La tassa sulle transazioni finanziarie è di nuovo nell'agenda europea

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foto: autor European Parliament, Flickr, creative commons

La tassa sulle transazioni finanziarie torna ad essere notizia. Anche se l'attualità greca è stata al centro della riunione dell'Eurogruppo tenutasi lo scorso lunedi a Bruxelles, i ministri dell'Economia e delle Finanze degli undici paesi che sostengono la tassazione delle transazioni finanziarie all'interno dell'Unione Europea, tra cui l'Italia, avevano in agenda di rilancaire la proposta, in modo che possa entrare in vigore nel 2016. All'inizio di gennaio, il presidente francese François Hollande, ha ripreso i negoziati ed ha proposto di ampliare la base imponibile della tassa per includere derivati, oltre ad azioni, ma applicando tassi molto bassi per evitare delocalizzazioni, uno dei rischi principali che presenta questa misura per i paesi che lo appoggiano. La nuova proposta, che ha anche il sostegno dell' Austria, lascerebbe fuori dal campo di applicazione della tassa di titoli obbligazioanri, un punto particolarmente controverso perché potrebbe creare problemi di liquidità nel mercato del debito sovrano.

L'opposizione di BusinessEurope

Da parte sua, l'associazione degli imprenditori europei BusinessEurope ha inviato venerdì scorso una lettera ai ministri della UE per chiedere loro di rinunciare ad applicare una tassa sulle transazioni finanziarie che "rischia di minare la strategia di investimento EU". Nella lettera, che è stata inviata anche al presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ed ai responsabili degli affari economici, Jyrki Katainen e Pierre Moscovici, gli imprenditori sostengono che la tassa "aumenterà il costo di ottenere finanziamenti per gli investimenti in UE a causa dei maggiori costi di transazione e minore liquidità del mercato delle obbligazioni societarie e dei capitali ".

L'iniziativa avrà un "impatto sproporzionato sulle PMI" e "potrebbe distorcere il mercato unico", perché vi partecipano solo undici paesi. Gli imprenditori si sono dichiarati particolarmente preoccupati per la possibilità che la tassa gravi sulle società che utilizzano derivati per coprire i rischi delle fluttuazioni del prezzo del petrolio o il valore dell'euro e segnalano che i fondi pensione finiranno per assumere una grande percentuale del costo della tassa. "Data la chiara evidenza del potenziale pericolo di una tassa sulle transazioni finanziarie per gli investimenti, la crescita e l'occupazione, vi invitiamo a ritirare la proposta," conclude la lettera.