Presentato a Milano l’Osservatorio Family Office. Sono 219 le entità attive in Italia e l’aumento dei fenomeni di liquidità mette in luce la difficoltà di ingaggio delle nuove generazioni.
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Gli studi dedicati all’universo specifico dei family office sono recenti, perché è piuttosto recente la comparsa “consistente” di queste entità sul mercato italiano. Appunto questa caratteristica si pone come determinante nell’identificazione delle sfide che tali soggetti, per cui il fattore umano è fondativo e centrale, si trovano oggi ad affrontare: come il ripensamento della governance familiare e della proprietà, la pianificazione della continuità familiare, il collegamento tra patrimonio e famiglia in quello che gli esperti identificano come “paradigma della proprietà responsabile”.
A riflettere sullo sviluppo dirompente del settore (che si è affacciato sul mercato italiano oltre 40 anni fa) sono gli autori dell’edizione 2023 dell’Osservatorio Family Office promosso da School of Management Politecnico di Milano in collaborazione con il Centro di Family Business Management della Libera Università di Bolzano in apertura dell’evento per la presentazione della ricerca che si è tenuto ieri, 28 settembre, presso il Politecnico di Milano. E i dati sono esplicativi in tal senso.
I dati
A oggi in Italia, in base alla ricerca dell’Osservatorio, risultano attivi 107 single family office, di cui sette inseriti nell’ultimo anno (sono il 48,9% del totale), oltre a 94 multi family office professionali (il 42,9%), con tre in più sullo scorso anno e 18 organizzazioni di origine bancaria (l’8,22%) che offrono analoghi servizi strutturati rivolti a più famiglie (lo scorso anno se ne contavano 20).
Il fenomeno non è recente, specifica Josip Kotlar, Associate Professor of Strategy and Family Business School of Management Polimi, in apertura di lavori, tuttavia “dei 107 single family office identificati, il 60% è nato nell’ultimo decennio, percentuale che cala al 40 sul fronte dei multi family office”. È il fenomeno delle organizzazioni di origine bancaria, però, ad aver mostrato un boom negli ultimi due lustri, dal momento che “l’80% si è strutturato negli ultimi dieci anni”.
Circa la metà dei 107 single family office censiti co-esiste con l’impresa famigliare, mentre il 27% deriva da eventi di liquidità, ossia cessioni, complete o parziali, delle quote di proprietà della famiglia. Il 55%, specifica una nota, rientra nella tipologia family portfolio office, e il 26% si configura come cassaforte di famiglia. Infine, l’11% può essere considerato family office dinastico (a riprova di quanto detto in apertura in merito alla recente formazione dei single family office in Italia).
Il purpose
Il censimento della popolazione dei family office si presta, come detto, anche a una visione più puntuale sull’evoluzione del fenomeno. Un dettaglio in tal senso emerge già dal titolo della ricerca 2023 “Purpose e family office: verso il paradigma della proprietà responsabile”, concetto esplorato nell’intervento di Luca Manelli, co-direttore scientifico e lead researcher, ricercatore in strategia e famiglie imprenditoriali del Polimi. Manelli sottolinea quanto il purpose pur in qualità di “fattore intangibile” sia determinante nel “portare al successo o al fallimento di una famiglia”. Di conseguenza, obiettivo della ricerca e il tentativo di “connettere il tema del purpose con l’abilità delle famiglie di rispondere alle crisi in maniera efficacie”. Di essere “resilienti”, insomma.
Come questo avvenga è la chiave di lettura dell’intero studio, che si articola lungo tre direttrici legate al “paradigma della proprietà responsabile” e richiamate da Alfredo De Massis, co-direttore scientifico e chair dello scientific advisory board, docente della Libera Università di Bolzano, Center for Family Business Management e della Lancaster University Management School. De Massis (insieme a Kotlar e Manelli) indica come il purpose si espliciti “in tre macroaree”: il capitale umano, che si articola nell’ingaggio delle nuove generazioni per il rinnovamento delle attività della famiglia; il capitale socio-emotivo, legato a modelli e pratiche per l’impatto sociale e ambientale di famiglie e Family Office; e il capitale finanziario che, nel caso di eventi di liquidità, è il processo di ricostituzione della famiglia durante e dopo la vendita dell’impresa. Gli eventi di liquidità, dice De Massis “possono rappresentare un’arma a doppio taglio, e possono portare al rinnovamento o al declino della famiglia imprenditoriale”.
L’ingaggio della next gen
Un dettaglio che emerge con forza dallo studio è legato alla centralità dell’ingaggio della next gen per la sopravvivenza dell’impresa e la continuità del patrimonio familiare. Questo perché, come dimostrato dal progetto GUESS (Global University Entrepreneurial Spirit Students' Survey) “soltanto il 3,5% delle generazioni successive ha intenzione di entrare nell’impresa di famiglia appena dopo la laurea, e appena un ulteriore 4,9% dopo cinque anni”. La defezione è dovuta alla presenza di competenze avanzate nelle nuove generazioni che, in molti casi, preferiscono misurarsi con realtà al di fuori dell’impresa familiare. Qui entra in gioco il family office. “Il family office può essere un’opportunità - spiega Kotlar - perché le attività che portano a utilizzare il patrimonio familiare per creare valore, includendo quindi le attività filantropiche, rappresentano una via ulteriore che le next gen possono percorrere. Ciò non è evidente se ci si limita a una visione dell’imprenditorialità familiare limitata all’azienda”. Tuttavia esistono degli ostacoli nel processo legato alle pratiche di ingaggio, in primis la mancanza di criteri chiari e di informazione per la misurazione dell’impatto (93% dei rispondenti al questionario), seguita da uno scarso coinvolgimento delle famiglie clienti verso queste tematiche (81%). Il 57% dei multi-family office ha poi identificato come le strategie di impatto vengano perseguite con altri mezzi, come le fondazioni.
Gli eventi di liquidità
Il tema della proprietà responsabile si confronta poi con il dettaglio critico degli eventi di liquidità. Oltre la metà (52%) delle famiglie clienti dei multi-family office, infatti, ne ha attraversato o sta attraversando uno, dice la ricerca. Qui si collega il tema del “capitale umano”, in quanto “tra le principali motivazioni che spingono a prendere questa decisione c’è il disinteresse della next gen a proseguire con la gestione dell’attività (35%)”.
Tra il 2013 e il 2023, il controvalore aggregato dei 2.365 eventi di liquidità individuati nel settore si attesta a circa 300 miliardi di euro, includendo quindi i deal con valore noto (853) e non noto (fonte: dati Politecnico di Milano - Pictet Wealth Management). “Rispetto alla totalità dei Family Office italiani mappati – conclude Kotlar - il 27% è stato fondato a partire dall’esigenza di gestire la liquidità derivante dalla vendita dell’impresa familiare. Un dato importante per il contesto italiano, che sembra suggerire un trend di crescente fragilità delle imprese famigliari a fronte dei passaggi generazionali”. Il 2021 e il 2022 sono i due anni con il maggior numero di eventi di liquidità considerando l’intero periodo dell’indagine (2013-2022), con un trend crescente da 333 nel 2021 a 356 nel 2022.