Finora tutto resta inalterato, mentre Mario Draghi fa capire che la discussione è posticipata a dicembre. Ecco le prime reazioni delle società di gestione.
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“Le decisioni che prenderemo a dicembre vi diranno cosa faremo nei prossimi mesi” ha detto Mario Draghi in una riunione della BCE dalla quale nessuno si aspettava nulla, e che non ha d'altronde offerto nulla ai mercati. Il presidente della Banca centrale europea ha affermato che i tassi d’interesse resteranno inalterati e che tutte le misure di stimolo economico continueranno ad essere attuate, come da programma. Insomma tutti rimandati a dicembre.
Gli investitori però avevano bisogno di un titolo su cui discutere. Le dichiarazioni a cui si sono prestate più attenzioni sono state quelle relative alla propria natura del QE in corso: da una parte Draghi ha dichiarato che non si è discusso di una possibile estensione della durata oltre marzo 2017. Dall’altra ha aggiunto che non si è parlato di tapering (prarafrasando le famose dichiarazioni di Ben Bernanke nel 2013), e che di fatto è molto improbabile una chiusura ex abrupto del programma di stimoli.
I mercati hanno reagito a queste dichiarazione all’inizio con un rafforzamento dell’euro e un breve crollo delle borse, che subito dopo hanno recuperato terreno fino a segnare cifre positive. “Quello di oggi non è stato il miglior momento di Draghi. Senza dubbio, voleva mettere fine all’idea che la BCE vuole ridurre gli stimoli a breve termine. Tuttavia quello che in realtà ha fatto è stato rimandare tutti a dicembre per vedere quello che la BCE dirà allora”, commenta James Athey, gestore obbligazionario di Aberdeen. Secondo l’esperto con quest’atteggiamento la banca centrale “lascia molti dubbi, cosa che non ridurrà la già elevata volatilità nei mercati delle obbligazioni”. “Un mercato che era nervoso non troverà sollievo nella poca trasparenza che ha mostrato oggi Draghi”, aggiunge.
Anche per Paul Brain, head of fixed income di Newton Investment Management (BNY Mellon) “il discorso del Presidente della BCE è destinato a deludere alcuni operatori di mercato: quelli che avevano speculato sull’avvio di un processo di tapering, e chi già in precedenza aveva scommesso su un’estensione del programma di acquisto titoli. Complessivamente, si può dire che quello di oggi sia stato un ‘non-evento’, cui i mercati hanno inizialmente cercato di attribuire una portata maggiore rispetto a quella effettiva. Adesso l’attenzione può tornare a concentrarsi sulle elezioni USA”.
Che il meeting sia stato più “interlocutorio” che altro è il parere anche di Marco Vailati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda. “In sostanza, se da un lato è stato mantenuto un tono più aggressivo, con la descrizione positiva del contesto economico e degli impatti delle misure adottate senza dare indicazioni esplicite di estensione del QE e precisando che questo non può essere infinito, dall'altro lato è stato tenuto però un tono più accomodante, con la descrizione del contesto inflattivo ancora deludente e la probabilità che non si raggiungano le ultime previsioni della BCE. Sono state inoltre definite infondate e male informate le voci sul tapering del QE, considerato fondamentale nel suo impatto e dando indicazioni implicite di una sua probabile estensione”, afferma Vailati.
Al di là dei toni utilizzati, per SSGA siamo già vicini al conto alla rovescia, in merito alla fine del QE. Secondo Michael Metcalfe, responsabile globale macro strategy di State Street Global Markets “anche se passerà molto tempo prima che venga avviata una politica monetaria restrittiva, come successo con la BoJ a settembre, questo è l'inizio della fine del sostegno della Banca Centrale al mercato dei titoli di Stato. Una circostanza che non lascerà indenni i sottoscrittori di obbligazioni governative dei Paesi periferici, caratterizzati da un maggior livello di rischio, soprattutto tenendo in considerazione le turbolenze politiche che potrebbero verificarsi - o si sono già verificate - in alcuni Paesi ".