Investitori istituzionali, nel 2021 quasi mille miliardi di patrimonio (ma ci si prepara all’urto della nuova crisi)

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Un quadro positivo, che dà conto di un mercato istituzionale in crescita. È quanto emerge dai dati del Nono Report annuale Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2021” che vede il patrimonio totale degli investitori istituzionali italiani, sommando il welfare contrattuale alle Casse e Fondazioni e al welfare privato, raggiungere i 987,61 miliardi di euro. Nel 2020 il totale era di 953,81 miliardi, e nel 2007 (15 anni fa) meno della metà (404,11 miliardi). Nel dettaglio del solo welfare contrattuale e fondazionale, poi, si è passati dai 142,85 miliardi di patrimonio del 2007 ai 282,97 miliardi del 2021: un incremento del 98 per cento. L’occasione per la presentazione dei dati sul mondo degli istituzionali ha coinciso con un momento di riflessione sul futuro dell’industria, nel corso dell’incontro che si è tenuto il 6 settembre a Milano nella Sala Parterre di Borsa Italiana. L’analisi del Centro Studi va avanti dal 2004, e “nel 2021, nonostante la crisi del 2008, quella del debito pubblico del 2013 e quella pandemica più recente, il mercato degli istituzionali non solo ha retto ma è migliorato in termini di patrimonio e flussi", afferma Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. "Nel 2021 si sono consolidati gli impegni diretti e indiretti delle fabbriche prodotto, anche tramite acquisti diretti di OICR che oggi sono non solo nel comparto tradizionale ma anche alternativo e quasi l’80% del patrimonio è affidato a gestori terzi”. I numeri, d’altronde, parlano di un mercato più maturo e che ha guadagnato posizioni anche nella classifica per patrimonio dei fondi pensione stilata dall’OCSE su 38 Paesi, in cui l’Italia occupa il 12° posto “eravamo al 14° nel 2019”, sottolinea Brambilla.

Incidenza sul PIL

Un dato, su tutti, definisce la potenza di fuoco del settore e, al contempo, il potenziale ancora inespresso: l’incidenza del patrimonio degli istituzionali sul prodotto interno lordo. Secondo quanto rilevato da Itinerari Previdenziali la somma degli AuM detenuti da fondi pensione negoziali e preesistenti, casse privatizzate, fondazioni di origine bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 15,9% del PIL. Includendo anche il welfare privato (compagnie di assicurazione del settore vita, rami I, IV e VI, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 55,5%, era pari al 25,1% nel 2007.

Fonte: Itinerari Previdenziali, “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2021”

“Se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il PIL è pari al 9,7%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo”, afferma il presidente.

Il richiamo dell’economia reale

In questa evoluzione necessaria rientra anche la capacità di cogliere i segnali in arrivo dal mercato, che chiamano a raccolta gli istituzionali come investitori di lungo periodo e interlocutori privilegiati dell’investimento in società quotate e FIA. La crescita del patrimonio nel tempo, infatti, corrisponde anche a una diversificazione degli asset investiti, “e qui il nostro ruolo di mercato regolamentato è cruciale”, sottolinea Fabrizio Testa, CEO di Borsa Italiana nell’introdurre il convegno. Testa parla, infatti di “un continuo scambio di opinioni tra chi struttura nuovi prodotti e chi ha necessità di investimento” e conferma la necessità di aumentare l’allocazione nell’economia reale. In questo settore, secondo quanto emerge dal report le Fondazioni di origine Bancaria si riconfermano i maggiori investitori con circa il 42% del patrimonio investito, sostenuto da un’esposizione nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione con il Sud pari al 27,7%; seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti, con il 18% circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 4,7 e al 3,11% del patrimonio.

I rendimenti

Un altro passaggio centrale per la definizione dello scenario dei risparmi affidati agli istituzionali riguarda i rendimenti. Itinerari Previdenziali parla di “buone performance” nel 2021, che hanno portato tutti gli investitori istituzionali a recuperare il terreno perso nel corso della pandemia e a riagganciare i livelli del 2019, con PIP-Unit Linked che hanno registrato le migliori performance (+11% nel 2021 contro il -0,2% del 2020), seguiti dai fondi aperti (+6,4% nel 2021 e +2,9% nel 2020) e dalle Fondazioni di origine Bancaria (+5,7% contro il 3,6% del 2020). I risultati conseguiti dai fondi pensione hanno battuto ancora una volta i “rendimenti obiettivo” TFR, inflazione e media quinquennale del PIL, che si sono attestati rispettivamente al 3,6%, 1,9% e 0,1%: i negoziali hanno fatto segnare un +4,9%, i preesistenti un +4,1% e gli aperti un +6,4 per cento.

Fonte: Itinerari Previdenziali, “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2021”

Uno sguardo al futuro

Certo è che i dati sono relativi al 2021, anno in cui emergeva già una fiammata dell’inflazione ritenuta, all’epoca, transitoria. Il 2022 ha restituito un panorama differente. E appunto il nuovo scenario e i suoi impatti sulle scelte di investimento sono stati al centro di una tavola rotonda che ha visto la presenza dei rappresentanti delle diverse anime del settore. L’aumento dell’inflazione, il passaggio da “fenomeno temporaneo a evento strutturale” e il rialzo dei tassi da parte delle banche centrali con conseguenze che si vedranno più chiaramente dalla seconda parte del 2023, sono i temi portati all’attenzione da Enrico Cantarelli, consigliere di amministrazione e referente Gestione Patrimonio di Fondazione Cariplo, che mette l’accento sui rischi legati al private debt e al private equity e sottolinea la tenuta dell’investimento in real estate, ricordando che, tuttavia, sul fronte degli investimenti della Fondazione, “i cambiamenti non saranno radicali ma si assisterà a riallocazioni graduali”. Uno sguardo ottimistico è quello fornito da Massimo di Tria, CFO Asset & Wealth Management di Generali, che richiama la necessità di applicare le politiche monetarie insieme alle politiche fiscali come una delle lezioni più importanti impartite dalla pandemia. Di Tria sottolinea anche che in ogni investimento sono presenti quelli che lui definisce “meta-rischi” ossia l’illiquidità e l’inflazione. A questi si è aggiunto in tempi recenti un nuovo meta-rischio: l’ESG. “La pandemia ha interessato in particolare la S e in parte la E l’effetto che ha avuto è stato accelerare tendenze e macro trend già presenti. La crisi energetica ha messo in luce un tema di scarsità di energia, e la necessità di accelerare una transizione energetica che apre le porte a nuove classi di investimento”. Danilo Giuliani, vice direttore generale e dirigente funzione finanza di EPPI - Ente di Previdenza dei Periti Industriali allarga l’analisi agli Stati Uniti e all’Asia, i primi in fase di ripresa dopo l’allarme recessione tecnica del primo semestre, la seconda, invece, un’incognita che mostra politiche monetarie e una gestione della crisi pandemica diverse. E questo si riflettono in particolare sulle scelte compiute dall’Ente nell’equity, “aumentato dal 9 al 13% dall’inizio dell’anno, ma ancora al di sotto del benchmark di asset allocation del 15% che ci siamo posti di qui a fine anno”. Per Giacinto Palladino, direttore generale di Previbank, “Lo scenario che si intravede non vede una deadline, siamo in pieno effetto guerra e dopo le moratorie della pandemia il tessuto imprenditoriale, soprattutto italiano, sarà impattato dagli effetti del mancato controllo dei prezzi” argomento questo che porta a rivedere l’offerta previdenziale. I diversi elementi che si sommano nella crisi attuale sono al centro anche dell’analisi di Orlando Vari, direttore generale Fondo del Personale BNL/BNP Paribas che sottolinea come l’impostazione del fondo preesistente, in cui dal 2013 è stata implementata una gestione life cycle, al momento confligga “con la necessità di gestire l’emotività di questo periodo, soprattutto per quelli che andranno in pensione nei prossimi mesi e anni”. La ricerca di “coperture tattiche” diventa quindi una priorità nella gestione del fondo. “La volatilità dei mercati richiede strumenti del genere – conclude Vari – anche se il nostro resta un investimento di lungo periodo”.