La volatilità insegue i temi scomodi

caironi
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Ai ritracciamenti degli ultimi giorni, che hanno posto i soliti dubbi sulla solidità del trend dei mercati finanziari, gli strategit rispondono in modo articolato, anche se la principale considerazione evidenzia una mancanza di particolari segnali preoccupanti o negativi. Lo scenario generale mantiene un’impostazione costruttiva su tutte le classi di attivo, anche le più rischiose come quelle azionarie, nonostante non manchino i richiami di una volatilità piatta che potrebbe spostarsi più in alto reagendo, come nel recente caso, a temi incomodi come quello della Grecia. I flussi, intanto, hanno invaso l’area euro. Al secondo posto c’è una giustificazione di analisi tecnica ovvero di un eccesso di acquisti avvenuti tutti negli ultimi mesi (ipercomprato) con i mercati che manifestano il bisogno di prendere fiato. Infatti la performance dell’indice MSCI Europe del primo trimestre dell’anno è stata la più alta da 15 anni. Da un’osservazione relativa ai flussi di investimento nelle attività finanziarie, l’area euro è stata la regione con più entrate (record di flussi arrivati su fondi e Etf specializzati nei mercati locali euro) a cui si sono aggiunti, per la parte obbligazionaria, quelli messi in campo dal Quantitative Easing (QE) della Banca Centrale Europea (BCE).

E il mercato dei bond? Il downgrade di Standard and Poor’s sulla Grecia (il credit rating è sceso a CCC+/C da B-/B) e l’allargamento degli spread dei bond ha riportato in luce la sopravalutazione di molte obbligazioni, che per effetto del crollo dei rendimenti, erano ormai diventate terreno di caccia degli investitori indipendentemente dalla qualità del credito. Secondo gli analisti obbligazionari europei, l’orizzonte di fine settembre 2016 del programma di QE non pone preoccupazioni sui bond; il rendimento del bund tedesco ha addirittura sfondato ogni limite storico arrivando a + 0,07%. A questo riguardo rispondono sulla stessa linea i gestori dei bond asiatici ribadendo l’ottima posizione sia delle finanze governative che della capacità di mantenere il passo di crescita economica di tutti i principali paesi. Il rialzo dei tassi di interesse della Federal Reserve negli Stati Uniti, qualora avvenisse, troverebbe le banche centrali asiatiche già pronte ad ogni supporto per stabilizzare i mercati; anche sul tema valutario, secondo gli analisti, il forte apprezzamento del dollaro USA vede un impatto limitato sulle operazioni di rifinanziamento in valuta forte e correlato alle attività di interscambio commerciale. Intanto migliorano i profitti in Europa.

Nella conferenza stampa a seguito del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) di aprile, il presidente Mario Draghi si dice sicuro della efficacia del Quantitative Easing (QE) partito a marzo e convinto del raggiungimento degli obiettivi prefissati riguardo alla ripresa del tasso di inflazione vicino al 2% per la fine del programma stesso (settembre 2016). Alle domande riguardo alla scarsità di titoli da comprare e ai livelli di rendimento negativo, Draghi risponde che non vede problemi particolari e che non è stata prevista nessuna diminuzione ulteriore dell’attuale tasso sui depositi presso la BCE (meno 0,20%, limite di rendimento sotto il quale non possono essere acquistate obbligazioni). Le parole del governatore non hanno nulla di nuovo e risuonano come un conferma per gli operatori che vedono nei mercati dell’area euro un approdo sicuro dei propri investimenti, avvalorato dal QE della BCE. A guidare i rialzi dei mercati azionari sono in realtà i forti flussi di investimento indirizzati verso i fondi comuni; i risparmiatori seguono con convinzione il richiamo della banca centrale che si appresta ad acquistare 60 mld di titoli al mese, ma sono rimasti disorientati dal calo dei rendimenti e si rivolgono ai gestori per sopperire alla mancanza di ritorni nei più classici investimenti obbligazionari.

Dal punto di vista delle valutazioni, dopo le ottime performance degli indici azionari, gli analisti tornano a sottolineare che i mercati dell’area euro saranno avvantaggiati dalla ripresa dei profitti aziendali dopo quattro anni di ‘bocciature’ (maggiori upgrade rispetto a downgrade). Mentre quindi i listini statunitensi dovranno gestire un leggero calo della profittabilità causata in prevalenza dal dollaro forte, l’aumento dei salari e il possibile aumento dei tassi di interesse, l’area euro si trova in una posizione favorevole, con un euro debole, un recupero di crescita del Pil e tassi di finanziamento ai minimi storici. Quindi anche se in termini assoluti le valutazioni azionarie europee sembrano poco attraenti, queste rimangono invece interessanti in termini relativi al contesto favorevole creato dalla BCE.