Rischio di reinvestimento: cos’è e come può influire sugli investimenti obbligazionari

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Felipe Lopez (Unsplash)

Il ritorno dei rendimenti sui mercati a reddito fisso, sulla scia dei rialzi dei tassi di interesse effettuati dalle banche centrali, ha riacceso i riflettori su obbligazioni e depositi, che negli ultimi mesi hanno registrato elevati investimenti diretti. Ma ora che le banche centrali hanno posto fine alla stretta monetaria, l’attrattiva mostrata finora da questo tipo di strumenti potrebbe venire meno all’improvviso. E il motivo non è altro che il rischio di reinvestimento.

Cos’è il rischio di reinvestimento?

Secondo la definizione di Borsa italiana, il rischio di reinvestimento è “la possibilità che alla scadenza dei titoli a reddito fisso (ossia quando questi devono essere rimborsati dall’emittente) l’investitore non sia in grado di trovare titoli sostitutivi con un rendimento analogo senza assumere un rischio maggiore”. E continua spiegando che “gli investitori che detengono debito in scadenza [sono] chiamati a compiere una scelta difficile. Possono reinvestire i proventi del titolo in scadenza in uno strumento equivalente (ma con rendimenti più bassi) e accettare di ricevere un flusso di reddito ridotto oppure acquistare titoli a più alto rendimento”.

Nell’esempio riportato da Borsa italiana, “i titoli di Stato francesi a 10 anni emessi a febbraio 2010 pagavano un interesse del 3,5%.[...] Tuttavia, alla scadenza di questi titoli, a febbraio 2020, il rendimento delle emissioni sovrane francesi a 10 anni era pari a -0,2%. Gli investitori europei avrebbero difficoltà a trovare uno strumento di qualità anche solo vagamente paragonabile a quella di un titolo di Stato francese con un rendimento superiore al 2%, per non parlare del 3,5%”.

Perché è importante in questo momento?

Nell’ultimo anno ogni riunione delle banche centrali si è conclusa con un rialzo dei tassi di riferimento. Ciò significa che a ogni scadenza di un’obbligazione detenuta in portafoglio gli investitori prevedevano di ottenere sempre un interesse maggiore. Tuttavia, il rallentamento economico e il calo dell’inflazione hanno indotto le banche centrali ad assumere un atteggiamento attendista e il mercato si aspetta ormai un taglio dei tassi a partire dal secondo semestre. “Il rischio di reinvestimento è una realtà, in un contesto in cui sia la Banca centrale europea (BCE) che la Federal Reserve (Fed) hanno posto fine al rispettivo ciclo restrittivo”, spiega Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac. E colpisce soprattutto le scadenze più brevi.

I detentori di strumenti a reddito fisso a breve termine, come ad esempio giacenze su conti correnti, depositi ed emissioni obbligazionarie con scadenza massima di due anni, dovrebbero fare una riflessione importante. Gli investitori che decidono di non modificare le loro posizioni sulla parte breve della curva vanno incontro a un alto rischio di reinvestimento: infatti, a quale tasso potranno rinnovare gli investimenti a breve termine in scadenza tra pochi mesi? Un’alternativa può consistere nel cercare strumenti con carry elevato e bloccare questi rendimenti per il periodo più lungo possibile.

Di fatto, questo cambio di rotta si è già notato nell’ambito delle nuove emissioni di Buoni del Tesoro. All’asta di gennaio sono stati collocati BOT a 12 mesi con un rendimento lordo di aggiudicazione del 3,442%, contro il 3,528% di dicembre 2023. E questa dinamica discendente potrebbe accelerare man mano che verranno sciolti i dubbi circa i tempi dei primi tagli dei tassi di riferimento.

Come può essere evitato, o almeno ridotto?

Negli ultimi mesi la febbre dell’investimento diretto in depositi o titoli di Stato ha avuto un impatto anche sull’industria del risparmio gestito. Di fatto, le società di gestione si sono lanciate in massa a commercializzare fondi obbligazionari a scadenza e con obiettivo di rendimento che investono proprio in emissioni di questo tipo. La differenza è che questi prodotti non investono in una sola obbligazione, bensì in varie emissioni con scadenze diverse, caratteristica che può mitigare il rischio di reinvestimento. “Le cedole e il capitale ricevuti alla scadenza di un’obbligazione devono essere reinvestiti in un momento successivo della vita del fondo, potenzialmente a livelli di rendimento inferiori. Per ridurre il rischio di reinvestimento, i gestori possono limitare la quota di obbligazioni callable in portafoglio e investire in titoli con scadenze perfettamente allineate alla durata del fondo”, spiega James Briggs, portfolio manager di Janus Henderson. Un modo per aumentare la diversificazione e ridurre il rischio.