Educazione finanziaria? Continuiamo a crederci e qualcosa cambierà

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Luca Valaguzza, co-founder e Chief Product Officer, Euclidea

Commento a cura di Luca Valaguzza, co-fondatore e Chief Product Officer di Euclidea.

Ottobre è il mese dell’educazione finanziaria, un tema a noi di Euclidea molto caro che ci vede impegnati in prima linea per far sì che ogni risparmiatore diventi più consapevole degli strumenti in cui investe, fondi oETFche siano, e soprattutto delle commissioni che paga e dei suoi diritti.

In Italia qualcosa si sta muovendo e questo mese ne è la prova. Ovviamente non basta; bisogna fare di più partendo proprio dalle scuole e rendendo obbligatoria nei piani di studio l’educazione finanziaria. Il risparmio è una parte essenziale della vita di tutti noi e non si capisce perché i ragazzi non debbano conoscere le basi di come risparmiare e di come investire, a prescindere da quali studi faranno all’università.

Quello che più colpisce è la scarsa conoscenza dei costi che ognuno di noi sopporta quando investe. La Consob ha evidenziato che l’85% circa degli italiani pensa che investire il denaro sia gratis o non è a conoscenza di quanto paga alla banca o al proprioconsulente finanziario: in pratica è come andare in pizzeria e pensare che la cena sia gratis o non guardare i prezzi quando si ordina. Una percentuale altissima che coinvolge 4 italiani su 5.

La mancanza di cultura finanziaria può causare anche gravi danni ai portafogli. La troppa informazione o disinformazione, legata al panico, spesso induce i risparmiatori a compiere scelte affrettate che di fatto si trasformano in perdite.

Se prendiamo in considerazione i quattro aspetti fondamentali dell’investimento: obiettivo, rischio, orizzonte temporale e costo, l’obiettivorimane l’elemento più importante. Una volta identificato il proprio obiettivo di investimento non ci sono ragioni per modificarlo a meno che non accada nella vita qualcosa di veramente significativo, dal punto di vista economico. Qualche esempio? Una promozione, un’eredità o un premio aziendale così come al contrario la perdita del lavoro possono modificare l’obiettivo dell’investimento o generare un cambio nel profilo di rischio; da prudente a più aggressivo e viceversa.

Altrimenti mai e poi mai si deve incorrere nell’errore di cambiare il proprio obiettivo e di conseguenza il portafoglio in risposta a movimenti di mercato, a maggior ragione se di breve termine. Questo comporta quasi sempre il rischio di farsi del male, investendo in strumenti errati che non contribuiranno a generare profitti. Seguire i mercati è il lavoro di chi gestisce i portafogli.

Il mese dell’educazione finanziaria? Continuiamo a crederci e qualcosa cambierà.