Il vero valore del dollaro

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Diversi quantitative analyst, di alcuni dei più grandi asset manager a livello globale, stanno trasformando una secolare teoria per rispondere ad una scottante domanda: Qual è il vero valore del dollaro?

Al centro della teoria vi è il fair value, il livello verso il quale una valuta dovrebbe muoversi, indipendentemente da quanto costosa o economica essa sia in un dato punto. Gli studiosi del 16° secolo, spagnoli in primis, lo misuravano tramite i livelli dei prezzi, sostenendo la tesi che i tassi di cambio si sarebbero dovuti adeguare al costo dei beni, in modo che un sacchetto di zucchero, o di un metro di tessuto, costerebbe lo stesso in diverse nazioni quando espresso nella medesima unità.

Ad oggi, analisti di UBS Wealth Management e Goldman Sachs Asset Management, che insieme raccolgono più di tre miliardi di dollari, stanno implementando delle analisi quantitative in modo da aggiornare questo concetto di base. I metodi sono diversi, ma il risultato di tali analisi forniscono costanti segnali che dovrebbero preoccupare i rialzi del dollaro; il dollaro risulta infatti molto costoso dopo il rally del 30% registrato negli ultimi tre anni. Da UBS, fanno sapere che i loro modelli stanno dando esattamente gli stessi segnali, ovvero che, al momento, il dollaro è fortemente sopravvalutato. La comunità degli analisti sembra quindi essere molto positiva sulla valuta nordamericana.

Il dollaro è vicino al livello più alto degli ultimi 14 anni, catturando quindi l’attenzione del presidente Donald Trump, che ha accusato Paesi come Germania e Giappone di mantenere le loro valute deboli per ottenere vantaggi a livello commerciale. La sensazione proveniente da Wall Street, è quella che, nel 2017, il dollaro si rafforzerà ulteriormente contro la moneta comune, raggiungendo quota 1,05. In particolare, da UBS prevedono due approcci. Il primo utilizza i dati dei prezzi di produzione (Producer Price Index, PPI) degli ultimi tre decenni, per monitorare la deviazione del dollaro dal punto di equilibrio. I suoi analisti considerano anche un’altra assunzione, sviluppando un modello che misura la quota di azioni e obbligazioni, denominate in dollaro, di tutto il mondo, nel corso degli ultimi 20 anni, e assume che gli investitori regolino la propria allocation verso la media del lungo termine, con il dollaro che viene venduto o acquistato durante il processo.

 

Il modello terms of trade

Da Goldman Sachs AM, invece, preferiscono misurare il dollaro attraverso il prisma della produttività, ovvero tramite i fattori del proprio modello nel prezzo delle esportazioni di una nazione sulle sue importazioni. Si calcolano quindi le più alte condizioni di scambio (le cosiddette terms of trade), in cui tanto più competitivo è un Paese, tanto più alto dovrebbe essere il fair value della sua valuta.

Il fair value può risultare essere un fattore dominante per l’euro-dollaro, in un momento in cui il mercato è in discussione sui tempi di uscita dal QE della Banca Centrale Europea, limitando l’ascesa dell'euro. Nel 2013, l'annuncio della Federal Reserve, il quale avrebbe ridotto il suo acquisto obbligazionario, ha efficacemente rimosso un coperchio artificiale e spinto la valuta verso, e successivamente oltre, il suo valore corrente. Per Goldman Sachs AM, la retorica commerciale di Trump è un altro motivo tale per cui, quest’anno, le valute rischiano di tornare al loro valore sottostante. Secondo il Dipartimento del Tesoro, sia la Germania che il Giappone godono di significativi surplus commerciali nei confronti degli Stati Uniti, e, nel modello terms of trade di Goldman Sachs, le loro valute sono infatti sottovalutate del 13% circa.

Da una prospettiva di valutazione, la maggior parte delle valute dovrebbero quindi avere la possibilità di apprezzarsi nei confronti del dollaro statunitense, e ciò potrebbe essere vero soprattutto per Paesi con ampi surplus commerciali verso gli Stati Uniti, e con una profonda integrazione nella supply chain americana.

 

Il fondo currency con rating Consistente

Nella lista dei prodotti con marchio Funds People 2017, troviamo un fondo alternativo che rientra nella categoria globale currency di Morningstar, il Pioneer Absolute Return Currencies. Il comparto, gestito dal team composto da Andreas Koenig e Derek Arnold, con circa 753 milioni di euro di patrimonio totale, persegue l’obiettivo di raggiungere un rendimento positivo in tutte le condizioni di mercato, quando queste sono misurate nel medio termine. Il team di gestione investe principalmente in una vasta gamma di valute di tutto il mondo, compreso il dollaro, nonché in obbligazioni (prevalentemente a breve termine), titoli monetari e depositi. Il fondo cerca di trarre vantaggio dalle variazioni dei tassi di cambio cercando una copertura valutaria. Inoltre, fa ampio uso di derivati ​​con l’obiettivo di una riduzione del rischio, per una efficiente gestione del portafoglio e per ottenere un'esposizione (long, short o entrambi) ad una varietà di asset, mercati o flussi di reddito. I fund manager utilizzano una combinazione di analisi economiche e di mercato per identificare le tendenze dei tassi di cambio delle valute, nonché interessanti opportunità provenienti dal settore, gestendo l'esposizione valutaria in modo flessibile.