La Commissione chiede il trasferimento nell'UE delle grandi controparti centrali

4624810382_b5b2604501_z
Davide M. D'Angelo, Flickr, Creative Commons

Di recente, la Commissione europea ha avanzato una nuova proposta nell’ambito dell’EMIR, il regolamento sui contratti derivati (OTC), le controparti centrali (CCP) e i repertori di dati sulle negoziazioni. L'obiettivo principale è aumentare il controllo delle CCP di Paesi terzi che per i loro volume presentino un rischio sistemico. Maggiore controllo e maggiori requisiti, dunque, per le CCP, e soprattutto la possibilità che la Commissione impedisca loro di prestare servizio nell’UE a meno che non si stabiliscano nel territorio.

Le reazioni dei media e società specializzate britanniche non si sono fatte attendere: “l’Europa vuole accaparrarsi il business della compensazione della City” è l'opinione comune. Al di là delle interpretazioni, nel comunicato stampa diffuso dalla Commissione per annunciare la proposta si legge che “le CCP rappresentano una parte del settore finanziario di crescente importanza e peso e il cui rischio sistemico è aumentato. Inoltre, l’uscita del Regno Unito dall’UE avrà effetti notevoli sulla regolamentazione e sul controllo della compensazione in Europa”.

La proposta della Commissione stabilisce un nuovo meccanismo di controllo all'interno dell'ESMA, battezzato ‘CCP Executive Session’, che si occuperà di monitorare che si vada verso una maggiore armonizzazione e coerenza nell’ambito della sorveglianza delle CCP all’interno dell’UE e di rafforzare il controllo delle controparti centrali di Paesi extra UE. Nello specifico, per queste ultime, tra le quali ci sarà anche il Regno Unito, la proposta della Commissione rende ancora più rigida la procedura già esistente di riconoscimento e controllo delle CCP, ovvero “per quelle che rivestono un’importanza sistemica decisiva per l’UE”. Se si guarda alle cifre, le società del Regno Unito (compreso il London Stock Exchange Group) muovono il 75% dei derivati sui tassi d’interesse denominati in euro.

La proposta della Commissione instaura un nuovo sistema a due livelli per la classificazione delle CCP: quelle che non hanno importanza sistemica, che potranno continuare a operare secondo il regime attuale di equivalenza previsto dall’EMIR e quelle che invece implicano un rischio sistemico (si chiameranno CCP di livello 2) che saranno soggette a regole più rigide. Praticamente, la CCP dovrà fornire all’ESMA tutte le informazioni necessarie e permettere visite di controllo da parte di quest’ultima. Allo stesso tempo, le Banche centrali dell’UE di riferimento dovranno confermare che una determinata entità rispetta “tutti i requisiti aggiuntivi” che la Banca in questione le ha imposto (si citano ad esempio i requisiti relativi alla disponibilità, il tipo di garanzie, la liquidità o segregazione …). Nonostante tutto, la proposta dell’UE segnala che “data la rilevanza delle loro attività, alcune CCP di Paesi terzi potrebbero avere una tale importanza sistemica da far apparire insufficienti tali requisiti per attenuare i rischi potenziali. In tal caso, la Commissione potrà, su richiesta dell’ESMA e d’accordo con la Banca centrale interessata, decidere se una CCP non potrà più prestare servizio all’interno dell’UE a meno che non si stabilisca in questo territorio”.

Attualmente ci sono 17 CCP con sede nell’UE, tutte autorizzate in virtù del regolamento EMIR a offrire servizi nell’UE, anche se non sono autorizzate a compensare tutte le categorie di asset. Allo stesso tempo, ci sono 28 CCP di Paesi extra UE che sono stati riconosciuti nel quadro dell’EMIR per poter prestare servizio nel territorio dell’UE, come spiega il comunicato stampa. Pochi giorni fa, la Futures Industry Association (FIA) ha inviato una lettera al commissario Dombrovskis nella quale sottolineava che il trasferimento forzato sarebbe la soluzione più dannosa e costosa di tutte quelle possibili per vigilare sulle CCP extra UE e inoltre non porterebbe a un maggior controllo dell’attività in questione.