La necessità delle pensioni complementari

Può sembrare ovvio, ma è opportuno rilevare che, in generale, i paesi in cui i sistemi pensionistici complementari sono più sviluppati sono quelli che presentano i livelli più bassi di pensioni pubbliche. Un altro dato certo è che, nell'ambito dell'OCSE, i sistemi si stanno evolvendo verso modelli molto più diversificati. Secondo questo organismo, in almeno due terzi dei paesi membri è necessario un complemento al sistema pubblico e nel terzo restante sono in corso riforme che lo renderanno necessario. Il livello di riferimento nell'OCSE corrisponde a pensioni pari ad almeno il 60% dell'ultima retribuzione percepita.

I paesi in cui i sistemi complementari sono facoltativi presentano livelli di copertura inferiori a quelli in cui la complementarità è obbligatoria o quasi obbligatoria. 

 

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Sistemi obbligatori

In Nuova Zelanda e in Germania, ad esempio, la copertura dei piani complementari è aumentata in seguito alle riforme che ne hanno reso l'estensione praticamente obbligatoria, nel primo caso dal 10 al 55% della forza lavoro e, nel secondo, da un quasi irrilevante 2,5% a oltre il 47%. I paesi dell'OCSE in cui sono presenti sistemi complementari obbligatori (come Australia, Finlandia, Islanda, Israele, Svezia o Svizzera) presentano una copertura globale superiore al 70% e quelli con sistemi quasi obbligatori, come la Danimarca, i Paesi Bassi o il Regno Unito, superiore al 60%. Al contrario, paesi come la Spagna raggiungono appena il 20%.

L'incremento della copertura della forza lavoro è una questione che può chiaramente essere risolta dagli Stati tramite misure di politica economica. La misura più efficace è senza dubbio l'adesione obbligatoria (i piani ATP e SP in Danimarca, Germania dal 2002, Paesi Bassi, Italia con il TFR, accumulo di capitale che si trasforma in pensione alla cessazione dell'attività lavorativa...). 

 

Sistemi quasi obbligatori

Accanto a questa misura, con risultati altrettanto positivi, figura la cosiddetta "soft-compulsion" mediante sistemi di autoadesione per cui al momento dell'assunzione i lavoratori sottoscrivono automaticamente il piano pensionistico dell'azienda e hanno, naturalmente, la possibilità di rinunciare all'adesione. Il Regno Unito, gli Stati Uniti, l'Italia, l'Irlanda, la Svezia o la Nuova Zelanda hanno adottato politiche di questo tipo.

Una delle misure più comuni consiste nell'accordare incentivi finanziari, principalmente fiscali. Il problema di questi sistemi è che generalmente non interessano i lavoratori con reddito medio e basso, per i quali l'effetto degli sgravi fiscali sulle dichiarazioni dei redditi e sul livello del reddito è limitato o nullo. Per questo motivo, una misura molto interessante è stata adottata in paesi come la Germania con la cosiddetta "riforma Riester". Lo Stato, invece di accordare detrazioni fiscali, o in aggiunta ad esse, versa direttamente sussidi alle persone il cui livello di reddito non consente il versamento di contributi a sistemi complementari. Nel quadro di questa riforma, il sussidio completo (154 euro all'anno per una persona celibe o nubile, 308 per una coppia e tra 185 e 300 per figlio) viene versato quando il cittadino contribuisce per almeno il 4% dello stipendio e, per le persone con reddito molto basso, se apporta un contributo di 60 euro all'anno.

Il dibattito sulle agevolazioni fiscali è aperto. In ogni caso non sembra plausibile prevedere la riduzione o l'eliminazione del credito d'imposta per il risparmio a lungo termine, dato che, per quanto la sua esistenza non sia una condizione sufficiente per lo sviluppo delle pensioni complementari, è comunque una condizione necessaria. Un'altra eventualità è che, se in effetti il modello tributario attuale non favorisce lo sviluppo di questi sistemi tra gli individui con reddito medio e basso, si preveda la coesistenza di agevolazioni fiscali e di sussidi diretti, secondo il modello tedesco. 

Il modello fiscale più frequente in Europa e in numerosi paesi dell'OCSE è comunque il cosiddetto EET (che comporta la defiscalizzazione dei contributi e dei rendimenti, ma la tassazione delle rendite percepite grazie al piano). 

Inoltre, i sistemi complementari devono essere semplici, trasparenti e poco onerosi. L'eccessiva complessità dell'implementazione di piani pensionistici può risultare decisamente dissuasiva, in particolar modo per le PMI. Gli Stati Uniti hanno adottato il piano Simplified Employee Pension (SEP) e il Canada il Pooled Registered Pension Plan (PRPP) come formula di facile accesso a fondi pensionistici collettivi per le imprese. I noti piani pensionistici 401(k) statunitensi sono un chiaro esempio di questa concezione. 

 

Commissioni

Le commissioni di questi sistemi più semplici sono meno onerose, come previsto nell'ambito del NEST, il nuovo sistema britannico di pensioni complementari secondo il modello dell'autoadesione. Non si deve trascurare il fatto che, a lungo termine, una commissione dell'1% può comportare una riduzione della pensione finale pari a quasi il 40%.