Le aspettative sui big data sono elevate. La performance è al primo posto, mentre tutti gli altri fattori devono essere valutati sulla base degli obiettivi d’investimento. “Abbiamo aspettative pragmatiche”, dichiara Giulio Casuccio, responsabile Investimenti tradizionali, Fondaco SGR. “Si guarda al risultato al netto di tutto. Turnover più o meno elevato, costi più o meno alti: sono dati utili da sapere, certo, ma quel che conta è la performance”. Sul fronte del tracking error, tutto dipende dal ruolo delle strategie nel portafoglio: “Se parliamo di building block per il portafoglio, più basso è e meglio è. Molti investitori non sono disposti ad allontanarsi troppo dal benchmark”, osserva il responsabile. Le strategie satellite o tematiche devono per definizione ritagliarsi un universo d’investimento più adatto o muoversi per sfruttare le inefficienze dei mercati, e quindi implicano un tracking error più elevato in cambio della ricerca dell’alpha: un evidente trade off tra rischi e rendimenti. Come vengono trasposte queste aspettative al mondo delle strategie quantitative guidata dall’analisi dei big data? La risposta di Casuccio è semplice: “Ci aspettiamo una maggiore stabilità. Un gestore fondamentale tradizionale è legato allo stock picking e al bias di stile, quindi può registrare una maggiore volatilità nel breve periodo, e va valutato sul rendimento composito a 3-5 anni”. Da un gestore quant, il responsabile Fondaco si aspetta invece una maggiore disciplina nel controllo del rischio, una capacità di diversificazione più elevata, e la possibilità di creare valore analizzando fattori diversi che anticipano quanto si vedrà tramite quelli tradizionali. “In altre parole - spiega Casuccio - mi aspetto che possa proteggere prima dai rischi, o creare alpha quando gli approcci tradizionali farebbero fatica. E, quindi, che riesca a generare valore in modo più regolare”.
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