MiFID II, opportunità o minaccia?

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Il 3 gennaio 2018 è entrata in vigore la MiFID II, la nuova normativa che disciplina i mercati finanziari che riguarderà 31 Paesi dell’area economica europea (28 Paesi Ue più Islanda, Liechtenstein, e Norvegia) per assicurare una maggiore tutela degli investitori. Ma per chi sarà un’opportunità e per chi una minaccia? Lo abbiamo chiesto agli avvocati di alcuni studi legali e società di consulenza. 

“Il primo impatto sarà sui costi per la consulenza per la realizzazione delle policy, ad esempio riguardanti il product management e la gestione dei conflitti di interesse”, spiega l’avvocato Antonio Ferrari dello Studio Legale e Compliance. I costi graveranno maggiormente sulle case di gestione con una struttura più piccola e con una dimensione nazionale. L’aumento dei costi operativi si ripercuoterà nei confronti della clientela, anche se a vantaggio di una maggiore trasparenza rispetto a quanto avveniva in precedenza.

Gli effetti della normativa però si vedranno nel lungo periodo. Gli operatori con migliori strutture, tecnologie all’avanguardia e che puntano sull’innovazione partiranno avvantaggiati nella gestione degli adempimenti e nell’ottimizzazione dei costi. “Certo è che i maggiori e più complessi adempimenti e restrizioni previsti dal nuovo impianto normativo, con ciò che ne deriverà anche in termini di costi e ricavi, rappresentano una grande sfida per gli intermediari, molti dei quali sono chiamati a rivedere i propri modelli e strategie di business”, commenta l’avvocato Juliana de Andrade, Eversheds Sutherland. “Le opportunità a mio avviso ci saranno sempre, una novità normativa porta sempre a delle migliorie sotto il profilo pratico”, rassicura Antonio Ferrari. “Bisogna dire che MiFID è già un contesto consolidato e gli operatori conoscono già le difficoltà di gestione della normativa”.

Le ultime riforme che si sono succedute nel mercato bancario e finanziario hanno introdotto regole non sempre del tutto coerenti tra di loro: la MiFID II introduce ulteriori obblighi di documentazione informativa dettagliata e di rendicontazione nei confronti dei propri clienti. Al contrario, si cerca anche di snellire i documenti in modo ridurre l’appesantimento, come ad esempio le nuove norme in materia di offerta al pubblico di strumenti finanziari. “Matrice comunque comune della nuova normativa è il sempre marcato onere per emittenti ed offrenti di rispettare il duplice dovere di “know your product and know your client”, precisa l’avvocato Emanuele Grippo dello studio legale Gianni, Origoni, Cappelli & Partners. “La MiFID II introduce diverse novità, che rischiano di rendere meno flessibile il quadro normativo e regolamentare: come ad esempio la forma scritta per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento per clienti professionali.”

Ci sarà più spazio per la consulenza indipendente?

“Penso che la consulenza indipendente avrà maggiori opportunità in Italia”, commenta Antonio Ferrari. Al momento, in Italia c’è un rapporto di 1.400 consulenti indipendenti contro 22.000 dipendenti, ma molti operatori ritengono che nei prossimi anni ci sarà un progressivo allineamento nei numeri. Secondo l’avvocato Grippo bisogna considerare che, “ci vorrà del tempo prima che gli investitori italiani, quantomeno quelli meno sofisticati, siano disposti a pagare delle commissioni per la consulenza.

La retail distribution review in Inghilterra

In Inghilterra, già da tempo era stata introdotta la RDR (retail distribution review), “in forza della quale gli intermediari sono tenuti a specificare ai clienti, in via preventiva, se operano come advisor indipendenti”, puntualizza Grippo. Con l’introduzione di questa normativa si sono viste delle anticipazioni sul mercato inglese dei possibili effetti della MiFID II; la normativa ha infatti determinato la fine della consulenza finanziaria per la clientela di basso profilo che non può permettersi il pagamento della prestazione. Secondo Ferrari, anche in Italia “si svilupperanno nuovi sistemi o strutture di collocamento alternative, digitali, in concorrenza alle attuali modalità distributive”. Anche secondo l’avvocato De Andrade “per quanto riguarda il modello di consulenza su base indipendente, lo vedrei per il momento più spostato sui segmenti di clientela a maggiore patrimonializzazione”.