Non ci servono rendimenti negativi!

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È normale ed allo stesso tempo poco confortante l’abitudine dei mercati di confondere le acque e muoversi non in linea con le aspettative ed il posizionamento degli operatori del settore. Da molto tempo gli investitori sono a caccia di rendimenti obbligazionari più alti, a causa di fasi intermittenti in cui le aspettative sulla crescita sono più positive, e per la semplice ragione che la maggior parte degli investitori non riusciva a credere che i rendimenti fossero così bassi. Negli ultimi anni ogni periodo di rialzo dei rendimenti è stato di breve durata e, fino a poco tempo fa, i rendimenti hanno continuato a scendere verso nuovi minimi, per cui è stato difficile per traders ed ed investitori generare ricavi scommettendo su un rialzo dei rendimenti. Ma proprio quando molti erano convinti che i rendimenti sull’intero mercato obbligazionario governativo tedesco sarebbero entrati in territorio negativo, abbiamo visto una correzione. I rendimenti dei benchmark a 10 anni in Germania sono saliti di 50 p.b. nel corso dell’ultimo mese, ed è scesa notevolmente la percentuale del mercato obbligazionario europeo che presenta rendimenti negativi. Poiché non c’è stato un preciso fattore scatenante di questo movimento, molti investitori sono stati colti impreparati, per quanto le prospettive a più lungo termine in genere prevedessero un rialzo dei rendimenti. E’ questo il mistero dei mercati: i prezzi non sempre si muovono in modo prevedibile o secondo le aspettative, e non vi è sempre una singola spiegazione razionale del perché si comportino in un determinato modo. Leggendo i commenti della scorsa settimana sembra quasi che si tenda a negare l'accaduto. Anche chi aveva previsto rendimenti in salita non sa bene come interpretare questi dati, poiché non è in grado di attribuire il motivo di questo spostamento ai fattori ipotizzati.

C’è ancora spazio per un irripidimento

A mio giudizio (e non vuol essere un tentativo di spiegare il recente andamento del mercato obbligazionario), una delle considerazioni da fare per cercare di delineare la traiettoria dei rendimenti riguarda il cambiamento delle prospettive economiche, soprattutto in Europa. All’inizio dell’anno la deflazione era la preoccupazione principale e i mercati hanno accettato la necessità del Quantitative Easing da parte della Banca Centrale Europea come misura per contrastarla in Europa. In questi mesi, i dati provenienti dall’Europa sono gradualmente migliorati. Il calo del prezzo del petrolio abbinato all’indebolimento del tasso di cambio, oltre al Quantitative Easing e a una maggiore stabilità del settore bancario, hanno contribuito a migliorare le aspettative dell’economia dell’Eurozona. Gli ultimi dati confermano questo miglioramento: il PIL nel 1° trimestre 2015 è cresciuto dello 0,4% dal precedente trimestre e dell'1,0% su base annua, e l’indice dei prezzi al consumo nell'Eurozona evidenzia un modesto rialzo rispetto all'anno precedente, dopo essere entrato in territorio negativo. Vi sono anche segnali che le banche hanno ricominciato ad erogare credito. Nessuno di questi fattori modifica le prospettive sugli interventi di politica monetaria della BCE e ci si aspetta che il QE proseguirà fin verso la fine del 2016.

Tuttavia, se i dati economici continueranno ad essere positivi e le stime continueranno ad essere riviste al rialzo, allora ci sono le ragioni per un irripidimento della curva dei rendimenti core in Europa. Lo spread tra i Bund tedeschi decennali e i Bund a 2 anni è intorno a 85 punti base, dato non particolarmente alto visti i dati storici. Nel 2010 lo stesso spread era oltre 200 p.b. Si potrebbe assistere ad un altro sell-off di Bund e di altre obbligazioni core. Affinché diventi un trend non aleatorio, le stime sui tassi di interesse dovrebbero essere riviste al rialzo. Si è già iniziato a vedere tassi forward in rialzo. Le aspettative del mercato (estrapolate dalla curva dei zero coupon bond) sui rendimenti dei Bund a 1 anno tra 5 anni è salita di 65 punti base da fine aprile. In parole semplici, il mercato ritiene che la Banca Centrale Europea riuscirà a far salire crescita e inflazione, e di conseguenza alzerà i tassi di interesse nel medio termine. 

Rispetto a un mese fa le opportunità di investimento sono migliorate

Nel breve periodo, i rendimenti più alti potrebbero attirare capitali nuovamente verso il mercato obbligazionario. Anche se gli spread del credito sono rimasti piuttosto stabili, i rendimenti complessivi sono saliti in linea con la curva dei governativi sottostanti. Quindi oggi il rendimento dell’indice del credito europeo investment grade è pari a 1,2% rispetto al minimo di qualche settimana fa di 93 p.b. Non è ancora molto attraente, ma con l’inflazione vicina allo zero in Europa e tassi di interesse stabili per un altro anno e mezzo, non è così male da un punto di vista del carry. È più interessante negli Stati Uniti con un rendimento del credito equivalente di nuovo oltre il 3,0%. Non abbiamo assistito a un’ondata di vendite scatenata dal panico nel mercato obbligazionario, né abbiamo avuto sentore di trovarci sull’orlo di un profondo deterioramento del credito. 

Nel segmento high yield i rendimenti offerti restano più interessanti negli Stati Uniti, dove il rendimento dell'indice in questo momento è del 6,5%, ma anche in Europa non possiamo certo storcere il naso di fronte al rendimento del 4,7%. Il settore privato sta andando bene su entrambe le sponde dell’Atlantico e vale la pena notare che sia il mercato del credito sia quello azionario finora hanno resistito al rialzo dei rendimenti dei titoli di stato. Forse proprio perché si partiva da livelli così bassi, che tutti riconoscevano come insostenibili, questo spostamento finora è stato accettato e accolto positivamente come il segnale che le prospettive economiche non sono poi così negative come ci porterebbero a credere i tassi di interesse negativi. Non sono mai stato particolarmente a mio agio di fronte all’ipotesi che i mercati azionari e del credito possano sostenere senza difficoltà un aumento dei tassi di interesse, se questo avvenisse a causa di un’economia in buona salute. Ma forse se si tratta semplicemente di un allontanarsi da posizioni estreme, giustificate solamente da view sulla crescita estremamente ribassiste, allora è ancora negli strumenti corporate che possiamo trovare i migliori rendimenti.

I rendimenti negativi non riflettevano la realtà economica

Comunque c'è un limite a questa tolleranza. Se il movimento dei rendimenti dei Bund dovesse continuare ai ritmi delle ultime due settimane, certamente ci saranno implicazioni negative per azioni e spread del credito. Dubito che sarà così. I rendimenti probabilmente si stabilizzeranno, almeno finché non assisteremo a un cambiamento delle aspettative del mercato provocato da un rimbalzo dei dati di crescita negli Stati Uniti o da dichiarazioni più chiare da parte della Fed sulle sue intenzioni in fatto di rialzo dei tassi. Alla fine prima o poi i rendimenti saliranno molto più in alto, con conseguenze sulle valorizzazioni relative per tutti gli strumenti più esposti al rischio. Ma il momento probabilmente non è ancora arrivato. Il rialzo dei rendimenti ha creato qualche interessante opportunità di reinvestimento in segmenti del mercato che continuiamo a privilegiare, in particolare il segmento high yield e il debito dei mercati emergenti. La volatilità dei tassi suggerisce inoltre di assumere posizione in strumenti con duration breve, dove l’esposizione al rischio di tassi di interesse è più contenuta. Nel corso dell’ultimo mese questi strumenti hanno conservato meglio il capitale rispetto a quelli con scadenze più lunghe. Lo stesso vale per obbligazioni a tasso variabile e per prodotti strutturati, opzioni interessanti per gli investitori nel reddito fisso che si aspettano nuovi rialzi dei rendimenti nel corso dell’anno. 

Hanno vinto i Tories, e adesso? 

Non sono certo che si possa individuare un qualche impatto duraturo delle elezioni nel Regno Unito sul mercato dei gilt. I rendimenti sono saliti in linea con Bund e Treasury, e le implicazioni per il mercato derivanti dalla vittoria dei conservatori, che a sorpresa hanno conquistato la maggioranza, non sono facili da definire. Da una parte il governo continuerà a concentrarsi sulla riduzione del deficit, aspetto positivo per i gilt britannici. Tuttavia, il mercato deve fare i conti con la questione del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. In base ai dati, gli elettori britannici voteranno per restare nell’Unione (dopo tutto i cittadini sembrano abbastanza propensi a respingere idee e politiche che potrebbero danneggiare la salute economica del paese nel lungo periodo), ma l'incertezza attorno ad un dibattito che si prospetta molto acceso non farà bene al Paese. Non credo parimenti che il risultato elettorale peserà molto sulla politica monetaria. Se il risultato fosse stato diverso, la sterlina e il mercato dei gilt sarebbero stati più deboli e la Banca d’Inghilterra avrebbe dovuto recuperare credibilità innalzando i tassi di interesse più rapidamente, soprattutto se gli investitori si fossero trovati di fronte ad un deficit di bilancio più ampio. Ma l’esito effettivo non ci spinge a ipotizzare cambiamenti delle prospettive di crescita nel breve termine. La decisione sui tassi di interesse dipenderà dai dati, e i dati di questa settimana indicano che il mercato del lavoro è solido e i salari ricominciano a crescere. I tassi saliranno verso la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo a seconda dei tempi di intervento della Fed.