I mercati già guardano all’autunno

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Dafne Cholet, Flickr, Creative Commons

L’estate è iniziata da meno di un mese ma c’è chi già guarda alla sua fine. Mercati e investitori, ad esempio, ultimamente molto suscettibili alla questione ‘tapering’. Prova ne è stata la caduta a picco di mercati azionari e obbligazionari e l’aumento da 0,25% a 0,47% del rendimento dei titoli di Stato tedeschi a dieci anni a seguito delle dichiarazioni di Mario Draghi nel Forum della BCE di Sintra, la cui lettura è stata poi smentita, che facevano intendere l’imminente fine del programma di acquisto dei titoli da parte della BCE. A giugno la Fed ha fatto scattare un secondo aumento dei tassi - ne prevede un terzo nel secondo semestre 2017 - e ha messo mano alla riduzione del bilancio senza causare eccessivo allarmismo nei mercati. Oggi, invece, tocca alla BCE, la cui posizione però è un tanto diversa.

Le Banche centrali di tutto il mondo stanno cercando di trovare il modo per normalizzare i tassi d'interesse in un momento di ripresa dell'attività economica e in cui l'inflazione sottostante e la crescita dei salari reali rimangono sottotono”, ha ricordato Simon Rowe, European equities manager di Janus Henderson Investors. “La Fed ha preso l'iniziativa per cercare di risollevare i tassi d'interesse ma la BCE deve procedere con molta più cautela se non vuole rischiare di gettare alle ortiche la fragile ripresa in atto”. Il gestore, infatti, sottolinea che il rafforzamento dell'euro, che ha già toccato il livello più alto di tutto l'anno contro il dollaro, unitamente all'aumento dei costi di indebitamento, potrebbe rappresentare una situazione di difficile gestione per alcune economie europee.

Concorda Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario globale di T. Rowe Price, secondo cui “la BCE potrebbe avere un compito ancora più difficile della Fed nel districarsi dalla sua politica monetaria accomodante. A differenza di quelli statunitensi, infatti, i policymaker della BCE devono tenere in considerazione l’impatto delle proprie azioni non su un singolo Paese, ma su diverse Nazioni con ampie variazioni in termini di qualità del credito”.

Secondo Rowe, “l'aumento dei tassi d'interesse probabilmente costituirebbe un'ulteriore contrazione del reddito disponibile”. Per questo prevede che la Banca centrale europea perseguirà la fine del QE in modo molto graduale, ponderando con massima cautela ogni decisione di aumento dei tassi d'interesse. E cita l’Italia: “Con un debito così elevato non potrebbe farvi fronte ed è poco probabile che Draghi voglia essere ricordato come l'uomo che ha affossato una delle principali economie europee”.

Per Alberto Biolzi, responsabile direzione wealth management di Cassa Lombarda, “non si prevedono passi concreti verso la riduzione del QE, ma Draghi potrà fornire in conferenza stampa indicazioni più chiare”. Come afferma l’esperto, gli investitori vedono probabile un primo intervento già a settembre, “magari anticipato in occasione del Simposio di Jackson Hole della Fed, al quale Draghi parteciperà dopo anni di assenza”. E tra le prime mosse, per Biolzi, potrebbe esserci la rimozione dal comunicato della frase che apre a possibili ampliamenti del QE se necessario.

Charles McKenzie, chief investment officer obbligazionario di Fidelity International, prevede che BCE e Fed saranno particolarmente attive sul cambiamento di rotta da seguire per le rispettive politiche monetarie nell’ultimo quadrimestre dell’anno. “In Europa, la crescente fiducia della BCE nell'andamento espansionistico dell'economia porterà probabilmente all'annuncio di un tapering modesto nella riunione di settembre e la riduzione degli acquisti che partirà da gennaio”. Guardando oltreoceano, McKenzie si aspetta che la Fed annunci formalmente l'inizio del processo di normalizzazione del bilancio nella riunione di settembre mentre nel Regno Unito pareri sempre meno compatti espressi all'interno del Comitato per la Politica Monetaria (CPM) lasciano intendere che un rialzo dei tassi nel corso di quest'anno sia diventato più probabile, nonostante le incertezze legate alla Brexit.

Ruth van de Belt, investment strategist di Kempen Capital Management, ha ricordato l’analisi di Draghi sullo scenario di bassa inflazione riconducibile, per il governatore della Banca centrale europea, a fattori transitori. “In parte sostenuti da questi commenti, gli operatori di mercato ritengono che la BCE inizierà gradualmente a ridurre il suo consistente pacchetto di stimoli a partire dal 2018. Si comincerà con la riduzione degli acquisti di obbligazioni, seguita dalla modifica della politica sui tassi di interesse”.

Tra le conseguenze del cambiamento di politica della BCE, van de Belt cita anche “un ampliamento del differenziale tra le categorie più rischiose e quelle meno rischiose del mercato del credito”, che comunque non avverrà in maniera repentina. “Le previsioni di una crescita solida, combinate a un aumento contenuto dei salari, un inasprimento limitato della politica monetaria e il dissiparsi dei rischi politici continueranno a sostenere le azioni europee”, conclude l’esperto.