Portafogli Multiasset, tassi zero ed exit strategies

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Gestire portafogli di investimento diversificati significa da anni aver a che fare con tassi di interesse bassi, sia sulle scadenze brevi sia sulle scadenze medio-lunghe dei titoli di stato dei paesi sviluppati. Questo contesto è frutto di una complessa strategia messa in piedi dalle banche centrali nel corso delle crisi finanziarie globali del 2008 e del 2011, che ha evitato un circolo vizioso di fallimenti bancari e sovrani ed un clima depressivo che avrebbe potuto durare decenni. Quando il debitore in difficoltà è rappresentato dai maggiori governi e dalle istituzioni finanziarie più grandi, il creditore ha meno potere contrattuale ed in alcuni casi è più che disposto ad accettare interessi bassi per lungo tempo, pur di avere un sistema economico funzionante.

Qualcosa però sta cambiando. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna stanno preparando un primo rialzo dei tassi e testando i mercati in tal senso. Eurozona e Giappone sono ancora lontani da questo momento, ma la cosiddetta exit strategy della Federal Reserve è oggetto di interesse globale. È una fase delicata della politica monetaria, quasi quanto la sua iniziale implementazione del 2008-2012. I tassi bassi, oltre a rendere sostenibili debiti pubblici e privati altrimenti ingestibili, hanno infatti avuto come conseguenza la rivalutazione dei titoli finanziari coinvolti direttamente (titoli di stato) o indirettamente (obbligazioni societarie e titoli azionari): la fine di questa epoca trova quindi gli investitori globali con portafogli risanati, ma che pagano il prezzo del risanamento nella forma di aspettative di rendimento future più basse.

Gli investitori devono quindi attrezzarsi con scelte che permettano di muoversi in questa fase transitoria che li vede, almeno sulla carta, in difficoltà. La prima considerazione può essere fatta in termini di aspettative di rendimento e di rischio utili per costruire un portafoglio diversificato. Come detto, dopo anni di quantitative easing, i rendimenti attesi sono mediamente bassi; la rischiosità dei vari mercati invece probabilmente non è cambiata di molto, come ha dimostrato l’ampia volatilità delle azioni la scorsa estate in seguito a tensioni sui mercati emergenti. In breve, il premio che i mercati pagheranno agli investitori per i rischi corsi è sceso. Con rendimenti attesi più bassi del passato e volatilità invariata, diventa essenziale un maggior focus sulla componente tattica delle scelte di portafoglio.

Veniamo da anni in cui le strategie Multiasset hanno avuto la meglio da un punto di vista commerciale. Questo trend continuerà, ma gli investitori finali dovranno imparare a distinguere tra i diversi modi in cui un prodotto Multiasset può essere costruito. La tesi secondo cui la performance di un portafoglio è fatta per la parte maggiore dalle scelte strategiche di asset allocation è stata valida nell’ultimo decennio in cui il fattore “banche centrali” è stato dominante per tutte le asset classes, ma la fine dell’epoca di tassi zero potrà ridare spazio ad altri e più diversificati drivers di mercato. Questo significa che si noterà la differenza tra strategie che fanno solo asset allocation, combinando diversi beta di mercato, e strategie multiasset che una volta fatta l’asset allocation cercano valore anche a livelli più micro, di stock picking ad esempio. Se negli ultimi anni la correlazione tra titoli azionari e settori è stata molto alta, riducendo la capacità di fare performance per chi lavora a livello micro, non è detto che questa rimanga una costante.

Assumerà un significato aggiuntivo anche l’approccio multimanager: la fine di un lungo periodo di politiche monetarie in qualche modo sperimentali è un elemento di novità per chiunque abbia lavorato sui mercati dagli anni ’80 ad oggi, con la conseguenza che approcci di investimento validi da decenni potrebbero trovarsi in difficoltà. La diversificazione per stile gestionale ha quindi un valore maggiore e ben preciso in un momento di transizione epocale sui mercati finanziari. Maggior tatticismo significherà anche una gestione più attenta della diversificazione temporale degli investimenti: semplici e tradizionali piani di accumulo potrebbero essere un buon modo per costruire portafogli su mercati a rendimenti bassi ma volatili. Costruire progressivamente portafogli diversificati in una fase in cui le asset class principali dovranno “digerire” tassi più alti può anche servire a gestire meglio l’emotività del cliente finale. In quanto a scelte specifiche di mercato, la fine di quest’epoca di tassi bassi non è priva di temi d’investimento interessanti.

Il quantitative easing ha avuto un impatto enorme sui mercati globali, ma non su tutti. Ci sono nicchie di mercato o settori sui minimi decennali, nonostante anni di tassi bassi (alcuni segmenti dei mercati emergenti, i settori legati alle materie prime…). La ricerca di valore su questi segmenti può dare soddisfazioni non indifferenti, a chi ha capacità di approfondire.I tassi zero sono associati al tema delle guerre valutarie, poichè hanno avuto come obiettivo anche l’indebolimento competitivo delle valute nei Paesi coinvolti. In questa nuova fase i tassi di cambio continueranno a mostrare volatilità, poichè ogni banca centrale implementerà la sua exit strategy in momenti e modalità diverse: la gestione valutaria resterà quindi un’area a cui attribuire budget di rischio significativo in fase di costruzione del portafoglio.

Un altro tema di mercato da monitorare è quello dell’inflazione. Dopo quantitative easing e stimoli di vario tipo, non si vedono ancora chiari segnali di inflazione nelle principali economie sviluppate. Ma tutte le istituzioni monetarie e finanziarie globali (le banche centrali, l’IMF, i principali governi) mirano ad un ritorno dell’inflazione su livelli più alti degli attuali. Come sostiene qualcuno, l’inflazione è anche un fenomeno politico, nel senso che tutti gli episodi storici di inflazione in salita o di lotta all’inflazione hanno avuto un “imprimatur” palese o tacito della politica. Il rischio inflazione è oggi prezzato come basso sui mercati finanziari, ma alla luce di queste considerazioni potrebbe trattarsi di quel tipo di posizionamento che nel peggiore dei casi (continua disinflazione) fa poco danno, in alternativa (inflazione in salita) dà un contributo positivo al portafoglio. La fine dei tassi zero è quindi una fase difficile di mercato, ma non priva di opportunità. Rendimenti attesi bassi per la parte strategica di un portafoglio sono una realtà comune a tutti i risparmiatori globali, ma di fronte a cui nessuno si trova in posizione privilegiata. La capacità di costruire portafogli Multiasset robusti e attivi su ogni dimensione (asset allocation, selezione titoli, gestione valutaria, stili di gestione e temi di mercato) rappresenterà probabilmente la caratteristica necessaria per affrontare questo contesto.