L'esperto di M&G Investments Vladimir Jovkovic analizza le caratteristiche strutturali di questo veicolo in pieno boom.
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"Quella delle obbligazioni verdi di tipo societario, in quanto asset class nascente, è un’area brulicante di primati" dice Vladimir Jovkovic, gestore di M&G Investments. In una degli ultimi post di Bond Vigilantes, il blog della società britannica, Jovkovic analizza le prospettive di questo mercato. Infatti, se in origine le obbligazioni verdi erano appannaggio quasi esclusivo di emittenti sovranazionali (come la Banca Europea per gli Investimenti, la Banca Mondiale e la Banca Europea per la Costruzione e lo Sviluppo), oggi gli emittenti finanziari e societari attingono sempre più spesso a questa nuova fonte di finanziamento.
Il gestore ha ricordato che nel mese di ottobre del 2012, l’azienda di gas industriali Air Liquide si è autodefinita "la prima società privata a emettere obbligazioni corrispondenti ai criteri degli investitori socialmente responsabili (SRI)”. Da allora, abbiamo visto l’utility francese EDF annunciare a novembre 2013 “l’emissione del primo green bond societario”, anche se questo stesso record potrebbe essere rivendicato (questione di un paio di giorni) dall’impresa immobiliare svedese Vasakronan. Più di recente, a marzo 2014, l’azienda di beni di consumo Unilever ha dichiarato che “il titolo di sostenibilità verde Unilever è il primo green bond sul mercato della sterlina, oltre che il primo emesso da una società del settore dei beni di largo consumo (FMCG)”.
"È evidente che gli emittenti societari hanno tutte le intenzioni di spingere lo sviluppo del mercato dei green bond come fonte di finanziamento alternativa e, così facendo, di sensibilizzare il pubblico sui problemi ambientali che si trovano ad affrontare", spiega Jovkovic. Allo stesso tempo sottolinea che "le aziende sono oggi la singola fonte principale di emissioni verdi". Se è chiaro che gli emittenti e gli investitori ottengono entrambi vantaggi in termini di reputazione per l’adesione e l’appoggio a progetti sostenibili, le obbligazioni verdi mancano di una definizione vincolante riconosciuta a livello internazionale e si limitano a rispettare una serie di linee guida su base volontaria.
Fattori identificativi
Da parte di M&G spiegano che una delle caratteristiche strutturali dei green bond è il fatto che spesso sono emessi a margine di programmi esistenti di emissione di titoli in euro a medio e lungo termine (EMTN) e garantiti dalla società capogruppo. "I flussi di cassa per il servizio del debito derivano dall’emittente, il che implica la possibilità di attingere ai flussi di cassa complessivi della società, e non solo del progetto finanziato specifico. Non sorprende, quindi, che il merito di credito di queste obbligazioni sia in linea con quello degli altri titoli dello stesso emittente, spiega Jovkovic . "Tuttavia, questa dislocazione significa che gli investitori non sono in grado di identificare i flussi di cassa derivanti dal progetto sottostante", aggiunge.
Un'altra delle caratteristiche strutturali dei green bonds, 'una delle pietre angolari' per usare parole del gestore, è che "l’uso dei proventi è definito nella documentazione legale del titolo, il che dovrebbe assicurare un certo grado di trasparenza" avverte il gestore. E precisa: "dico un certo grado perché, in pratica, una volta che i proventi vengono impiegati, l’investitore potrebbe avere informazioni limitate sull’avanzamento del progetto e la misura in cui raggiunge gli obiettivi ambientali. Ad esempio, i proventi dell’obbligazione per il progetto specificato stanno contribuendo a una riduzione rilevabile dei gas serra, del consumo di acqua o della creazione di rifiuti?"
Jovkovic osserva in terzo luogo che "esiste una certa asimmetria nelle credenziali ecologiche richieste, fra emittenti e investitori". Per poter lanciare un green bond, un emittente deve attenersi ai principi definiti dall’ICMA. Oltre alla destinazione dei proventi, tali linee guida indicano come comportarsi riguardo alla valutazione e selezione dei progetti, alla rendicontazione come pure alla gestione dei proventi. In merito a quest’ultimo aspetto, comprendono anche il suggerimento di rafforzare l’integrità ambientale dello strumento attraverso l’impiego di un revisore esterno, un ente di verifica indipendente o, secondo la definizione di alcuni, un’agenzia di rating degli Investimenti socialmente responsabili (SRI).
"Eppure, con tutto questo rigore sul lato dell’emittente, sembra che non ci siano limitazioni riguardo a quali fondi obbligazionari possano diventare proprietari di titoli di questo tipo" sottolinea Jovkovic e sentenzia che "se gli emittenti citano spesso il desiderio di diversificare le fondi di finanziamento e attrarre investitori socialmente responsabili e sensibili ai temi ambientali, sociali e di governance in cerca di strumenti a reddito fisso sostenibili (dal punto di vista ambientale e dei flussi di cassa), da parte loro gli investitori non hanno necessariamente bisogno di una ‘fedina’ verde così pulita".
Il gestore spiega che, "talvolta anche un’obbligazione emessa in un 'involucro verde' può non soddisfare alcuni fondi SRI, ad esempio se questi sostengono, a torto o a ragione, che EDF utilizzi flussi di cassa generati da attività legate all’energia nucleare per pagare le cedole del suo green bond".
Un'altra lettura che si potrebbe dare, in opinione del rappresentante di M&G è che "i progetti ambientali ricevono vantaggi in termini di qualità del credito dall’uso di flussi di cassa societari per dare impulso all’investimento in iniziative verdi. In ogni modo, resta all’investitore l’onere di stabilire quanto sia davvero verde l’obbligazione. Le agenzie di rating finora non si sono addentrate in questo terreno insidioso, assegnando una giudizio relativo di ecologicità", conclude.