Un'analisi a cura del Public Fixed Income team di M&G Investments mette in luce alcuni elementi critici per i prossimi mesi come duration, inflazione, tassi reali e curva dei rendimenti.
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Il 2023 si conferma, anche sullo scadere di anno, piuttosto complicato per investitori e addetti ai lavori. "Se ci concentriamo sui mercati, l’effetto dell’aumento dei costi di finanziamento in seguito all’aggressivo inasprimento della politica monetaria da parte delle banche centrali non ci ha fatto mancare i grafici più spaventosi", spiegano dal Public Fixed Income team di M&G Investments.
Con la ripresa della domanda a seguito dei lockdown e con l’eccesso di denaro nell’economia a seguito delle politiche di stimolo monetario e fiscale di quel periodo, l’inflazione è tornata a salire negli ultimi anni. "Con il riprezzamento delle attese di inflazione da parte dei mercati e l’aggressivo aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, gli investitori in obbligazioni a più lunga scadenza si sono ricordati che la duration può fare paura", dicono.
Secondo gli esperti, le obbligazioni con una duration più elevata espongono gli investitori più a lungo al rischio che l’inflazione eroda il valore reale del loro investimento, motivo per cui questi titoli tendono a soffrire in tali contesti. "Questo grafico mette in prospettiva i movimenti dei titoli obbligazionari dopo la pandemia: il calo totale dei Treasury USA a lunga scadenza supera ora il crollo del mercato azionario dal picco al punto più basso registrato durante la crisi finanziaria globale", proseguono.
"Lo Zio Sam ha un grosso conto da pagare. L’insieme di prestiti consistenti durante la pandemia e l’aumento dei tassi di interesse hanno fatto sì che i pagamenti degli interessi sul debito siano aumentati rapidamente per il governo americano", sottolineano i professionisti di M&G. Il pagamento annuale degli interessi sembra destinato a raggiungere presto i mille miliardi di dollari e probabilmente ad aumentare ulteriormente, dato che il debito in scadenza dovrà essere rifinanziato a tassi più elevati. "In realtà, il totale degli interessi pagati dagli Stati Uniti ha raggiunto lo stesso livello del debito totale del 1980", ammettono.
A detta degli esperti, c’è il rischio che l’aumento dell’offerta di Treasury e la maggiore leva finanziaria spaventino gli investitori: forse il recente declassamento di rating degli Stati Uniti da parte di Fitch non sarà l’ultimo. "Sebbene l’insolvenza sia altamente inverosimile, è probabile che l’aumento del rischio dei Treasury statunitensi si manifesti soprattutto nella parte lunga della curva, in quanto gli operatori di mercato richiedono un premio a scadenza più elevato", commentano.
Come noto, l’inversione della curva dei Treasury statunitensi è un segnale che indica l’arrivo di una recessione. "Per molti decenni, nei mesi successivi all’inversione è sempre seguita una recessione. Una curva dei rendimenti invertita si riferisce alla situazione in cui i rendimenti a breve termine sono più alti di quelli a lungo termine, indicando che gli investitori si stanno riposizionando su obbligazioni a più lunga scadenza e rivelano il pessimismo del mercato sulle prospettive economiche a breve termine", puntualizzano.
Secondo gli esperti, da un’analisi più attenta del grafico sopra si può evincere che è proprio quando la curva inizia a salire di nuovo dopo un’inversione che di solito si verifica la recessione. Con la curva 2s10s (rendimento a 10 anni meno rendimento a 2 anni) che ha appena iniziato a risalire, ci si chiede se la mezzanotte sia quasi arrivata?
Sono passati quasi 18 mesi dall’inizio dei cicli di rialzo da parte della maggior parte delle banche centrali. Ciononostante, a detta degli esperti di M&G, le valutazioni del credito sono rimaste stabili, anche nell’ambito delle obbligazioni ad alto rendimento. "Lo spread (corretto per le opzioni) dell’indice Global High Yield è ora sceso sul minimo di 400 punti base, cioè molto vicino ai livelli più bassi toccati nel corso della crisi finanziaria globale", dicono.
Senza dubbio gli spread del credito high yield sono stati sostenuti finora dalla domanda degli investitori alla ricerca di rendimento, ma anche da un’offerta inferiore di obbligazioni ad alto rendimento: "gli emittenti high yield si sono astenuti dal rifinanziarsi, ove possibile, alla luce dei maggiori costi per farlo", proseguono.
Tuttavia, poiché molte società hanno rimandato il rifinanziamento da tempo, le scadenze si stanno avvicinando: quasi il 10% degli emittenti ad alto rendimento è a rischio di rifinanziamento nei prossimi due anni. "È probabile che questo diventi il più grande sforzo di rifinanziamento per gli emittenti HY dai tempi della crisi finanziaria globale", dicono.
Si guardi ora all'inflazione, che, di solito, si presenta a ondate. "Forse perché l’inflazione tende a causare problemi che i governi e le banche centrali cercano di risolvere con politiche espansive", commentano da M&G.
Guardando a ritroso nella linea del tempo, negli anni ‘70 si sono verificate due grandi ondate inflazionistiche prima che l’allora presidente della Fed Volker riuscisse finalmente a invertire la situazione. "Con dinamiche inflazionistiche simili a quelle viste negli anni ‘70, c’è il rischio che l’inflazione torni a farsi sentire", spiegano.
Per concludere, come detto prima, il rischio di recessione è in aumento. "Uno degli indicatori chiave che seguiamo è il tasso reale, che nel grafico sopra abbiamo definito come il tasso della banca centrale meno l’inflazione di base. Negli Stati Uniti, un tasso reale superiore al 3% è tradizionalmente stato un indicatore di recessione", ammettono.
I tassi reali sono aumentati significativamente negli ultimi mesi e, in seguito all’inasprimento della politica monetaria da parte delle banche centrali, si trovano ora in territorio positivo. "Anno su anno, i tassi reali si stanno avvicinando al 2 per cento. Tuttavia, se si considerano le dinamiche inflazionistiche più recenti, i tassi reali hanno appena superato la soglia del 3 per cento", chiosano.