Il futuro è nelle mani della Fed

Salman Ahmed, notizia
Salman Ahmed, immagine concessa (Fidelity International)

CONTRIBUTO a cura di Salman Ahmed, global head of macro and strategic asset allocation di Fidelity International. Contenuto sponsorizzato.

Il 2023 si avvicina e l’economia globale continua ad affrontare una serie di difficoltà. Considerando l’inflazione sempre elevata, l’inasprimento aggressivo della politica globale, le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina e la crisi energetica, il nostro scenario di base rimane orientato a un hard landing. Nell’ultimo trimestre 2022, i nostri sistemi proprietari di monitoraggio dell’attività hanno indicato un rallentamento continuo, con una recessione probabile negli USA e quasi certa in Europa e nel Regno Unito.

Negli USA, la Fed sembra decisa ad alzare in misura significativa i tassi oltre i livelli neutrali, per portare l’inflazione sotto controllo. A nostro avviso, non ci sarà un cambio di rotta fino a quando i dati oggettivi evidenzieranno un reale deterioramento, soprattutto sul fronte dell’inflazione e del mercato del lavoro. Il mercato residenziale statunitense sta già mostrando segni di stress, perché i tassi ipotecari più elevati e la minore accessibilità economica pongono un freno alle transazioni. Tuttavia, poiché l’inflazione e il mercato del lavoro sono ancora solidi, la Fed deve proseguire su questa strada: dopo aver sottovalutato l’anno scorso le pressioni inflazionistiche, è ora focalizzata sui dati relativi all’inflazione spot.

In questo momento, un problema di non poco conto è che la Fed è troppo focalizzata sui dati retrospettivi, soprattutto per quanto attiene al mercato del lavoro. Quando questo mostrerà segnali di debolezza, per l’economia statunitense potrebbe essere già troppo tardi. I tassi reali sono positivi già da qualche tempo e in alcuni segmenti della curva dei rendimenti spingono verso i livelli precedenti la crisi finanziaria globale (GFC). Abbiamo più volte sostenuto che il sistema finanziario non può tollerare tassi reali positivi per periodi di tempo prolungati (a causa dell’elevato indebitamento) senza che nascano problemi per la stabilità finanziaria. Poiché la liquidità e gli asset sono già sotto pressione, il sistema potrebbe iniziare a cedere. Nel caso in cui la Fed tenesse fede al suo impegno fino a quando l’inflazione si sarà di nuovo avvicinata al 2 percento, esiste il rischio che una recessione “standard” si trasformi in qualcosa di peggiore.

A fianco delle banche centrali, anche i governi saranno chiamati a svolgere un ruolo importante nel trainare le prospettive macro per il 2023. Come è risultato evidente nel 2022 dalle oscillazioni del mercato innescate dalla politica fiscale britannica e dall’incertezza politica, la combinazione di inasprimento monetario e decisioni fiscali errate può mettere a rischio la stabilità finanziaria. Il Regno Unito non è certo l’unica economia ad affrontare simultaneamente difficoltà fiscali e monetarie, e potrebbe quindi rappresentare un campanello d’allarme.

Monitoreremo i segnali per capire se la Fed e le altre principali banche centrali abbiano preso coscienza di questa possibilità e degli altri rischi e possano magari allentare la presa, in alcuni casi, finché l’impatto del precedente inasprimento si sarà fatto più chiaro. Ad ogni modo, l’inflazione potrebbe ridursi ma ci aspettiamo che il processo sarà graduale. Di fatto i trend strutturali come la decarbonizzazione, la deglobalizzazione e l’indebitamento elevato potrebbero tenere alta la pressione inflazionistica nei prossimi anni. Questo potrebbe limitare la capacità delle banche centrali di supportare la crescita tramite lo stimolo monetario, innescando un cambiamento di regime rispetto all’era disinflazionistica post-GFC quando i tassi di interesse reali (ossia rettificati per l’inflazione) venivano costantemente spinti in territorio sempre più negativo per supportare la crescita. Come indicato in precedenza, la reazione del mercato ai recenti piani di espansione fiscale del governo britannico dimostra le difficoltà che i policymaker di tutto il mondo potrebbero affrontare nel tentativo di supportare la crescita controllando al contempo l’inflazione.

L’Europa ha i suoi problemi da risolvere. Il 2023 dipenderà dall’andamento dei prezzi dell’energia, dalla natura del supporto fiscale offerto ai consumatori e dalle condizioni meteorologiche. Un inverno più mite ridurrà il rischio di razionamento del gas o di blackout dovuti alla carenza di offerta (secondo i primi dati del Centro europeo per le previsioni meteorologiche (ECMWF) e le previsioni del Met Office britannico, potrebbe essere questo il caso, il che sarebbe una buona notizia). Insieme al tragico costo umano della guerra Russia-Ucraina, la sicurezza energetica rimarrà in cima all’agenda per l’Europa e il Regno Unito, e potrebbe rappresentare un fattore trainante dei capitali in futuro.

Un’altra determinante chiave per il quadro economico 2023 sarà la Cina. Sembra che le rigide misure anti-Covid saranno ridimensionate (seppur più lentamente del previsto), il che favorirebbe la crescita economica, e ci aspettiamo che la politica monetaria e fiscale rimanga accomodante (e venga allentata ulteriormente) offrendo supporto a un’economia che ha risentito di una notevole pressione. L’incertezza sul futuro andamento del renminbi persiste: riteniamo che la PBoC sia disposta ad accettare un deprezzamento per favorire la crescita delle esportazioni, soprattutto considerando l’inflazione relativamente ridotta. Sull’onda del 20° Congresso del Partito Comunista, valuteremo con attenzione le potenziali ripercussioni della politica in settori che vanno dalla digitalizzazione alla sicurezza nazionale, dall’autosufficienza all’apertura dei mercati dei capitali, continuando a monitorare da vicino le tensioni tra USA e Cina.

Cosa significa tutto questo per gli investitori? Se da un lato le prospettive macroeconomiche per il 2023 sono abbastanza disorientanti, è importante ricordare che raramente i mercati seguono l’economia in maniera lineare e l’emergere del “valore” nelle asset class (specialmente nel reddito fisso e in alcuni segmenti dell’azionario) sarà un trend importante da valutare, insieme agli sviluppi macroeconomici.


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