I fondi finanziano il calcio… e i risultati si vedono

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foto: autor rtve, Flickr, creative commons

Si chiamano “Third Party Ownership” (TPO) e rappresentano un fenomeno in crescita soprattutto tra Spagna e Portogallo. Si tratta di fondi comuni di investimento che i club possono utilizzare per condividere i rischi, catalizzare i giocatori da comprare e anticipare i ricavi, attraverso l'assegnazione di una percentuale dei diritti economici legati a giovani calciatori. Il coinvolgimento degli investitori nella 'proprietà' di giocatori è una pratica comune nel mondo del calcio, in particolare in Brasile e Argentina, dove molti club sono insolventi o finanziariamente limitati. Gli investitori comprano i diritti economici dei calciatori e spesso coprono i costi della loro formazione e alloggio. In cambio hanno diritto a una percentuale del futuro di trasferimento di un giocatore. In parole povere entrano a far parte delle trattative di calcio mercato. Il vantaggio per i club è quello di ricevere finanziamento senza dover dipendere dal credito delle banche mentre per la TPO la sfida sta nello scovare giovani talenti che possano assicurare una rendita tecnica ed economica. Il risultato: piú acquisti, campionato piú competitivo, maggiori entrate per i diritti tv.

Che il fenomeno sia in aumento lo ha rivelato lo scorso dicembre un report di KPMG. Secondo la società di consulenza, gli operatori del ramo TPO hanno investito quote in 1100 calciatori in Europa; mentre in Brasile le partecipazioni in giocatori della serie A hanno raggiunto il 90%. Nel dettaglio, le quote degli investitori nei giovani calciatori in Europa hanno raggiunto un valore di 1,1 miliardi di euro, cioè il 5,7% del valore del mercato dei trasferimenti nell’area del Vecchio Continente. In particolare, i TPO sono diffusi nei Paesi dell'Europa orientale, dove gli investitori hanno in mano il 40% del valore di mercato dei calciatori ma il fenomeno sta aumentando in Spagna (8% di quote in mano a TPO), Portogallo (36%) e Olanda (3%).

Ma la UEFA vuole vietare i TPO e, in una nota pubblicata sul proprio sito, ha chiarito che "dal momento che quello della proprietà di terze parti sembra essere un fenomeno globale e dato che la FIFA è responsabile per il funzionamento del sistema di trasferimento internazionale, abbiamo chiesto all'organismo mondiale di prendere le misure necessarie per introdurre un divieto globale".

Un esempio del funzionamento dei TPO è stato "l’affare Falcao nel 2012 dell’Atlético di Madrid", che si è appena proclamato vincitore del campionato spagnolo ed è finalista della Champions. La squadra veniva fuori da una stagione (2010/2011) deludente: settimo posto in campionato e fuori dall’Europa League (da campione uscente). La conseguenza è che il club ottiene pochi introiti legati ai risultati, a fronte di un pesante debito nei confronti della fisco spagnolo (215 milioni di euro) e del personale (51,6 milioni). L’Atlético, quindi, pensa subito a fare cassa vendendo giocatori. In primis il portiere De Gea (al Manchester United per 20 milioni di euro), poi l’argentino Aguero (al City per 45 milioni), Elias allo Sporting Lisbona per 8,5 milioni e Forlan all’Inter per 5 milioni.

Finite le vendite, cominciano gli acquisti: la suadra spende ben 91 milioni. quasi la metà di questa cifra (40 milioni) va nelle casse del Porto per far arrivare a Madrid l'attaccante colombiano Falcao. A gestire l’operazione-Falcao è un fondo d’investimento, il Doyen Sports Investment, che ne finanzia il 55% permettendo al club di pagare solo 18 milioni di euro per il cartellino del colombiano e di concentrarsi su altre operazioni (come l’arrivo del turco Arda Turan per 13,5 milioni dal Galatasaray). Alla fine della stagione 2011/12, le cose per l’Atlético sono decisamente migliorate: vince l’Europa League (in finale due dei tre gol li segna Falcao) e un anno dopo prosegue nel proprio ciclo vincendo la Copa del Rey e classificandosi per la Champions League.  E qui torna in campo il TPO perché l’Atlético vende Falcao al Monaco per 60 milioni di euro, ne da 15 al giocatore e con il fondo Doyen, come previsto da una clausola del contratto,  si spartisce i 45 milioni restanti. Entrambe le parti hanno così fatto un affare: il fondo è rientrato dall’investimento e l’Atlético ha visto i propri ricavi sportivi aumentare grazie anche alle prestazioni di Falcao.