L’aumento della domanda del metallo giallo da parte delle banche centrali, unito al rallentamento della crescita, sostiene le valutazioni record.
Per accedere a questo contenuto
Per il rallentamento economico, i tassi elevati e l’inflazione in diminuzione ma persistente, il panorama economico per il 2024 si presenta all’insegna dell’incertezza. A questo clima di instabilità finanziaria non giova il deterioramento del quadro geopolitico per la prosecuzione della guerra in Ucraina e il conflitto in Medio Oriente. E a tutto ciò si aggiunge il fatto che le elezioni presidenziali di novembre potrebbero consegnare al mondo una nuova leadership negli Stati Uniti.
Non stupisce che in mezzo a questi timori, gli investitori siano alla ricerca di ancoraggi sicuri per preservare il valore dei propri portafogli. E l'oro, il bene rifugio per eccellenza, si sta confermando come una delle vie predilette per puntare a questo obiettivo. Un fenomeno che è confermato dai nuovi massimi raggiunti a fine 2023 dal metallo prezioso, arrivato ben oltre la soglia dei 2 mila dollari l'oncia. E anche in vista dei prossimi mesi, secondo diversi asset manager le prospettive per il metallo prezioso sono positive.
Verso nuovi massimi
“Il metallo giallo negli ultimi mesi ha rispolverato molto la sua natura di bene rifugio, complice anche le rinnovate tensioni geopolitiche che hanno visto lo scoppio del conflitto in Medio Oriente. La domanda da parte di Banche centrali e grandi investitori rimane solida e nel 2024 dovremmo assistere a nuovi massimi storici”, dicono da IG Italia. “I driver di questo movimento saranno legati principalmente all’allentamento di politica monetaria da parte delle principali Banche centrali, Federal Reserve in primis, e all’ipotesi di un hard landing dell’economia dopo il ciclo di rialzi dei tassi. Entrambi i fattori, peraltro strettamente dipendenti tra loro, potrebbero alimentare upside verso i 2500 dollari/oncia”, avvertono dalla società.
“Di norma, quando i tassi d’interesse salgono e i tassi reali sui titoli di Stato diventano positivi, il prezzo dell'oro tende a scendere. Ma non è quello che è accaduto negli ultimi 18 mesi. Al momento la quotazione si aggira attorno ai 2 mila dollari all'oncia, ovvero indicativamente sui massimi storici, nonostante il fatto che, negli ultimi due anni, si sia registrato un rialzo molto significativo dei tassi d’interesse reali negli Stati Uniti”, osserva James Luke, Fund Manager, Metals, Schroders.
Il punto di svolta nel 2022 con la guerra
L’esperto di Schroders individua un punto di svolta nella domanda globale di oro, che poi ha influito sull’impennata delle valutazioni, con lo scoppio del conflitto in Ucraina. “Dall'inizio del 2022, i prezzi dell'oro hanno fluttuato, diciamo, al di sotto di 1.800 dollari all'oncia, fino a superare i 2 mila dollari all'oncia. Tuttavia, sono rimasti relativamente alti rispetto all'andamento dei tassi d’interesse reali. Appare del tutto chiaro che il punto di svolta è il primo trimestre del 2022, che coincide perfettamente con l'invasione russa dell'Ucraina”, osserva James Luke. “Il più grande delta sul fronte della domanda d'oro è stata decisamente la domanda delle banche centrali, direttamente correlata all'invasione dell'Ucraina e alla risposta occidentale a tutto questo. La domanda di oro da parte delle banche centrali, al netto, era stata positiva dal 2008, ma, nel 2022 e 2023, è quasi raddoppiata rispetto alla media post 2008”, dice l’esperto. “Ma la domanda di lingotti e monete d'oro è stata decisamente consistente anche in Cina e in Medio Oriente, raggiungendo livelli record”, prosegue l’esperto di Schroders. “Guardando al 2024, se si immagina uno scenario in cui gli Stati Uniti si dirigono in modo più deciso verso il tipo di flessione che quasi tutte le stime prevedevano per il 2023, potremmo vedere un ritorno dell'interesse per l'oro negli Stati Uniti e in Europa. Tuttavia, con una permanenza dell'offerta strutturale delle banche centrali. Ritengo che, se ci manifestasse un impulso coordinato in termini di domanda di Paesi occidentali e orientali, potremmo assistere a tendenze sorprendentemente forti per i prezzi dell'oro, che potrebbero sconvolgere gli investitori”, continua Luke. “A nostro giudizio, è quindi del tutto prudente prevedere che, per il 2024, il livello di 2 mila dollari all'oncia diventerà un fattore di supporto più che un elemento di resistenza, come è stato negli ultimi tre anni”, conclude Luke.
Protezione dei portafogli
Nadège Dufossé, global head of Multi-Asset di Candriam individua nell’oro, assieme ad altre asset class come titoli di stato, lo yen e gli investimenti alternativi, uno strumento di difesa dei portafogli dai rischi di uno scenario di difficile previsione. “Se i timori di recessione riemergessero, i titoli di Stato dovrebbero avere buone performance e contribuire a coprire parzialmente la parte più rischiosa del portafoglio. La correlazione tra le due asset class, obbligazioni e azioni, diventerebbe nuovamente negativa in un contesto di inflazione normalizzata. Altri asset, come l’oro, lo yen o anche gli investimenti alternativi, potrebbero fare da cuscino al calo delle azioni”, analizza Dufossé. “Per un portafoglio diversificato, l’inflazione in salita costituirebbe, nel complesso, lo scenario più sfavorevole, presentando un rischio al ribasso sia per le obbligazioni sia per le azioni. Pertanto, sarebbe opportuno privilegiare la liquidità e l'esposizione ad alcune materie prime come l'oro o l'energia (petrolio)”, continua. “L'ultima tipologia di rischio è quella di rischio esogeno, come il rischio geopolitico e il rischio per la stabilità finanziaria. Questo tipo di shock provoca un forte aumento della volatilità che deve quindi essere valutato in termini di impatto sulle attività e conduce al primo scenario: i titoli di stato, l’oro, lo yen e gli investimenti alternativi possono proteggere parzialmente un portafoglio diversificato”, conclude.