Mercati nelle sabbie mobili, persiste il rischio di inflazione

Pascal Blanqué, Vincent Mortier, foto concessa (Amundi)

CONTRIBUTO a cura di Pascal Blanqué, group chief investment officer e Vincent Mortier deputy group chief investment officer di Amundi. Contenuto sponsorizzato da Amundi.

L’inflazione attesa avrà un carattere più permanente; il FMI ha dichiarato ufficialmente che stiamo entrando in una fase di rischio e le banche centrali hanno parzialmente ammesso che l’inflazione si sta dimostrando più vischiosa del previsto. Secondo noi ciò conferisce una dimensione extra all’idea che i mercati si stanno muovendo tra le sabbie mobili, alimentando la narrativa di un’inflazione permanente. Aumenta il divario tra domanda e offerta, nel mondo mancano ovunque materie prime e le riaperture a pieno regime nei principali mercati stanno spingendo la domanda. Si intensificano le strozzature dell’offerta, i prezzi dell'energia e degli alimentari stanno aumentando vertiginosamente e spingendo la dinamica dell’inflazione in un circolo vizioso. L’altro fattore che potrebbe far scattare ulteriori rincari è la componente dei salari. Gli aumenti persistenti dei prezzi indurranno verosimilmente i lavoratori a chiedere degli aumenti di stipendio. 

Visti i rischi noti relativamente alla componente I dell’equazione (inflazione), i mercati torneranno a occuparsi della componente C (crescita). Stiamo dirigendoci verso una decelerazione attorno al potenziale o al di sotto di esso, alimentando così i timori di una stagflazione? Per quanto riguarda la crescita, tutte le aree importanti da un punto di vista economico (USA, Europa, Cina) sono alle prese con alcune difficoltà. Il nostro scenario di base prevede una decelerazione controllata da qui al 2022; l’anno prossimo dovrebbero essere varate nuove misure di stimolo per affrontare le diverse problematiche ancora irrisolte e rafforzare la crescita. Nel lungo termine, la transizione energetica rappresenta la maggiore priorità che potrebbe a sua volta indurre i governi ad adottare nuovi stimoli fiscali su scala globale. La COP26 costituirà una tappa fondamentale per valutare la futura traiettoria delle azioni politiche. Le reazioni dei mercati dipenderanno dalle azioni delle banche centrali che non possono permettersi il lusso di commettere errori. Secondo noi qualsiasi loro azione sarà estremamente graduale perché non c’è molto che possano fare per affrontare le forze inflazionistiche dal lato dell’offerta.

 Questo scenario conferma il nostro posizionamento attuale:

•  I tassi reali sono la principale variabile da tenere d’occhio. In questa fase di rivalutazione della crescita prevediamo che i tassi nominali saliranno leggermente ma rimarranno comunque al di sotto di un certo limite, mentre i tassi reali scenderanno. Le azioni continueranno a essere privilegiate rispetto alle obbligazioni. A questa fase seguirà probabilmente a un certo punto del 2022 una fase di recupero, dove i tassi nominali saliranno e i tassi reali rimarranno invariati. Questa fase potrà alimentare la volatilità sia delle azioni, sia delle obbligazioni, e gli investitori dovranno cercare altre fonti di diversificazione. La terza fase vedrà invece il rialzo dei tassi reali e di quelli nominali. Questo sviluppo potrebbe essere più problematico, ma non crediamo che sia imminente. 

•  Nel complesso, manteniamo un orientamento di duration breve, ma per il momento non ci aspettiamo un grande aumento dei tassi. Il credito rimane favorito perché i fondamentali sono migliorati, ma agli attuali livelli di spread è fondamentale essere selettivi così da prepararsi per la prossima sequenza, quando aumenteranno i rischi di liquidità. I titoli di Stato locali cinesi rimangono richiesti nella caccia al rendimento e, più generalmente, sono richiesti anche i titoli di Stato dei mercati emergenti con scadenza breve.

•  Rimaniamo neutrali sulle azioni e siamo alla ricerca di possibili punti di ingresso a livelli migliori, ma siamo consapevoli dei rischi e manteniamo le coperture in previsione di un aumento della volatilità qualora la crescita dovesse rallentare ancora di più e/o le comunicazioni delle banche centrali dovessero essere deboli. Per quanto riguarda le azioni, ogni business case dovrebbe essere analizzato tenendo conto dell’aumento dell’inflazione e del rialzo dei tassi. I titoli value rimangono un buon terreno di caccia per gli investitori alla ricerca di società che possono dimostrare di possedere business model realmente a prova di inflazione. Questa stagione delle trimestrali dovrebbe essere una delle più difficili in termini di visibilità. I venti contrari sono già scontati, e quindi l’andamento degli utili non dovrebbe essere negativo. Permane tuttavia un fortissimo stato di incertezza e una parte delle pressioni sull’energia non è ancora stata scontata dai mercati, di conseguenza sarà importante valutare il loro impatto in termini di forward guidance. La parte growth del mercato è quella che rimane più vulnerabile al rialzo dei tassi.  Anche se al momento il rialzo è limitato, la prossima sequenza sarà più impegnativa e gli investitori dovranno adottare un atteggiamento molto prudente nelle aree in cui le valutazioni sono eccessive.

•  Nei mercati emergenti, che a partire da adesso possono entrare a far parte della narrativa sulle riaperture grazie al miglioramento del ciclo dell’epidemia, è sempre più importante operare una discriminazione tra i titoli. Appaiono infatti favoriti i Paesi che possono beneficiare dell’aumento dei prezzi dell'energia come Russia e Indonesia, mentre quelli più deboli sembrano essere quelli esposti al rallentamento della Cina.

Nel complesso, gli investitori si trovano a dover affrontare un contesto più incerto e rischioso, con un leggero potenziale rialzista a breve termine. I mercati sono bloccati nel mezzo. I timori di un aumento dell’inflazione spingono al rialzo i rendimenti a lungo termine, ma solo fino a un certo punto perché, quando la crescita è a rischio, le banche centrali sono restie a inasprire in modo significativo la loro politica monetaria. Si consiglia di mantenere l’esposizione alle azioni visti i bassi rendimenti delle obbligazioni, ma in questo contesto, dove le valutazioni sono già molto elevate in termini assoluti, l’eventuale aumento dell’inflazione e dei rendimenti a lungo termine dovrebbe indurre gli investitori a riesaminare ogni business case.  


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