Il contesto di bassa crescita dovrebbe favorire gli emittenti più stabili. L’IG sta riflettendo meglio il rischio di credito rispetto agli emittenti high yield, con spread ben al di sopra della media.
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L’economia globale sta vivendo un cambiamento di paradigma che richiede nuovi approcci agli investimenti. Secondo Justin Thomson, head of international equity di T. Rowe Price, “stiamo passando da un mondo di disinflazione benigna a un’inflazione tendenziale più elevata. Da un mondo di massima liquidità a un rapido ritiro della liquidità. Da un mondo di volatilità minima a uno in cui la volatilità sarà probabilmente elevata. Da un mondo che ha visto una rapida e continua globalizzazione negli ultimi trent’anni a un mondo che per certi versi si sta de-globalizzando”. Di fronte a tutto questo è necessario saper leggere i nuovi mercati. E il più grosso cambio di paradigma lo troviamo sui mercati obbligazionari.
Segnali di un picco dei tassi di interesse in Usa potrebbero anche offrire supporto al debito dei mercati emergenti, così come potrebbe offrirlo un rimbalzo dell’economia cinese per gli esportatori dei mercati emergenti. “Siamo più a favore di asset di qualità più elevata rispetto a quelli a leva: il contesto di bassa crescita dovrebbe infatti favorire gli emittenti più stabili. Crediamo che stia iniziando ad emergere valore nelle emissioni societarie investment grade”, spiega Jim Cielinski, global head of fixed income di Janus Henderson. Queste ultime stanno riflettendo meglio il rischio di credito rispetto agli emittenti high yield, con spread ben al di sopra della media.
Spread degli emittenti globali investment grade e di quelli high yield
“Questo non vuol dire che gli spread siano al riparo da un ulteriore allargamento. I primi mesi del 2023 potrebbero essere difficili, in un momento di picco di incertezza sugli utili societari, ma secondo Cielinski questo dovrebbe essere transitorio”. Anche secondo Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm, è essenziale evidenziare quanto i tassi (e quindi il ritorno dei bond) siano stati incredibilmente soggetti a volatilità fin da inizio anno. Un’evidenza che ricorda come, nello scenario attuale, sovraesporsi alla componente obbligazionaria potrebbe non essere sufficiente a ridurre la volatilità generale dell’investimento. “Il contesto macroeconomico, dominato in particolare da alti livelli di inflazione, potrebbe ancora spingere i tassi al rialzo, generando perdite in conto capitale per i possessori di bond – afferma l’esperto –. Nonostante il dato sull’aumento dei prezzi negli Stati Uniti per ottobre sia stato sotto le attese, rimane comunque sopra il 7%”.
Volatilità US bond vs equity da inizio anno
A ragione di ciò, i banchieri centrali americani hanno ribadito che la battaglia contro l’inflazione non è ancora terminata.