ETF sull’S&P 500: replica fisica e sintetica a confronto

Simone Rosti, Country Head Italy, Vanguard
Simone Rosti, country head Italy, Vanguard

Contributo a cura di Simone Rosti, responsabile di Vanguard per l’Italia. Contenuto sponsorizzato.

A causa dell’emergenza coronavirus, i mercati finanziari globali sono stati caratterizzati da una forte volatilità e da un’incertezza decisamente elevata. Gli investitori che hanno diversificato sui mercati azionari a livello globale sicuramente hanno assunto posizioni sulle azioni statunitensi, puntando principalmente sui titoli inclusi dell’S&P 500.

Sul mercato europeo sono disponibili 15 ETF che replicano l’S&P 500 e che consentono di accedere al mercato azionario statunitense. Non tutti questi ETF, tuttavia, hanno le medesime caratteristiche. Occorre fare attenzione al metodo utilizzato per la replica dell’indice, distinguendo tra ETF a replica fisica e a replica sintetica.

Gli ETF fisici detengono tutti i titoli sottostanti che costituiscono l’indice S&P, secondo le rispettive ponderazioni di capitalizzazione, o un campione rappresentativo degli stessi. Gli ETF sintetici, invece, utilizzano contratti swap per replicare l’S&P 500, senza detenere alcuno dei titoli che lo costituiscono. I due metodi hanno diverse implicazioni sul livello di trasparenza, sulle performance e sui rischi associati, soprattutto nell’attuale contesto di mercato. 

Anche se le performance degli ETF sintetici possono risultare in alcuni orizzonti temporali superiori rispetto agli indici di riferimento e agli ETF fisici, esse non sono costanti nel tempo. Gli ETF sintetici sull’S&P 500 consentono infatti un vantaggio fiscale rispetto agli analoghi ETF fisici, essendo strumenti esenti dalla ritenuta fiscale prevista dalle normative dell’International Revenue Service (IRS). Come tali, essi contabilizzano il 100% dei dividendi pagati sulle quote dei titoli dell’S&P 500. Gli ETF fisici sull’S&P 500 domiciliati in Irlanda, invece, sugli stessi dividendi pagano una ritenuta fiscale del 15%, la metà rispetto a quella applicata sul rendimento lordo dello stesso indice. Lo scorso anno, per esempio, un campione rappresentativo di ETF sintetici sull’S&P 500 ha registrato una sovraperformance di 61-68pb rispetto all’indice, mentre la sovraperformance degli ETF fisici si è attastata tra i 30 e i 34pb. Ciò spiega i maggiori flussi netti che hanno interessato gli ETF sintetici sull’S&P 500. Ingenti flussi di liquidità possono però innescare un adeguamento del meccanismo di ricalcolo degli swap sottostanti, con conseguenze negative sulla performance stessa. È comunque difficile misurare questo impatto poiché gli elementi che fanno scattare il ricalcolo degli swap non sono normalmente dichiarati a chi investe in ETF.

Occorre poi tenere presente l’effetto valuta. Gli swap impongono agli ETF provider di pagare un tasso di finanziamento overnight in dollari per poter beneficiare della performance dell’indice S&P 500. Quando c’è carenza di dollari sul mercato (come, nello specifico, a marzo di quest’anno), la controparte dello swap che “presta” dollari Usa addebita un premio all’ETF provider, che può essere a sua volta riaddebitato all’ETF, con conseguente erosione della performance. Ma anche in questo caso non è esattamente trasparente in quale misura. Poiché i contratti swap tra l’emittente dell’ETF e il fornitore dello swap in genere non sono pubblici, è difficile stabilire quali costi dello swap siano effettivamente addebitati all’ETF.

Nel primo trimestre del 2020, la differenza tra la sovraperformance degli ETF sintetici e quella degli ETF fisici rispetto allo S&P 500 si è ridotta significativamente1. E questa contrazione è risultata più pronunciata a marzo, quando la performance degli ETF sintetici e fisici sull’S&P è stata praticamente uguale. I flussi hanno rispecchiato questo cambiamento, perché gli investitori durante il primo trimestre hanno abbandonato gli ETF sintetici.

Gli investimenti in ETF S&P 500 sintetici si sono invertiti

Afflussi netti di liquidità negli ETF sull’S&P 500 (milioni di dollari Usa)

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Fonte: Morningstar, al 31 marzo 2020.

Che cosa è successo? Probabilmente la scarsità di dollari sul mercato ha reso negativa la differenza di valute di cui abbiamo parlato, con conseguenti maggiori costi per gli emittenti di ETF sintetici.

Sapere che cosa si compra

Chi investe in ETF dovrebbe essere sicuro di aver capito le dinamiche di un prodotto, poiché vi sono importanti implicazioni per quanto riguarda la composizione del sottostante, il rischio e la complessità. La due diligence degli ETF sintetici può essere complessa e la loro mancanza di trasparenza può rendere difficile l’attribuzione della performance. Gli investitori devono essere sicuri di investire in strumenti in linea con il proprio profilo di rischio e, in ultima analisi, valutare l’opportuno equilibrio tra protezione e rendimento.

 


1) Fonte: Bloomberg. A fini puramente illustrativi. Dati al 31 marzo 2020. L’universo consiste di ETF S&P 500 di Vanguard, iShares, Xtrackers, Lyxor, Invesco e Amundi.

La performance passata non è un indicatore affidabile di risultati futuri. I dati della performance non tengono conto delle commissioni e dei costi sostenuti per l’emissione e il rimborso delle azioni.