Con i Paesi occidentali ancora alle prese con i duri effetti della Grande Depressione, l’economista americano Alvin Hansen arrivò a sostenere che l’economia stava facendo i conti con uno squilibrio ormai cronico causato da una mancanza di capitali da destinare agli investimenti e da una alta propensione al risparmio. Prospettive demografiche deboli e insufficienti opportunità di investimento minacciarono di spingere l’economia in una spirale permanente di crescita relativamente lenta, in combinazione con tassi di interesse molto bassi. La seconda guerra mondiale ha poi ribaltato completamente questa prospettiva. L’economia di guerra messa in moto dal governo degli Stati Uniti ha assorbito l'eccesso di risparmio privato, e il tasso di disoccupazione è sceso dall’11% nel 1940 all'1% nel 1942. Inoltre, il dopoguerra è stato caratterizzato da investimenti pubblici nelle periferie, da tassi di fertilità più elevati, dall’applicazione in ambito civile della tecnologia bellica e da una forte ripresa dei consumi.
Corsi e ricorsi della stagnazione secolare

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