Dopo l'estate, fate un "tagliando" al portafoglio

Carlo-Benetti
Immagine ceduta

Analisi a cura di Carlo Benetti, head of market research and business innovation di GAM (Italia) SGR.

Un turista arrivato per la prima volta a New York venne accompagnato a visitare le meraviglie del distretto finanziario, nella parte sud dell’isola di Manhattan. A Battery Park, sul mare, gli vennero mostrate le eleganti imbarcazioni all’ancora: “questi sono gli yacht dei banchieri e questi gli yacht dei broker”. “E dove sono gli yacht dei clienti?” chiese candidamente il visitatore. È il divertente scambio di battute con cui inizia il libro Dove sono gli yacht dei clienti?, di Fred Schwed Jr., arguto operatore di borsa e testimone dell’ euforia degli anni Venti e del disastro del decennio successivo.

Oggi, come nella Wall Street degli anni ’40 raccontata da Schwed, non sono molti gli yacht dei clienti ormeggiati a fianco di quelli dei banchieri e dei broker, non si diventa ricchi operando in borsa, non bastano buoni consigli per diventare milionari. Ciò nonostante Schwed dispensa qualche saggio parere agli investitori non per arricchirli ma per aiutarli a stare alla larga dalla speculazione che, come scrive lui stesso, “è il tentativo di trasformare una piccola somma in una fortuna, mentre l’’investimento è il tentativo di impedire a una fortuna di diventare una piccola somma”. La crema solare è un efficace accorgimento per evitare i guai dell’esposizione ai raggi solari, parimenti, al rientro delle vacanze è forse utile ricordare qualche utile accorgimento per limitare i danni dell’esposizione ai mercati finanziari.

Peter Lynch ha costruito il suo successo e la sua leggendaria reputazione di gestore dandosi un metodo e rimanendovi fedele. Nei suoi libri Lynch racconta la sua esperienza di gestore e la sua filosofia che può riassumersi, in sintesi estrema, in tre principi:

1. Acquista ciò che conosci. Secondo Lynch gli occhi sono uno straordinario strumento di indagine finanziaria, guardiamo la televisione, leggiamo i giornali, prestiamo attenzione a ciò che ci circonda, possiamo riconoscere idee di investimento in ciò che abbiamo, appunto, davanti agli occhi. “Se qualcosa ti interessa come consumatore, dovresti pensare anche alla possibilità che ti interessi come investitore”. Investire in ciò che si conosce è un principio che negli anni ’90 Warren Buffett osservò con caparbia fermezza, rifiutando di investire nei titoli della tecnologia e di internet. Fu una scelta difficile, gli costò anni di severe sottoperformance e forti critiche da parte degli azionisti, ma che nel lungo termine si rivelò corretta. Prova ulteriore che consigli adatti al breve termine raramente sono buoni nel lungo periodo, l’unico orizzonte temporale dell’investitore sagace.

2. Studia, dedica tempo e energie all’esame scrupoloso delle società in cui pensi di investire. “All’osservazione deve seguire il paziente lavoro di valutazione dei bilanci, della situazione patrimoniale, della qualità del management, del settore in cui la società opera e le sue prospettive, la qualità della competizione”; il rischio è di confondere la semplicità di Lynch con il semplicismo. Il rigore delle sue analisi è stato uno degli elementi del suo successo. 

3. Investi solo con un orizzonte di lungo periodo. “Se si tratta di decidere la direzione di un prezzo, se un titolo sarà più alto o più basso nel giro di due o tre anni, tanto vale lasciar decidere al lancio di una moneta”. Due o tre anni sono tutt’altro che un orizzonte temporale congruo per l’investitore azionario, eppure il lungo termine è il principio che accomuna i grandi investitori. Il solito Buffett è solito dire che “acquisto come se la borsa chiudesse domani e non riaprisse per i prossimi cinque anni”, una frase che fa il paio con l’altra “la ragione più stupida del mondo per acquistare un’azione è il fatto che la sua quotazione stia salendo”. Nell’investimento azionario non c’è spazio per le previsioni ma solo per l’analisi rigorosa delle condizioni di salute dei settori e delle società.

Per Lynch l’orizzonte temporale è cruciale: più è lungo, più tende ad annullare gli effetti del momento dell’acquisto o, come si dice in gergo, del “timing”, un aspetto sul quale si concentrano eccessive attenzioni. Lynch ha simulato due diverse strategie di investimento in un intervallo di trent’anni, dal 1965 al 1995: la prima strategia acquistava l’indice sui massimi dell’anno, l’altra sui minimi. Nell’arco dei trent’anni, la differenza tra un immaginario investitore molto fortunato nell’acquistare nei momenti più favorevoli, e l’altro sfortunatissimo entrato sempre sui massimi dell’anno, era di poco più dell’1% annuo. La conclusione di Lynch era che l’esercizio di prevedere le oscillazioni di breve termine è tanto più inutile quanto più lungo è l’orizzonte di investimento e rigorosa l’analisi sulle singole società. Qualche decennio prima, il nostro Fred Schwed scriveva qualcosa di simile: “i clienti hanno la spiacevole abitudine di chiedere cosa accadrà nel futuro dei loro investimenti. E quando qualcuno è costretto a rispondere a una domanda difficile, beh, puoi stare sicuro che avrai una risposta dettagliata. Solo molto raramente avrai la risposta più difficile di tutte: ‘non lo so’”.

I consigli di Peter Lynch sono semplici ma non facili, comprensibili ma non banali. “Non ho mai detto che se entri in uno Starbucks e trovi buono il caffè” ha ribadito lui stesso tempo fa “solo per questo tu debba chiamare il tuo broker e comprare il titolo”. All’osservazione deve seguire la fase dell’analisi rigorosa, nell’attività di investimento non ci sono né scorciatoie né pasti gratis. La performance stellare di Peter Lynch alla guida del fondo Magellan (13,4% annualizzato) è stata resa possibile certamente dalla fedeltà a un metodo (e la diversificazione ne era il pilastro principale), ma anche dalle sue abilità fuori dal comune. Lynch non si rivolge a tutti gli investitori, le sue argomentazioni tecniche sono adatte a professionisti e risparmiatori molto esperti. Inoltre dagli anni ’80 è diventato sempre più difficile riconoscere quelli che Lynch definiva “tenbagger”, ovvero titoli che potrebbero crescere oltre dieci volte il prezzo di acquisto. Le società quotate a Wall Street toccarono il picco massimo nel 1997, oltre settemila, oggi sono meno di 3.600. È rimpicciolito anche l’universo delle società a piccola e media capitalizzazione, dove è più probabile si nascondano future promesse di successo. Sono appena 1.200 le società piccole e meno di 1.900 quelle minuscole (micro-cap). Vent’anni fa i due gruppi sommavano circa 6.500 titoli. Vent’anni fa erano oltre 4.000 le piccole società non comprese nell’indice Russell 2000, che misura la performance delle società di Wall Street a media e piccola capitalizzazione (classificate tra le posizioni 1.001 e 3.000 in ordine di capitalizzazione di mercato). Un numero sufficiente per costruire portafogli “contro” l’indice nel tentativo di superarlo, ma oggi sono meno di mille.

Se alla riduzione delle società aggiungiamo i livelli raggiunti dalle valutazioni, si capisce la scelta radicale fatta lo scorso anno da un gestore specializzato in azioni a piccola capitalizzazione, che ha liquidato il fondo e restituito il denaro agli investitori: la ricerca di spunti di investimento buoni e originali era diventata sempre più ardua. Lo scriveva anche il nostro Schwed negli anni ‘40: “gli investimenti considerati “migliori” cambiano di volta in volta, peccato che si tenda a credere che ciò che viene ritenuto ‘migliore’ il più delle volte sia solo il più popolare, di cui si parla di più, che si acquista di più e che, quindi, è anche più caro”.

Rispetto ai tempi di Schwed e di Lynch noi facciamo i conti con un continuo flusso di informazioni, con l’accesso al portafoglio in qualsiasi momento, con movimenti bruschi dei mercati dovuti a high-frequency trading e strategie passive. I mercati si sono trasformati, gli strumenti di investimento sono aumentati in tipologia e complessità, le correlazioni tra mercati globali aumentate e così è sempre più difficile trovare dei porti sicuri nei momenti di tensione. Non inganni la semplicità dei consigli di Lynch, preziosi per l’attività dell’esperto, di dubbia efficacia per il risparmiatore ordinario. Non esistono strategie migliori di altre, buone per qualsiasi mercato, Lynch era un gestore “value” che entrava volentieri in titoli “growth”, le strategie si adattano alle condizioni del mercato e, soprattutto, dipendono dalle intuizioni del gestore. Al rientro dalle vacanze, facciamo tesoro delle raccomandazioni alla diversificazione e all’orizzonte temporale facendo un “tagliando” del portafoglio con il consulente di fiducia. Un esperto di investimenti, cioè di quella attività che, per Fred Schwed Jr, “impedisce a una fortuna di trasformarsi in una piccola somma”.