L'importanza del costo nel processo di selezione di un fondo

Confronto
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La battaglia tra la gestione attiva e quella passiva è più accesa che mai, sopratutto negli Stati Uniti, un mercato in cui gli ETF ed i fondi indicizzati stanno avendo la meglio rispetto ai prodotti attivi. Sono molti i gestori, come Warren Buffet o Stuart Luca, che dichiarano apertamente la loro preferenza per l'utilizzo di strategie passive, vista l'importanza - a loro avviso - che hanno i costi sul rendimento finale dell'investimento. Ma in che misura i costi sono una variabile fondamentale nel decretare il tasso di successo nella selezione di un fondo? Per rispondere a questa domanda, Morningstar ha realizzato uno studio, l'active/passive barometer, il rapporto lanciato nel giugno 2015 e aggiornato ogni semestre, che misura il tasso di successo dei fondi americani attivi rispetto a quelli passivi nelle rispettive categorie di riferimento. 

La prima conclusione a cui giunge lo studio è la difficoltà per fondi americani attivi di ottenere rendimenti più elevati rispetto a quelli passivi nelle rispettive categorie di riferimento, soprattutto nel lungo periodo, e i più alti tassi di mortalità (chiusure o fusioni). La seconda conclusione del rapporto è che i costi sono una variabile fondamentale nel decretare il tasso di successo. Ad esempio, i fondi US large cap value meno cari hanno un success ratio a dieci anni del 66% che scende al 18% per i comparti più costosi. In sostanza, più alte sono le spese, maggiore è la probabilità che un prodotto abbia rendimenti deludenti o venga chiuso. 

Infine, il report rivela che gli investitori tendono a preferire i fondi con le migliori performance. Il rendimento ponderato per gli asset, infatti, è superiore a quello “equi-pesato”. Non sempre, però, scelgono i prodotti meno costosi, nonostante questo fattore sia una importante determinante dei ritorni che potranno ottenere.

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