La liquidità, focolaio della prossima crisi? Il caso H20 Asset Management

Bruno Crastes
Bruno Crastes, fondatore H2O AM

Le notizie che sono uscite in questi giorni sui fondi H20 AM uscite sono state il primo campanello dall’allarme per i regolatori e gli investitori su un potenziale corto circuito della liquidità nel sistema.

Gli operatori di mercato si stanno domandando, se questi episodi devono considerarsi solo casi isolati o potrebbero portare una correzione di mercato. Nella seconda delle ipotesi, saranno capaci di garantire un NAV giornaliero

Negli ultimi giorni, i fondi H20 AM hanno registrato riscatti netti per un importo pari a circa 6 miliardi di euro, secondo i dati riportati dalla società. Gli esborsi riguardano tre comparti molto famosi sul mercato italiano: H20 AllegroH20 Adagio y H20 Multibonds. La notizia ha avuto un forte riverbero soprattutto perché lo scorso anno i fondi sono riusciti a portare a casa dei rendimenti eccezionali rispetto al peer group, lasciando gli investitori molto incuriositi dalle capacità del gestore di saper leggere il mercato sempre nella maniera corretta.

Dieci giorni fa quindi, le notizie sui giornali hanno attirato subito l’attenzione. Dobbiamo quindi preoccuparci se siamo investiti in questi fondi? In realtà il problema è ben più ampio.

Non bisogna dimenticarci che ci troviamo in un contesto in cui le Banche centrali rimangono accomodanti e la FED si prepara nuovamente a tagliare i tassi. In questo momento la liquidità non rende e gli asset manager sono costretti a spostare i loro investimenti in attività un po` meno liquide per portare a casa rendimenti accettabili. Lo stanno facendo tutte le case di gestione e non solo H20 AM. 

Non dobbiamo dimenticarci che la società è riuscita a rispondere molto bene alla richiesta di riscatti, riuscendo a garantire una liquidabilità di circa 6 miliardi di euro dall’inizio dello scandalo. Bruno Crastes, co-fondatore e Ceo di H2O AM ha commentato più volte: “È stata una fuga irrazionale”. Crastes spiega che i titoli considerati illiquidi non erano altro che obbligazioni high yield di piccole aziende, senza rating che riguardano meno del 2% del portafoglio. A distanza di quasi dieci giorni dalla bufera pare che gli investitori si siano tranquillizzati e che, a detta di Crastes, stiano tornando ad investire nei tre fondi di H20 AM. 

Ciò non toglie che questo primo piccolo assaggio di illiquidità ha lasciato dell’amaro in bocca, e ha fatto riflettere gli investitori sui possibili rischi di un blackout. Speriamo di non farci cogliere impreparati.