La banca centrale cinese svaluta. Di nuovo. Lo yuan è sceso ieri ai minimi trascinando al ribasso altre valute asiatiche in un declino che non si registrava dalla crisi finanziaria del 1998. Dopo la mossa a sorpresa di martedì (una svalutazione del 2%), ieri la banca centrale cinese ha fissato il cambio di riferimento a un livello più basso di un altro 1,6%. Non che ne sia mai uscita, sia ben chiaro, ma la Cina, da due giorni è entrata di diritto all’interno del quadro di guerra valutaria dal quale gli unici a stare lontano sono Stati Uniti e Gran Bretagna, almeno in maniera ufficiale. “Con i primi che stanno vivendo un rafforzamento del dollaro che fino a quando dovesse mantenere i valori di cambio sopra 1.0500 contro euro non dovrebbe preoccupare più di tanto, vista la ripresa della domanda aggregata interna e con i secondi che hanno “ufficializzato” il ruolo di follower della Fed, a livello di normalizzazione di politica monetaria cercando implicitamente di impedire dei rafforzamenti eccessivi del pound prima del 2016”, commenta Matteo Paganini, capo analista DailyFX.
La Cina è entrata di diritto nella guerra valutaria

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