Con lo scoppio del conflitto in Ucraina la volatilità è sicuramente aumentata e la stagflazione è alle porte. Per Henk-Jan Rikkerink di Fidelity International si può però essere ottimisti sul lungo periodo. Contenuto sponsorizzato.
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CONTRIBUTO a cura di Henk-Jan Rikkerink, Global Head of Equity Research di Fidelity International. Contenuto sponsorizzato.
Il sentiment di mercato è migliorato nonostante la Federal Reserve abbia raddoppiato la velocità del tapering durante la riunione del 16 marzo, con l'MSCI World leggermente più alto di quanto fosse prima dell'inizio dell'invasione russa in Ucraina. Sono state settimane estremamente volatili. A questo punto non è chiaro quanto il rimbalzo degli asset di rischio sia stato guidato dalla copertura delle vendite allo scoperto e quanto invece dagli investitori pronti a comprare il ribasso.
Non siamo ancora convinti che le prospettive siano migliorate. Dietro la volatilità del mercato, crediamo che la difficile dinamica di stagflazione resti immutata. L'inflazione in Occidente aveva raggiunto livelli elevati anche prima della guerra, mentre la crescita economica era minacciata dalla compressione dei consumi e da condizioni finanziarie più rigide. Entrambi i fattori sono già stati esacerbati dalla guerra, e la portata di ulteriori danni economici sarà determinata da quando e in quale forma arriverà una risoluzione. I nostri modelli quantitativi puntano ancora al risk off, mentre i lockdown in Cina rappresentano un altro pericolo per le supply chains e la crescita.
La settimana scorsa non abbiamo apportato modifiche alle nostre view core. Siamo ancora cauti sugli asset rischiosi, espressi attraverso una sottoponderazione di azioni e credito. Siamo sottopesati sulle azioni europee e sull'euro, riflettendo il forte impatto della guerra nella regione. Nel credito siamo posizionati in modo difensivo, sovrappesando gli investment grade e sottopesando gli high yield.
Il recente posizionamento tattico si è concentrato sull'aumento dell'esposizione al dollaro. Riteniamo che questa posizione troverà sostegno se le prospettive economiche si deterioreranno, mentre la Fed potrà continuare a stringere sul tapering se le prospettive miglioreranno. Attualmente siamo anche alla ricerca di aree di mercato meno colpite dalle dinamiche di stagflazione. L'Europa e il Giappone sono vulnerabili agli alti prezzi delle materie prime, ma alcuni mercati emergenti, soprattutto l'India e i paesi dell'area del Pacifico, dovrebbero essere più resistenti.
Su un orizzonte temporale leggermente più lungo, troviamo motivi per essere più ottimisti. La Cina sta allentando la propria politica monetaria e fiscale e la scorsa settimana ci sono state ulteriori indicazioni che il governo si concentrerà sulla crescita quest'anno, anche se rimaniamo cauti sui potenziali rischi di coda. Tuttavia, se la crescita cinese dovesse migliorare, fornirebbe un maggiore sostegno ai mercati emergenti in generale. L'inflazione in Occidente dovrebbe raggiungere il picco, permettendo potenzialmente alle banche centrali di adottare un approccio più morbido. I mercati del lavoro sono rigidi e i bilanci dei consumatori sono ancora sani. Ma per ora, preferiamo essere sottopesati nel risk.
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