Gli investitori che cercano di allocare fondi in obbligazioni del mercato sviluppato prendono spesso in considerazione opportunità in Europa e negli Stati Uniti. Contenuto sponsorizzato da Franklin Templeton.
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CONTRIBUTO a cura di David Zahn, head of European Fixed Income, Franklin Templeton Fixed Income e Angelo Formiggini, economist, research analyst, Fixed Income, Franklin Templeton. Contenuto sponsorizzato da Franklin Templeton.
Europa, l’Unione Europea (UE), anche l’eurozona: la vicinanza geografica, gli stretti legami politici e la struttura di una politica monetaria comune celano un livello elevato di differenziazione. Ogni paese stabilisce autonomamente la propria politica fiscale e detiene i propri mercati di obbligazioni governative. La presenza di diverse curve dei rendimenti, dove certi titoli vengono negoziati a premio rispetto ad altri, crea potenziali opportunità per gli investitori obbligazionari. Lo illustrano bene le Figure 1 e 2 (alla pagina seguente), che mostrano i livelli di spread per un campione di obbligazioni sovrane decennali, e il modo in cui hanno reagito a contesti di mercati diversi. Un esempio è la crisi del debito sovrano dell’eurozona, quando gli spread sovrani si sono ampliati notevolmente prima del famoso discorso nel quale il Presidente della Banca centrale europea (BCE) Mario Draghi ha pronunciato il famoso “whatever it takes”, sopendo i timori di frammentazione e cementando l’impegno della BCE a intervenire in periodi di elevato stress nei mercati sovrani. La politica monetaria della BCE e il suo impegno ad assicurare un meccanismo di trasmissione fluido tra tutti gli stati membri rimangono pilastri fondamentali per gli investitori obbligazionari europei.
La divergenza di spread e valutazioni fra le curve dei rendimenti sovrani presentano opportunità allettanti rispetto ad altri mercati quali gli Stati Uniti, dove vi è un unico mercato per i titoli del Tesoro.


Vi sono anche differenze più fondamentali; ciascuno dei vari paesi ha una propria economia, che reagisce diversamente alle varie fasi del ciclo economico. Più in generale, nell’eurozona tendenzialmente la crescita è stata inferiore e l’inflazione più bassa rispetto agli Stati Uniti, considerando che livelli più bassi di produttività, mercati del lavoro e istituzioni relativamente più rigidi assieme a tendenze demografiche più sfavorevoli hanno limitato il suo potenziale di crescita. Vi è stata una disparità notevole, particolarmente evidente dopo la crisi del COVID-19, quando il rimbalzo dell’economia europea è stato molto più contenuto. Negli Stati Uniti, la risposta della politica fiscale ha portato a consumi molto più elevati, mentre lo shock ai prezzi energetici causato dalla guerra tra Russia e Ucraina ha soffocato ulteriormente la ripresa nell’eurozona, che dipende fortemente dell’energia, spingendo al ribasso i redditi reali.
In effetti sebbene l’eccesso di inflazione complessiva sia stato simile, nell’eurozona l’inflazione core è aumentata cumulativamente molto meno, considerando che gli aumenti dei prezzi sono stati in gran parte imputabiil a componenti dell’energia (importata), in netto contrasto con gli Stati Uniti. Le Figure 3 e 4 qui di seguito mostrano i trend dell’inflazione e la crescita in un periodo più lungo per l’area euro e gli Stati Uniti.


Fonti: BLS, BCE, Macrobond. Analisi a cura di Franklin Templeton Fixed Income Research. Al 9 maggio 2024. *Per gli Stati Uniti, è mostrato
il Consumer Price Index (CPI); per l’eurozona, l’Harmonised Index of Consumer Prices (HICP).
A fronte di questo contesto, la BCE imposta una politica monetaria per l’intera unione monetaria, tenendo conto dei diversi stati membri, ognuno dei quali con una propria politica fiscale. Analogamente alle azioni intraprese dalla Federal Reserve (Fed) statunitense, la BCE può reagire a situazioni di crisi, come la già menzionata crisi del debito sovrano e la pandemia, con iniezioni di liquidità destinate a rafforzare il funzionamento dei mercati e alleviare le condizioni finanziarie. Un valido esempio a tale proposito è Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP, Figura 6). Lanciato a marzo 2020, il PEPP ha condotto acquisti per 1,67 trilioni di euro da parte della BCE di titoli prevalentemente del settore pubblico (incluso il debito governativo greco), e introducendo l’opzione di scostarsi dalle quote capitale rappresentative all’interno della BCE 1 allo scopo di prevenire turbolenze nei mercati dei paesi più vulnerabili. Inoltre con la sospensione del quantitative easing nel 2022 è stato annunciato lo Strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (TPI), che può essere considerato uno strumento a sostegno dei singoli mercati di obbligazioni sovrane nell’evenienza di una fragilità non giustificata. Un confronto tra i bilanci delle banche centrali (Figura 5) illustra il forte grado di coinvolgimento della BCE nei mercati finanziari nel perseguimento del suo obiettivo di salvaguardare la stabilità monetaria.


La profondità e l’ampiezza del mercato obbligazionario europeo significa che non solo offre opportunità allettanti per la diversificazione, ma è anche un luogo interessante dove poter creare alpha. La ricerca può avvenire tramite allocazioni settoriali o per paesi, durata e posizionamento sulla curva del rendimento, oltre a selezione dei titoli, nonché esposizione alle valute Europee e ai mercati locali. È qui che, a nostro giudizio, un approccio all’investimento libero da vincoli può ripagare.
Obbligazioni societarie europee
Il settore delle obbligazioni societarie europee è altrettanto differenziato e diversificato quanto il mercato delle obbligazioni sovrane, consentendo una selezione attiva dei titoli che include considerazioni standard, come i fondamentali aziendali e il contesto macroeconomico nonché della politica monetaria (che tuttavia deve essere considerata a livello non solo di paese bensì anche regionale), oltre ad altri aspetti legati ai cambi.
Per quanto riguarda le caratteristiche generali che complementano la costruzione di un portafoglio difensivo, in grado di sostenere periodi di maggiore volatilità del mercato, il mercato di obbligazioni societarie europee ha una durata molto più breve rispetto a quello statunitense. La Figura 7 alla pagina seguente illustra la differenza tra la duration modificata dei mercati di obbligazioni societarie statunitensi ed europee, dove la duration modificata per le obbligazioni societarie investment grade (IG) europee è 2,4 anni più breve rispetto a quelle statunitensi corrispondenti. Con un’analisi più dettagliata, quasi il 60% del debito societario IG europeo ha una scadenza compresa tra uno e cinque anni, rispetto a meno del 40% per le obbligazioni IG statunitensi. Solo il 7% dei titoli IG europei ha una scadenza a 10 o più anni, rispetto al 33% delle obbligazioni IG statunitensi2. Un’altra caratteristica più difensiva del debito societario IG europeo rispetto alla controparte statunitense è che il primo è gestito in modo più conservativo. Dopo aver superato le ripercussioni della crisi finanziaria globale e poi la crisi del debito sovrano dell’UE, le società europee hanno dato la priorità alla riduzione della leva finanziaria. Facendo frutto della dura lezione subita, i management team in Europa hanno reagito rapidamente ai cambiamenti dei cicli di mercato, restando pronti a reagire prima che le condizioni economiche possano peggiorare.

Il risultato di questa lungimiranza è un mercato di ottima qualità, con solidi fondamentali creditizi. I rendimenti elevati offerti attualmente hanno attirato l’interesse degli investitori, e dall’inizio dell’anno si sono registrati robusti influssi positivi nei fondi. Le valutazioni delle obbligazioni societarie IG europee restano relativamente interessanti rispetto all’IG statunitense, anche se secondo noi le negoziazioni dovrebbero essere meglio allineate reciprocamente. La Figura 8 alla pagina seguente mostra lo spread per ogni anno di duration in entrambi questi settori, dimostrando quanto sia allettante il mercato delle obbligazioni societarie europeo (ossia spread rettificati per le opzioni maggiori e duration minore). Molti dei nostri portafogli mantengono una leggera preferenza per il settore dei titoli finanziari nell’IG europeo, dove vediamo un potenziale di compressione dello spread nei prossimi mesi. Il mercato continua a mostrare segni di forza, con bassi livelli di prestiti in sofferenza, rapporti robusti di liquidità e livelli storici elevati di capitale e redditività.
Possiamo presumere di avere raggiunto il picco del ciclo del credito, ma la normalizzazione successiva dovrebbe essere piuttosto graduale, e prevediamo pertanto rating creditizi generalmente stabili nell’anno prossimo e oltre. Per fare qualche confronto con gli Stati Uniti, è importante ricordare che l’economia europea fa molto più affidamento sui prestiti bancari. In Europa le banche forniscono circa il 75% del corporate financing: più del triplo di quanto si veda dall’altra parte dell’Atlantico. Di conseguenza, la salute del sistema bancario e la disponibilità di credito bancario in Europa hanno una forte influenza sul contesto macroeconomico più ampio. Inoltre il panorama bancario europeo è molto più eterogeneo rispetto agli Stati Uniti, con differenze regionali importanti. Ciò crea opportunità per i nostri gestori per esprimere le loro view su singole parti della struttura di capitale e banche specifiche in cerca di alpha, oltre che per sostenere la diversificazione del portafoglio.
Perché adesso?
Dopo la serie senza precedenti di dieci rialzi consecutivi del tasso di riferimento della BCE, la crescita economica ha rallentato, la disinflazione avanza come sperato e abbiamo assistito all’inizio di un ciclo di allentamento. La BCE ha tagliato tassi in giugno, muovendosi prima della Fed diversamente da quanto accaduto in precedenza, e ci aspettiamo che continuerà a farlo in modo graduale ad ogni trimestre. Il differenziale di crescita/inflazione di cui abbiamo parlato significherà che la BCE taglierà cumulativamente di più rispetto alla Fed, fino ad un livello più basso del cosiddetto “tasso neutrale”, che è intorno al 2%.
Di conseguenza i cali dei rendimenti rimangono un un fattore favorevole per l’obbligazionario europeo. Secondo noi adesso è il momento di assicurarsi rendimenti storicamente elevati, e i mercati obbligazionari europei offrono molte opportunità allettanti.
Fonti e note
- La quota capitale rispecchia la quota di popolazione totale e PIL per ogni stato membro dell’UE.
- Fonte: Bloomberg Barclays. Al 24 aprile 2024.