La lezione da imparare dal 2018

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Giorgio Fata

É innegabile che l’anno scorso quasi tutte le asset class abbiano sofferto, tanto in termini assoluti che verso benchmark. Se avessimo fatto l’esercizio di chiudere il 2018 a fine novembre, avremmo avuto un quadro d’insieme abbastanza differente come performance del mercato azionario americano ad esempio.

“In linea generale, si è trattato di un anno complesso e di difficile valutazione generale”, spiega Teodor Naoumov, responsabile quantitative di Pramerica SGR. “Ulteriore dose di complicazione discende da un’eccessiva concentrazione sulle stesse idee e temi di investimento da parte di determinati fondi manifestatasi l’anno scorso. Nell’ambito dello stock picking molti gestori con uno stile tradizionale hanno sofferto tanto quanto i gestori con un approccio quantitativo”.

Anche secondo Fabio Mori, fund selector di Eurizon Capital SGR, il 2018 è stato un anno molto particolare, più che difficile: “dovendo fare un bilancio a fine anno, se avessimo comprato un classico bilanciato (50-50 flat) sarebbe andato meglio rispetto a tante altre strategie più complesse”.

Giuseppe Patara, fund selector Credit-Suisse (Italia), è un po’ più positivo. “Qualcosa che è andato bene dall’inizio alla fine del 2018 è difficile da individuare, ma abbiamo avuto molte soddisfazioni sull’azionario emergente soprattutto nella seconda parte dell’anno. Anche sull’obbligazionario emergente, risolte delle situazioni di crisi idiosincratiche come in Turchia e Argentina, abbiamo ottenuti buoni risultati sia in valuta forte che locale nell’ultimo trimestre dell’anno”.

Possiamo contare sulle strategie alternative?

Moltissimi prodotti si sono schiantati l’anno scorso ed è stato molto difficile trovare fondi che si siano salvati.

“In questo contesto i fondi  long short credit  su quali abbiamo investito, hanno fatto il loro dovere”, commenta Michele de Michelis, fund selector di Frame AM. Noi possiamo utilizzare anche i professional funds perché abbiamo clientela professionale,  per esempio Icav irlandesi con liquidità settimanale. Per quanto riguarda il long short US pensavamo che il growth fosse già sopravvalutato a metà dell’anno e quindi abbiamo comprato prodotti che erano più esposti sul value che purtroppo hanno continuato a soffrire fino a metà dicembre, salvo poi dare importanti segnali di risveglio, ancora in corso”.

Riassumendo, possiamo dire che avere strategie complesse rende più articolata anche la comunicazione con i clienti finali; “cercare di spiegare strategie decorrelate, oppure gli alternative risk prime. Del resto, tutte le strategie Hedge sono costose e, nella maggior parte dei casi, portano con se’ un forte rischio di illiquidità”, conclude Mori.