Come stanno i fondi pensione aperti?

Il decennale dell’entrata in vigore del D. Lgs 252/2005, che ha avviato un processo di progressivo avvicinamento tra le forme pensionistiche ad adesione individuale e quelle ad adesione collettiva per rendere il mercato più competitivo ed efficiente, offre lo spunto per qualche riflessione sul mercato delle forme individuali, in particolar modo dei fondi pensione aperti (FPA).  

Si tratta di schemi di previdenza complementare che possono essere istituiti da banche, SGR, SIM e assicurazioni e consentono l’adesione sia su base individuale sia su base collettiva in presenza di accordi tra lavoratori e datore di lavoro.

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Gli iscritti ai FPA rappresentano circa il 16% del totale degli aderenti alla previdenza complementare. Nel 2016 si conferma la dinamica di crescita già registrata negli anni precedenti: alla fine dell’anno gli aderenti ai FPA risultano pari a 1.25 milioni (+9,5% rispetto al 2015), di cui il 17% tramite adesioni collettive (tale percentuale fa riferimento a fine 2015). 

ISC MEDI A 10 ANNI PER TIPO DI COMPARTO
Fonte: Indicatori sintetici dei costi - valori aggregati 2016 (Covip).

  Fpc Fpa Pip
Comparti Garantiti 0,48 1,21 1,87
Comparti Obbligazionari 0,35 1,09 1,98
Comparti Bilanciati 0,35 1,43 2,27
Comparti Azionari 0,4 1,72 2,71

 

I dati più recenti sulle scelte di investimento (2015) mostrano che la maggior parte degli iscritti (35%) ha optato per comparti di natura bilanciata (azioni con peso superiore al 30% e inferiore al 50%), seguono i comparti garantiti (29%), azionari (22%) e obbligazionari (14%). L’evoluzione storica della composizione degli iscritti continua a registrare una progressiva riduzione delle adesioni ai comparti azionari (maggioritarie nei primi anni di collocamento) a favore dei comparti garantiti.

A fine 2015 le forme in essere erano circa 50, in riduzione di 6 unità rispetto all’anno precedente a seguito della razionalizzazione dell’offerta di due imprese di assicurazione. A causa della fusione per incorporazione dei fondi istituiti da altre due imprese assicurative, nel 2016, il numero dei FPA si è ulteriormente ridotto a 44 unità. Tra gli istitutori di tali forme complementari la fanno da padrone le società di assicurazione (28), seguono le SGR (9) e le banche (1), al momento non sono presenti nel mercato fondi aperti istituiti da SIM. La riduzione del numero dei soggetti istitutori presenti sul mercato (da 41 nel 2014 a 38 nel 2015) è legata ad operazioni societarie infragruppo di tre compagnie che hanno ceduto i fondi aperti ad altre imprese assicurative dello stesso gruppo.

LA RACCOLTA NETTA DEI FPA AL 30/09/2016
Fonte: Mefop Previ|DATA. Il dato della raccolta si riferisce a 40 fondi aperti su un totale di 44.

  Mln. € %
Contributi 1,067.9 39.1%
Lavoratori dipendenti 742.7 27.2%
Di cui a carico del lavoratore 270.6 9.9%
Di cui a carico del datore di lavoro 104.0 3.8%
Di cui da quote TFR 368.1 13.5%
Altri aderenti 325.2 11.9%
Trasferimenti in entrata 1,661.4 60.9%
Da altri comparti 373.1 13.7%
Da altri fondi pensione 1,288.3 47.2%
Totale raccolta lorda 2,729.3 100.0%
     
Anticipazioni 167.8 15.5%
Prestazioni pensionistiche in capitale 110.9 10.2%
Prestazioni in rendita 10.7 1.0%
Riscatti 95.9 8.9%
Premi per prestazioni accessorie  0.2 0.0%
Trasferimenti in uscita 697.9 64.4%
Ad altri comparti 373.1 34.4%
Ad altri fondi pensione 324.8 30.0%
Totale erogazioni e riscatti 1,083.3 100.0%

 

A fine 2016 l’attivo netto destinato alle prestazioni, pari a 17.1 miliardi, evidenzia una crescita del 10% rispetto al dato del 2015. A settembre del 2016 il dato della raccolta netta, ovvero l’incremento netto delle risorse dei FPA nei primi tre trimestri dell’anno, è pari al 1,6 miliardi. Tale valore è dovuto ai contributi (1.1 miliardi) a fronte di prestazioni per 386 milioni, e trasferimenti netti positivi per 964 milioni.

I FPA presentano un livello di costi intermedio rispetto ai fondi pensione chiusi (FPC) e Piani individuali di previdenza (PIP). 

L’ISC  a dieci anni dei FPA è più alto rispetto a quello dei FP ad adesione collettiva. Tale confronto, tuttavia, appare spurio dato che si tratta di forme che hanno natura e modelli operativi diversi.

Più calzante appare il confronto tra FPA e PIP dato che entrambi operano su base individuale e sono istituiti e distribuiti in maniera analoga. L’offerta dei FPA è più vantaggiosa dato che l’ISC medio a dieci anni presenta valori inferiori del 38% rispetto ai PIP. 

Nel 2016 la gestione finanziaria dei FPA ha ottenuto risultati positivi (2,2%), seppure leggermente al di sotto di quanto fatto registrare sia dai fondi pensione chiusi (FPC) (+2,7%) sia dai PIP costituiti tramite Unit Linked (+3,6%). L’analisi di lungo periodo, più coerente con l’obiettivo di un fondo pensione, mostra risultati più brillanti. Tra il 2008 e il 2016 i FPA hanno ottenuto una performance media annua composta del 2,95%, superiore a quella fatta registrare dai PIP (2,17%) . Di contro i FPC hanno segnato un rendimento medio annuo composto ancora più elevato pari a 3,41% (i rendimenti sono al netto dei costi e dell’imposta sostitutiva sui rendimenti). 

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A fine 2015 l’asset allocation dei FPA evidenzia una maggiore propensione all’investimento in OICR (25%, +12 punti percentuali rispetto alla media dei FP) e in titoli di capitale (20%, +3 punti percentuali rispetto alla media dei FP). Di contro si registra un minore investimento nel debito governativo, che rappresenta comunque la principale attività in cui sono allocate anche le risorse dei FPA (44%, -5 punti percentuali rispetto alla media dei FP). 

 A settembre 2016 Intesa Sanpaolo costituiva il principale operatore di mercato, sia per quanto riguarda gli aderenti (28%) sia per quanto riguarda le risorse gestite (22%), seguita da Arca SGR, Allianz, Generali e Unipolsai. Il mercato dei FPA appare mediamente concentrato, poiché a settembre 2016 i primi cinque operatori rappresentano il 58% degli iscritti e 61% dell’Andp.