Giappone: che sia la volta buona?

Giovanni_Buffa
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Vista la stellare performance del mercato giapponese negli ultimi 36 mesi molti si domandano cosa sia effettivamente cambiato nel paese del Sol Levante. Tralasciando per il momento l’argomento sulla reale efficacia dell’Abenomics bisogna riconoscere che il deprezzamento dello yen ha effettivamente rilanciato la profittabilità di molte aziende nipponiche, in special modo di quelle esportatrici, incrementando la crescita degli utili, il Roe e di conseguenza i multipli di mercato. A differenza di altri mercati internazionali, nel caso del paese nipponico la crescita degli Eps è andata di pari passo con la crescita di borsa con un’espansione di multipli meno accentuata che altrove. Tuttavia fermare l’analisi a questo livello sarebbe riduttivo ed ometterebbe quello che potrebbe essere il più grande cambiamento nel mondo corporate negli ultimi decenni: la revisione e il potenziamento della corporate governance.

Una caratteristica comune delle aziende giapponesi nel passato è stata quella di essere gestite in modo poco trasparente, lasciando i bisogni degli azionisti, in particolar modo quelli di minoranza, in secondo piano. L’efficienza, la redditività aziendale e l’impiego delle risorse in modo produttivo erano infatti considerati obiettivi secondari. Come spiegare d’altronde il bassissimo livello di redditività, la struttura di capitale totalmente inefficiente e l’ostilità al cambiamento del management di molte società quotate? Secondo alcuni studi il livello di corporate governance delle aziende nipponiche è il più basso tra i paesi sviluppati. La rassegnazione degli investitori è tale che spesso ci si domanda il motivo per cui certe aziende si siano quotate.

Il vento tuttavia, e questa è la grande notizia, sta cambiando. Una delle grandi riforme del premier Abe riguarda infatti il miglioramento della corporate governance. A giugno del 2015 entrerà in vigore un nuovo codice che, sebbene non obbligatorio (almeno apparentemente) spingerà, a nostro avviso, le aziende quotate al cambiamento. La ragione è che chi verrà dichiarato non conforme e senza adeguate giustificazioni sarà costretto a delistarsi dalla borsa, circostanza che in Giappone è considerata come una umiliazione pubblica.

I punti chiave del nuovo codice (che si compone di 5 principi generali, 30 principi e 38 principi supplementari) sono: 1) Migliorare il proprio processo decisionale con l’apertura del consiglio di amministrazione ad un maggior numero di componenti esterni indipendenti; 2) Potenziare la comunicazione, il coinvolgimento, la trasparenza e il dialogo con tutti gli azionisti; 3) Rendere le clausole anti acquisizione più difficili; 4) Regolare le cross-holding e rendere le operazioni di M&A più semplici; 5) Responsabilizzare i dirigenti e i consiglieri di amministrazione con procedure di controllo ad-hoc e con l’introduzione di obiettivi di redditività e di efficienza nell’utilizzo del capitale.

Migliorare il modo con cui le decisioni aziendali vengono prese è un passo fondamentale per aumentare la produttività del paese. L’obiettivo del governo è quello di aumentare il Roe del Nikkei 225 al 8% e solo la metà delle aziende ad oggi rispetta questo target. I primi cambiamenti sono già avvenuti. Fanuc, un colosso giapponese della robotica, tradizionalmente noto per la chiusura nei confronti dei propri azionisti e il basso livello di disclosure , il 13 marzo è balzata del 13% dopo aver espresso l’intenzione di aumentare la remunerazione degli azionisti. Non è un caso che questo sia avvenuto dopo che un grosso fondo hedge americano ha pubblicamente dichiarato di essere entrato nel capitale sociale della società.

In sintesi, le premesse per un cambiamento epocale ci sono tutte e il fatto che il codice stesso faccia parte integrante del progetto di rilancio della crescita del paese indica come, questa volta, il governo giapponese abbia preso la questione molto seriamente.