I provider di ETF ne sono sicuri: quest'anno la MiFID II avrà un impatto più che positivo sulla gestione passiva nell’industria del risparmio gestito. Ecco cosa dicono a riguardo i principali esperti in Italia.
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I provider di ETF ne sono sicuri: quest’anno la MiFID II avrà un impatto positivo sulla gestione passiva nell’industria del risparmio gestito. Non che il 2017 per loro sia andato male: secondo gli ultimi dati hanno registrato una crescita molto forte in Europa. Thomson Reuters Lipper parla di un nuovo record di asset in gestione pari a circa 631 miliardi per gli ETF sul mercato azionario europeo.
A far la parte del leone è stata iShares, del gruppo BlackRock, con 295 miliardi. “Considerato il focus di MiFID II sui costi, gli ETF diverranno sempre più importanti mattoncini nella costruzione dei portafogli”, esordisce Emanuele Bellingeri, responsabile per l’Italia del colosso americano. “L’uso di ETF diminuisce il costo totale per l’investitore rispetto non solo ai fondi attivi, ma anche ai basket di titoli. È più efficiente comprare un ETF rispetto a un future: l’intermediario mantiene la stessa reddittività e, come sottostante, aumenta l’uso di ETF che limitano il costo totale del prodotto offerto per l’investitore finale”, continua l’esperto che prevede perciò una “sensibile accelerazione” dell’adozione di questi prodotti e si dice convinto che “l‘industria europea degli ETF abbia intrapreso una nuova fase di crescita”.
Di un cambio strutturale per il settore parla anche Francesco Branda, head of passive & ETF specialist sales Italy di UBS AM. “È molto difficile ad oggi prevedere tutte le possibili implicazioni. Come è successo per MiFID I c’è bisogno di un po’ di tempo per capire i reali impatti”, afferma. Sul mercato degli ETF “ci attendiamo un rafforzamento nel trend di crescita delle soluzioni e delle masse”, continua. “Non esiste una risposta assoluta, anche se però è innegabile la crescente attenzione verso la gestione passiva, che secondo le previsioni è destinata ad aumentare”.
Costi e trasparenza in primo piano
La mancanza di dati ha privato gli investitiori di un quadro preciso sui prezzi e la liquidità degli ETF in Europa. Questo ha certamente impedito a molti di utilizzarli. Per la prima volta, adesso, verranno pubblicati e divulgati previamente e posteriormente i dettagli delle transizioni realizzate nei centri di negoziazione di tutta Europa. Non una cosa da poco. Eppure l’attenzione al momento si è concentrata soprattutto sugli alti costi di commissioni, adesso limitati dalla nuova normativa. Visto che gli ETF non pagano commissioni ci si aspetta che traggano beneficio da MiFID II. Il Regno Unito o i Paesi Bassi d’altronde hanno già registrato una crescita di questi strumenti a fronte dei fondi comuni tradizionali. “Il tema dei costi è diventato ancora più centrale”, dice Marcello Chelli, referente per i Lyxor ETF in Italia. “Relativamente a un prodotto o servizio, nel momento in cui l’intermediario dovrà scegliere tra comprimere il proprio margine o abbattere il costo degli strumenti sottostanti, è plausibile che la scelta ricada su quest'ultima opzione. Secondo noi è proprio per tale ragione che sta aumentando significativamente l'interesse verso le soluzioni in ETF, qualunque sia la forma in cui esse sono declinate (gestioni patrimoniali, unit linked, fondi di fondi…)”.
L’idea è condivisa anche da Massimo Siano, head of Southern Europe per ETF Securities, tanto più che “gli ETC in Italia hanno una tassazione interessante per il settore del private banking in quanto sono solo ‘redditi diversi’”. Detto questo “gli ETF e gli ETC non sono la pietra filosofale del risparmio. Se un investitore privato non è competente nella diversificazione finanziaria per me è meglio che si affidi a dei professionisti o ai fondi attivi che monitorano il mercato ogni giorno”, dice l’esperto. Come a dire va bene puntare su costi minori, ma con un certo criterio di competenza e selezione.
Più ETF in circolazione
Se gli ETF presentano il vantaggio di offire un modo semplice e rapido per prendere una particolare esposizione su tutte le asset class, e a costo decisamente più conveniente, è anche chiaro che non tutti questi prodotti sono e saranno soluzioni adeguate. A spiegare meglio il concetto è Francesco Lomartire, responsabile di SPDR ETFs per l'Italia: “È evidente come l’attenzione ai costi e all’efficienza gestionale sia scelta obbligata per chi voglia offrire soluzioni ai propri investitori. Gli ETF non potranno essere in alcun modo trascurati in nessun ambito, sia come componente di prodotti a gestione professionale (fondi o gestioni) sia come oggetto di esplicito consiglio d’investimento nell’ambito dei nuovi rapporti di consulenza”, spiega. “Spero che il concetto di basso costo sia considerato in relativo rispetto ad altre soluzioni di investimento e che non sia l’unico piano su cui la competizione tra emittenti si intensifichi. L’industria per evolvere ha bisogno di rinnovarsi continuamente e l’innovazione richiede importanti investimenti, l’auspicio è che la domanda degli investitori si concentri sempre più su questo elemento”.
Non è da escludere infatti che prossimamente vedremo sempre più ETF in circolazione, prodotti di case d’asset management che vorranno entrare nel settore. Nella sede di Amundi SGR il dibattito è aperto già da tempo, giacchè stanno ricevendo un numero crescente di richieste da parte dei principali distributori che desiderano costruire gestioni patrimoniali con i loro prodotti. In Europa, gli ETF sono maggiormente utilizzati dal mercato istituzionale rispetto al retail, con la clientela istituzionale che rappresenta il 90% dei clienti complessivi. Eppure “negli ultimi anni, la clientela retail ha mostrato un crescente interesse per gli ETF poiché attratta dall’efficiente struttura di costo e dall'elevata trasparenza. Inoltre, la direttiva MiFID II dovrebbe potenziare lo sviluppo di soluzioni in ETF destinate alla clientela retail”, spiega Vincenzo Sagone, head of ETF della società. Secondo l’esperto questo implica una nuova ondata di soluzioni specializzate. “Poiché tale segmento ha esigenze diverse rispetto a quelle degli investitori istituzionali, è necessario sviluppare nuove soluzioni. Per rispondere alle esigenze di questa nuova clientela devono essere sviluppati nuovi strumenti di investimento come le soluzioni wrapped in ETF, principalmente da parte delle reti di distribuzione in collaborazione con gli emittenti di ETF. Prevediamo che la quota di clienti europei retail che utilizzano ETF crescerà nei prossimi anni, sia attraverso i roboadvisors, le banche online, le piattaforme, ecc”.
L’importante, come consiglia Siano, è capire di che prodotti parliamo: “Molti saranno inutili ma alcuni potrebbero essere davvero interessanti”, chiosa il manager. Per Nizam Hamid, ETF strategist di WisdomeTree Europe, comunque vada “gli ETF assorbiranno una quota crescente dei flussi provenienti dai fondi comuni d’investimento, incrementando così le masse in gestione”.