Guzzini (Finlabo): "Se scoppia la bolla, gli investitori si ritrovano col cerino in mano"

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Un titolo che brucia oltre 2 miliardi di cassa l’anno e che ha quasi 9 miliardi di debiti può valerne 60? Ed una società che ne brucia 3 all’anno e ha quasi 7 miliardi di debiti può valerne quasi 180? A chiederselo è Alessandro Guzzini, AD di Finlabo SIM. “Sono alcuni dei paradossi di questo mercato, drogato dalla liquidità e dai tassi sotto zero, nonché dalla gestione passiva che insegue solo le performance e le capitalizzazioni di Borsa (perché si sa i mercati sono efficienti ed è meglio pagare commissioni basse che affidarsi ad un bravo gestore)”.

Così può capitare che due società come Tesla e Netflix diventino tra i titoli a maggior capitalizzazione della Borsa americana nonostante da quando siano nate non abbiano mai generato un dollaro di cassa, anzi sebbene il loro debito cresca in maniera più che proporzionale ai ricavi. Per dare un termine di paragone, Guzzini porta l'esempio di Tesla che vale in Borsa più di BMW -che di cassa ne genera oltre 4 miliardi l’anno-, e che ha un piano prodotti che ormai prevede una quasi totalità di auto elettriche ed ibride da qui ai prossimi 5 anni. E Netflix vale oltre 30 volte ITV, società inglese che pure ormai trasmette tutta la sua produzione su internet e che di cassa ne genera circa 500 mln l’anno.

"Verrebbe da meravigliarsi di quanto sta accadendo se non fosse che la Borsa funziona così, può essere altamente inefficiente soprattutto quando la liquidità in circolazione è tanta, e la pressione sui gestori è sempre più orientata alla performance di breve periodo, anche perché gli ETF sennò si 'mangiano' tutta la raccolta", spiega il manager. Accade, quindi, che l’indice americano S&P500, se si togliessero i 4-5 titoli tecnologici maggiormente in voga risulterebbe in perdita da inizio anno. E anche in Europa, il calo dei listini si aggirerebbe attorno al 10-20% se non fosse per una pattuglia di titoli 'growth' che registra da inizio anno rialzi del 30-40%. "Mi sembra di rivedere la bolla di fine anni ’90, quando Tiscali valeva più di FIAT e Ebiscom guadagnava oltre il 30% nel giorno dell’esordio in Borsa", ricorda Guzzini.

La tentazione di arricchirsi facilmente
"Del resto la psicologia umana resta sempre la stessa: come la bolla sui Bitcoin insegna di fronte ad una narrativa convincente (è il futuro!!) e a prezzi in continua ascesa, l’investitore medio non sa resistere alla tentazione di arricchirsi facilmente. Peccato che l’arricchimento facile poi in Borsa non esista, almeno non per chi insegue le mode del momento, visto che le bolle in genere scoppiano e lo scoppio a volte è talmente rapido e violento che in genere gli investitori rimangono col cerino in mano", avverte l'AD della società marchigiana.

E quindi se è vero che nel lungo periodo in Borsa si guadagna sempre, è altresì vero che il lungo periodo può essere davvero lungo per chi entra all’apice di una bolla: "Chi avesse, ad esempio, acquistato il NASDAQ nel 2000 avrebbe perso oltre il 90% in tre anni, ed avrebbe dovuto attendere circa 15 anni per tornare in pareggio. Non sappiamo come finirà questa volta, o meglio non sappiamo quando finirà: può darsi infatti che la bolla dei tecnologici americani continui a gonfiarsi e come nel 1999 ci possa essere un’ultima gamba rialzista sul mercato (che in genere è molto rapida e ripida)",spiega Guzzini.

"Crediamo però che come tutte le bolle finirà per bruciare i risparmi di tanti risparmiatori, e siamo altresì convinti che la prossima fase di mercato premierà invece i gestori cosiddetti 'value' ovvero coloro che sapranno comprare business magari non così eccitanti come Netflix o Tesla ma che sulla base dei flussi di cassa prodotti potranno generare 'noiosi' ritorni a doppia cifra", conclude.