospettive economiche si deteriorano, gli investitori acquistano bond a lungo termine per poter contare sui buoni rendimenti offerti dagli strumenti più sicuri in un contesto meno favorevole. A fronte degli acquisti di obbligazioni, i prezzi salgono e i rendimenti scendono. I titoli a breve termine risentono invece in misura minore delle decisioni prese dalle banche centrali per raffreddare o stimolare l’economia in determinati momenti del ciclo.

Di conseguenza, in presenza di un deterioramento delle prospettive economiche i rendimenti dei bond a lunga scadenza diminuiscono prima e più velocemente di quelli delle obbligazioni a breve termine e la curva si appiattisce. E in alcuni casi può anche arrivare a invertirsi. È importante capire questo concetto, perché negli ultimi 50 anni tutte le recessioni dell’economia americana sono state precedute da un’inversione della curva dei rendimenti; ma non tutti gli episodi di inversione della curva sono stati seguiti da una recessione.

Teoria della struttura a termine dei tassi di interesse

Secondo la teoria della struttura a termine dei tassi di interesse, in genere la curva dei rendimenti mostra un’inclinazione positiva perché gli istituti di credito si aspettano che a periodi di credito più lunghi corrispondano tassi di interesse più alti. Come spiegano in Ethenea, questa circostanza è dovuta principalmente a due fattori: da un lato, l’incertezza sull’evoluzione futura dei tassi di interesse; dall’altro, la consapevolezza che con una scadenza più lunga le banche non possono accedere ai capitali concessi in prestito per un periodo di tempo maggiore.

Tuttavia, nelle ultime settimane abbiamo assistito a un fenomeno che desta preoccupazione: gli investitori esigono un premio di rendimento non tanto sulle scadenze più lunghe, quanto su quelle più corte, a causa della maggiore incertezza circa gli sviluppi congiunturali a breve termine. “Lo spread tra i titoli di Stato a 2 e 10 anni si è ridotto ad appena 18 pb: ciò significa che probabilmente andiamo incontro a un rallentamento della crescita nei prossimi 12-18 mesi e non si esclude la possibilità di una recessione l’anno prossimo, anche se questo sviluppo dipenderà in parte dalle decisioni delle banche centrali” spiega Portocolom.