Nel 2018 gli esperti del settore consigliano di adottare un atteggiamento cauto e selettivo al reddito fisso, nonché orientato alla diversificazione del portafoglio.
Nel 2018 gli investitori obbligazionari dovranno fare i conti con uno scenario completamente diverso rispetto a quello del 2017, che si è contraddistinto per la mancanza di volatilità e per la bassa inflazione. Il rialzo dei tassi d’interesse governativi, la diminuzione della liquidità sul mercato, il ritorno dell’inflazione (soprattutto negli Stati Uniti), l’aumento della volatilità e le politiche monetarie meno accomodanti rappresentano i principali temi del 2018. Nell’attuale contesto, è fondamentale adottare un atteggiamento cauto, selettivo e orientato alla diversificazione.
La diversificazione rimane un presupposto fondamentale nelle strategie di gestione, anche se negli ultimi anni, la bassa volatilità del mercato e i rendimenti molto bassi o negativi hanno spinto gli investitori verso una ricerca costante di rendimento, con un rischio di maggior concentrazione sia in termini di asset class, ad esempio high yield, che di selezione di singoli settori/nomi. È di quest’avviso Mauro Valle, portfolio manager di Generali Investments. “In questo contesto di tassi bassi con possibili movimenti al rialzo, un adeguato livello di diversificazione potrà dare al portafoglio un profilo di rischio consistente, ma saranno sempre la gestione attiva e le corrette decisioni del posizionamento di portafoglio, in termini di duration, curva dei rendimenti, selezione dei Paesi e dei settori di credito, a fare la differenza di rendimenti generati e, paradossalmente, a contribuire ad avere un profilo di rischio migliore rispetto a quello del mercato”.
Secondo Marco Sozzi, portfolio manager di AcomeA SGR, la diversificazione non deve diventare una scusa per moltiplicare indefinitamente il numero delle scelte, altrimenti la gestione diventa passiva. “Il nostro approccio alla diversificazione è il frutto implicito del fatto che il nostro approccio all’investimento è di tipo ‘value’, orientato all’analisi di situazioni specifiche ove i rendimenti mostrino un eccesso di premio per i rischi sottostanti. Per altro, ove i motivi siano di tipo macroeconomico (pensiamo alla crisi dell’Italia nel 2010 o ai Paesi emergenti all’indomani dell’annuncio del tapering nel 2013), è invece possibile concentrare gli investimenti sui temi più appetibili dal punto di vista del rapporto rischio/rendimento”, afferma.
A differenza del 2017, secondo Fondaco SGR, quest’anno ci sarà più spazio per la gestione attiva. “La diversificazione è sicuramente importante, soprattutto per portafogli grandi e con un attento controllo della volatilità, anche perché i singoli segmenti sono influenzati da fattori differenti e possono reagire in maniera diversa all’evoluzione dei mercati. Una gestione attiva è però indispensabile, per evitare le situazioni più critiche ed individuare le opportunità di creazione di valore, valutando correttamente l’equilibrio tra rischio e rendimento atteso”, afferma Giulio Casuccio, head of fixed income di Fondaco SGR.
Infine Andrea Ponti, senior portfolio manager di Kairos, sottolinea come negli ultimi anni si è quasi persa l’analisi settoriale e singola bottom-up, puntando sulla direttrice direzionale: “ora la dispersione settoriale e il probabile aumento dei default nei prossimi anni richiedono un approccio più attento anche alla realtà micro, oltre che al quadro macroeconomico. La dispersione settoriale aumenterà e pertanto selezionare i giusti e meritevoli emittenti tornerà ad essere essenziale”, conclude.