Il mercato dei titoli di Stato è quel luogo, ormai digitale, dove si fissa il prezzo al quale i governi finanziano nuovi debiti o rifinanziano vecchi debiti in scadenza. La ricchezza materiale degli Stati, la fiducia dei cittadini e il potere di emanare le leggi permettono ai governi di mantenere una costante situazione debitoria verso famiglie, investitori esteri o investitori istituzionali di vario tipo. In caso di difficoltà, le banche centrali nei sistemi finanziari più evoluti svolgono il ruolo di prestatori di ultima istanza per governi che perdono il supporto degli investitori privati. In tempi normali, il prezzo a cui gli Stati si indebitano varia nel tempo, come frutto di una trattativa continua tra chi presta e chi prende a prestito.
Vediamo nel grafico1 il tasso a 10 anni che il governo degli Stati Uniti ha pagato ai propri investitori negli ultimi cinquant’anni. Si passa da tassi oltre al 10% negli anni ‘80 a tassi inferiori al 2% oggi. Il tasso riflette spesso la situazione economica del momento in cui viene concordato: a periodi di inflazione (attesa) alta corrispondono tassi maggiori e viceversa. È infatti comprensibile che un finanziatore per prestare il suo denaro a qualcuno chieda una remunerazione almeno pari all’inflazione in cambio della scelta di non spendere i suoi risparmi. Negli anni ‘70 i tassi salivano perché gli investitori vivevano in un mondo di inflazione in continua salita e temevano la stessa inflazione per numerosi anni a venire.
Il Re è nudo

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