Candriam: la Banca Centrale Europea tra inflazione e frammentazione

CONTRIBUTO a cura di Florence Pisani, global head of Economic Research, Candriam. Contenuto sponsorizzato

Lo scorso 9 giugno ad Amsterdam la Bce ha confermato di voler rispettare la sequenza promessa dalla Presidente Cristine Lagarde: mettere fine agli acquisti di asset prima di alzare i tassi. L’ostinazione della Bce a non deviare dalla linea tracciata ormai molti mesi fa può essere irritante: con un’inflazione totale superiore all’8% lasciare i tassi di deposito marginale a -0,5% è sempre più difficile da giustificare. Alzare i tassi a giugno o a luglio non farà una grande differenza: con i mercati obbligazionari che già a metà giugno anticipano un rialzo dei tassi di 175 punti base fino alla fine dell’anno, le condizioni finanziarie si sono, infatti, già notevolmente inasprite.

Inflazione elevata combinata a crescita fragile

Oggi la Bce si trova in una situazione tutt’altro che semplice, poiché deve affrontare un’inflazione elevata sapendo che la crescita è fragile.

L'impennata dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari grava pesantemente sul potere d'acquisto e sui consumi delle famiglie più povere: solo quelle più agiate possono sperare di attutire l'erosione del reddito reale attingendo ai propri risparmi, in particolare quelli accumulati durante la pandemia.

Se assumiamo, per fissare le idee, una distribuzione del reddito nella zona euro simile a quella francese (dove la percentuale di famiglie che guadagnano meno si attesta al 30%), e il risparmio in eccesso concentrato nelle mani di chi guadagna di più, i consumi reali non potranno tornare al livello di fine 2019 fino a... fine 2023.

Sicuramente i governi hanno adottato delle misure per attutire gli effetti dell’aumento dei prezzi, ma con il potere d’acquisto ridotto del 5% a causa dell’inflazione, i consumi di chi guadagna meno rischiano di indebolirsi pericolosamente.

Senza un sostegno fiscale più mirato alle famiglie più vulnerabili, la crescita rischia di soffocare e la posizione della banca centrale diventerà ancora più delicata.

Per evitare che la zona euro debba affrontare delle turbolenze è necessaria una ripartizione dei compiti tra politica di bilancio e politica monetaria: i governi devono prevenire un crollo dell'attività, la Bce deve riuscire a convincere i mercati che non lascerà andare l’inflazione fuori controllo.

Evitare la “frammentazione finanziaria

Al test di credibilità con cui si devono confrontare la maggior parte delle banche centrali se ne aggiunge un altro, proprio della Bce. Se l’inflazione continua a sorprendere al rialzo, la banca centrale potrà accelerare senza che l'inasprimento della sua politica aumenti la "frammentazione finanziaria" della zona: i tassi di interesse a cui gli Stati più indebitati prendono a prestito, quelli dell'Italia in particolare, non dovrebbero alzarsi eccessivamente. È la che si gioca la riuscita della “strategia di uscita” della Bce. Lo ha ricordato già il 31 maggio il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco: “Bisognerà (…) prevenire il manifestarsi di una frammentazione del mercato che non sarebbe giustificata da fondamentali economici”.

Interventi verbali che lascino intendere che la banca centrale non lascerà che un allargamento degli spread sovrani comprometta la "normale" trasmissione della sua politica potrebbero, per un certo periodo, essere sufficienti. Sia la dichiarazione di Isabel Schnabel, che ricordava che l'impegno a preservare l'euro “non ha limiti”, sia la riunione di emergenza del Consiglio di politica monetaria del 15 giugno sono i più recenti esempi.

L'incompleto e maldestro comunicato diffuso al termine dell’incontro potrebbe, tuttavia, spingere i mercati a "testare" molto rapidamente la determinazione della Bce: precisando che il Consiglio direttivo chiederebbe ai comitati preposti "di accelerare il completamento della progettazione di un nuovo strumento anti-frammentazione che sarà sottoposto all'esame del Consiglio direttivo", la BCE riconosce implicitamente che tracciare i contorni di tale strumento non è semplice.

Vanno rispettati alcuni principi “primari”: gli acquisti di titoli non devono contravvenire al divieto di finanziamento monetario (la Bce non può impegnarsi a intervenire in ogni circostanza per impedire un allargamento degli spread sovrani) e devono rimanere “proporzionati”.

Questi principi sono abbastanza vaghi da consentire alla banca centrale di progettare uno strumento che li soddisfi. Meno certo, invece, che possa emergere un nuovo strumento “anti-frammentazione” totalmente privo di condizionalità. La negoziazione di questi “dettagli” tecnici sarà probabilmente più difficile del raggiungimento di un accordo sulla necessità di preservare una trasmissione omogenea della politica monetaria. Per la Banca Centrale è comunque urgente convincere i mercati del fatto che non permetterà agli spread di allargarsi "troppo" senza reagire...