Debolezza e divergenza all’orizzonte: prospettive economiche

Nicola Mai. Immagine concessa (PIMCO)
Immagine concessa (PIMCO)

“Con il venir meno del sostegno della politica fiscale, il freno esercitato dalla politica monetaria restrittiva si avvertirà in modo più intenso”. Nicola Mai, portfolio manager, Sovereign Credit Analyst di PIMCO, riconosce inoltre che ci sono fattori che potrebbero attenuare gli effetti della politica monetaria. “Il settore privato detiene notevole liquidità che viene remunerata a tassi di interesse alti. Inoltre, questo è il primo ciclo restrittivo rilevante in cui le banche centrali corrispondono interessi sulle riserve. Inoltre, famiglie e imprese hanno allungato le scadenze dei loro debiti, il che si traduce in una trasmissione più graduale dell’aumento dei tassi mentre i consistenti acquisti di titoli del reddito fisso da parte delle banche centrali implicano che i governi stanno assorbendo una quota consistente delle perdite derivanti dal calo dei prezzi obbligazionari degli ultimi tempi. Tuttavia, crediamo che la prospettiva sia di debolezza economica in un orizzonte ciclico di 6-12 mesi. Ci aspettiamo inoltre che la disoccupazione aumenti il prossimo anno, portando alla normalizzazione dei tassi ufficiali verso livelli neutrali”

Il picco è alle spalle per la crescita e l’inflazione

"L’economia globale, e in primis quella americana, ha dimostrato rimarchevole resilienza nonostante uno dei cicli di rialzi dei tassi più rapidi della storia moderna, il che solleva interrogativi in merito all’efficacia della politica monetaria. Abbiamo dibattuto se la resilienza sia ascrivibile a un ritardo maggiore degli effetti della politica monetaria in ragione della pandemia e della relativa risposta da parte delle autorità o se serva una maggiore stretta, magari perché il tasso reale neutrale di lungo termine è salito. A nostro avviso, è ascrivibile soprattutto agli effetti ritardati. Crediamo che la crescita abbia raggiunto il picco e ci aspettiamo che la resilienza si trasformi in debolezza con il rallentamento della crescita più avanti quest’anno e nel 2024.

Crediamo che il picco sia stato raggiunto anche per l’inflazione. Nella maggior parte delle economie dei mercati sviluppati, sia l’inflazione complessiva che quella di fondo sono scese rispetto ai massimi, ancorché a ritmi differenti. L’inflazione salariale persistente probabilmente sosterrà un po’ più a lungo l’inflazione di fondo salvo il caso di indebolimento del mercato del lavoro".

Un atterraggio morbido sarebbe un’anomalia

"È opportuno evidenziare - continua Mai - la rarità storica di banche centrali che riescono a ottenere un atterraggio morbido, ovvero evitare una recessione, quando l’inflazione è elevata all’inizio del ciclo. Va evidenziato che in passato esiti economici migliori a fronte di cicli di rialzo sono stati spesso associati all’espansione dell’offerta. La normalizzazione sul lato dell’offerta dopo la pandemia potrebbe essere di aiuto in questo caso, al pari di un eventuale boom di produttività alimentato dall’intelligenza artificiale. Tuttavia, resta ancora da vedere quanto questi fattori contribuiranno ad accrescere la produttività nel nostro orizzonte ciclico.

La solidità di partenza dei bilanci di famiglie e imprese nonché la proattività nelle politiche di stabilità finanziaria potrebbero essere un’altra fonte di aiuto. Queste politiche sinora sono state efficaci nel contrastare una recessione. Tuttavia, la storia suggerisce che condizioni finanziarie restrittive determinano un alto rischio di incidenti sui mercati finanziari, e vi sono aree di vulnerabilità sui mercati, tra cui nel credito privato, nell’immobiliare commerciale e nei prestiti bancari".

Il rischio di recessione appare più elevato di quanto scontino i mercati

Lo scenario di base illustrato nell'ultimo Cyclical Outlook di PIMCO prevede crescita in flessione e inflazione in calo. "I mercati, e gli attivi rischiosi in particolare, paiono scontare uno scenario di “disinflazione immacolata”, in cui la crescita resta solida e l’inflazione di fondo converge verso l’obiettivo delle banche centrali piuttosto velocemente. Riteniamo che quello che scontano i mercati nei prezzi possa essere il riflesso dell’essersi adagiati. Nelle economie dei mercati sviluppati nei prossimi trimestri prevediamo una flessione della crescita di grado diverso a seconda dei paesi, con il peggiore andamento in quelli più sensibili ai tassi di interesse. Anche l’Europa e il Regno Unito appaiono vulnerabili per i legami commerciali con la Cina e per gli effetti dello shock energetico sulle ragioni di scambio e sugli investimenti. Anche negli Stati Uniti la crescita pare destinata a rallentare, in bilico tra una stagnazione e una recessione mite. Prevediamo un aumento della disoccupazione maggiore sia delle stime di consenso che delle proiezioni delle banche centrali, in particolare di circa un punto percentuale negli Stati Uniti e di poco meno in Europa".

I percorsi di politica monetaria sono destinati a divergere

"L’entità del rallentamento economico resta incerta e sarà diversa nelle varie economie.  Alla luce della discesa relativamente graduale dell’inflazione è improbabile che le banche centrali giungano rapidamente in soccorso per rianimare la crescita. Le principali banche centrali, tra cui la Fed, la BCE e la BoE, sono alla fine dei loro cicli di rialzi o ci sono vicine, a nostro avviso, ma verosimilmente procederanno con cautela rispetto a tagli dei tassi, dato il loro mandato di controllo dell’inflazione.

Ravvisiamo ampio spazio di divergenza nella politica monetaria dei diversi paesi. Economie più sensibili ai tassi come Australia, Nuova Zelanda e Canada, che in generale presentano debito più alto delle famiglie e una quota maggiore di mutui a tassi variabili, potrebbero essere più colpite. In queste economie ravvisiamo potenziale per una più rapida normalizzazione dei tassi rispetto a quanto prezzato dai mercati.

In Asia, prevediamo che la Banca centrale cinese continui a ridurre il tasso di riferimento, ancorché solo in misura modesta mentre la Bank of Japan in controtendenza dovrebbe alzare i tassi ufficiali l’anno prossimo a fronte di un trend di inflazione più elevata rispetto al passato.

Nei mercati emergenti, prevediamo spazio per una netta differenziazione, con il gruppo più ortodosso di banche centrali come quelle del Brasile e del Messico, che hanno avviato presto il ciclo di rialzi (in molti casi prima della Fed) capaci di allentare abbastanza celermente, mentre diversi altri istituti centrali come quelli di Polonia e Turchia sono alle prese con maggiori difficoltà".