L’edizione 2019 della Morningstar Investment Conference si è aperta con un appello ai rappresentanti dell’industria affinché venga posta maggiore attenzione al tema dei 'costi nascosti'.
Anche se non sempre viene menzionata, la trasparenza rimane l’elemento fondamentale ai fini di una buona investment practice la cui azione è solitamente irta di ostacoli, commissioni nascoste e incentivi che rendono gli interessi del settore opaco e a volte preponderanti rispetto agli interessi degli investitori. L’edizione 2019 della Morningstar Investment Conference si è aperta con un appello ai rappresentanti dell’industria affinchè venga posta maggiore attenzione al tema dei “costi nascosti”, perché anche se le commissioni per le gestioni patrimoniali stanno diminuendo, la spesa totale per gli investitori finali resta ostinatamente alta poichè resistono commissioni poco conosciute talvolta inserite in categorie fantasiose come, ad esempio, le cosiddette "commissioni di piattaforma".
Davide Pelusi, amministratore delegato South EMEA di Morningstar spiega che la trasparenza crea oggi nuove opportunità e responsabilità per chi persegue l’obiettivo di una consulenza personalizzata. “Non paghiamo o addebitiamo mai commissioni di retrocessione, poiché tali commissioni non sono necessarie per il successo degli investitori. Recentemente un broker ci ha detto che avremmo dovuto applicare una commissione che non sarebbe stata divulgata agli investitori finali se avessimo voluto inserire i nostri nuovi fondi nella loro piattaforma. Abbiamo detto di no. Semplicemente non partecipiamo a nulla in cui l'investitore non abbia una chiarezza cristallina.”
Alcune delle direttrici lungo le quali si muovono case di gestione e prodotti sottostanti riguardano sostanzialmente la compressione delle commissioni, indici alternativi, soluzioni di investimento, private equity e investimenti sostenibili. Morningstar, tra i principali fornitori mondiali di indici, ha iniziato già da tempo a ripensare il proprio modello commissionale applicato agli indici, che ha implementato attraverso il Morningstar Open Indexes Project. Riconoscendo che gli indici rappresentano un costo significativo che va ad impattare sui rendimenti dei fondi, Morningstar ha di fatto azzerato le fee e le licenze su 100 global equity index per l’utilizzo dei fondi come benchmark.
Indipendenza dei partner
Poiché il settore si consolida e le linee si confondono in modo imprevedibile, è molto importante disporre di partner indipendenti per proteggere la propria credibilità. Questo vale soprattutto per quanto riguarda la trasparenza nella ricerca che, se condotta correttamente, dovrebbe assegnare classificazioni e rating in modo rigoroso e semplice. Una trasparenza che non è fine a se stessa ma permette il controllo e produce risultati più forti.
“Il gap tra gestioni attive e indicizzate non è mai stato maggiore” ha sottolineato nella sua presentazione Dan Lefkovitz, strategist sugli Indici di Morningstar. “Invece di focalizzare le valutazioni solo sui concetti più evidenti come value o growth, nella Equity Research tendiamo a utilizzare il concetto di MOAT, consapevoli che alcune società possiedono caratteristiche competitive che le rendono indiscutibilmente vincenti anche nel lungo termine. Una volta individuate questi titoli, tuttavia, andrebbero inseriti in portafoglio solo se trattano ad un prezzo di sconto (Price to fair value) e non basandoci semplicemente sul parametro del Price Earning.”